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14 Marzo 2018

The Zen Circus «Osserviamo, impariamo e proseguiamo sulla nostra strada»


The_Zen_Circus_Tour_2018_biglietti                            I N T R O

 

Un fiume di creatività, idee ed energia in piena. Gli Zen Circus non si fermano un attimo da un anno e mezzo: dopo l’uscita (settembre 2016) del disco “La Terza Guerra Mondiale”, seguito da un tour pressoché infinito, il quartetto pisano è tornato in pista con “Il Fuoco in una Stanza”, album nuovo di zecca uscito il 2 Marzo 2018 su etichetta WoodwormUn vero e proprio “magic moment” per i “neomaggiorenni” Zen, che hanno deciso di festeggiare a modo loro, con un serrato Instore Tour nei megastore musicali in giro per lo Stivale. Domenica 11 marzo il Circo Zen ha fatto tappa alla Feltrinelli di Bari, per eseguire qualche brano in acustico, fare quattro chiacchiere con il pubblico, firmare le copie e posare con i fans. Nonostante l’assenza dell’indisposto batterista Karim Qqru, la band toscana non ha rinunciato alla breve ma intensa esibizione dal vivo, in cui i tre Zen hanno suonato quattro canzoni estratte dal nuovo disco, molto apprezzate dal pubblico: i due singoli Catene e Il Fuoco in una Stanza, La Stagione e Il Mondo Come lo VorreiA margine del firma-copie abbiamo incontrato Andrea Appino (voce, chitarra, songwriter), Massimiliano “Ufo” Schiavelli (basso) e Francesco Pellegrini (chitarra) per fare quattro chiacchiere sul nuovo disco, ma anche su passato, presente e futuro degli Zen Circus e della musica italiana. 

 

 

L'INTERVISTA

 

Riccardo Resta (Distorsioni) - Nel nuovo disco si nota un certo cambio di sound, qualcosa di diverso da quello che eravamo abituati ad ascoltare dagli Zen Circus. L’ingresso del “maestro” Francesco Pellegrini anche in studio ha inciso in questo fenomeno?

29003607_questa 1642746622479743_39994759_nUfo: In un certo senso sì, perché adesso ci sono due chitarre ben distinte, mentre nei dischi precedenti utilizzavamo incisione e sovra-incisione di chitarra, creando anche qualcosa di difficilmente replicabile in un contesto live. La nostra fortuna è avere dei brani con una scrittura molto stringata e semplificabile, quindi per molti anni siamo riusciti a eseguirli dal vivo in tre. Adesso, con l’apporto del “maestro” Pellegrini, ci sono due chitarre e quindi il suono risulta oggettivamente più strutturato. Abbiamo, inoltre, il vantaggio di avere a disposizione uno studio (in cui Andrea praticamente abita); una cosa che ti offre la possibilità di lavorare sul sound brano per brano. Così abbiamo deciso programmaticamente, per esempio, che la batteria avesse un suono diverso da una canzone all’altra. Questo anche per assecondare lo stile di ogni pezzo: una ballata come Il Fuoco in Una Stanza è oggettivamente diversa da un brano come Low Cost, quindi i suoni vanno trattati di conseguenza. È per questo che il sound si presenta così variegato, anche se il solco e lo stile delle nostre canzoni sono rimasti invariati.

Francesco Pellegrini - Un suono diverso che si è incastrato in uno stile che non è cambiato. Andrea ed io ci siamo confrontati molto, alla ricerca di sound nuovi per le chitarre. Abbiamo due stili chitarristici molto diversi, ed io imparo da molti anni da lui. C’è solo una piccola nota di colore in più, ma – ripeto – lo stile è sempre quello.

 

 

28832444questa _1642746792479726_1771781918_nNe “Il Fuoco in una Stanza” ci sono anche inserimenti orchestrali molto interessanti. Una sperimentazione o una base per il futuro?

Ufo: Non direi che si tratti esattamente di una sperimentazione, perché anche nei dischi precedenti abbiamo inserito, per esempio, micro-parti di un artista come Enrico Gabrielli. Ma penso anche a un disco vecchio come “Doctor Seduction” (2004), in cui abbiamo ospitato la bravissima Elena Diana, violoncellista di Perturbazione. Qui e lì abbiamo sempre voluto aggiungere qualcosa in più ai nostri dischi. Stavolta, ad esempio, ne Il Mondo Come lo Vorrei, un brano dal sapore vintage, un pò alla Nino Ferrè o alla Sergio Endrigo, si sentiva la necessità di inserire la voce di strumenti che di solito non utilizziamo dal vivo. Non so, però, se questo prefiguri un utilizzo futuro.

F.P.: In corso d’opera abbiamo deciso di ampliare un pò i contributi sperimentali di altri strumenti. In fondo i dischi nascono anche così.

 

Il Fuoco in una Stanza è un disco intimo che però ha l’insindacabile pregio di non essere mai autoreferenziale. Quanto c’è della biografia di Andrea Appino nel processo di scrittura e come sei riuscito a integrare il tutto con il mondo esterno che racconti con il solito sguardo pungente?

the-zen-circus-il-fuoco-in-una-stanzaAndrea Appino: In realtà questo è un aspetto che c’è già da un po’ di tempo, ed è iniziato con Figlio di Puttana, una specie di cordone ombelicale che si lega a Catene. Io credo che sviscerare i propri demoni, i propri scheletri nell’armadio serva in qualche modo a sentirsi più vicini agli altri. Molte volte pensiamo che alcune cose siano capitate solo a noi e che questo ci renda speciali, ma la realtà è che tante cose capitano a tutti. Raccontare vicende mie nelle canzoni mi è sempre venuto molto automatico, perché ho usato la musica come terapia. Che la cosa venisse come in questo disco, in maniera così voluta, forse è la prima volta; ma anche questo è successo in modo molto naturale. Sono stati due anni particolari, in cui la solitudine mi ha portato a fare determinati ragionamenti, che poi si sono estesi a tutta la band.

Ufo: Andrea ha un grande pregio: riuscire a oggettivare un tema che parte da lui, dalla sua esperienza. Poi i risultati sono questi. E lo ringrazio.

 

Voi siete sulla scena da quasi vent’anni. Come avete visto cambiare la musica italiana in questo periodo, come avete visto cambiare la vostra influenza nella musica italiana e qual è il vostro rapporto con le nuove tendenze della musica italiana?

Ufo: In questi anni l’abbiamo vista cambiare, evolvere e involvere, stagnare e ripartire. Abbiamo visto tante cose che si sono rivelate tendenze, mode che sono diventate veri e propri stili. Noi abbiamo guardato il tutto da un punto di vista privilegiato: abbiamo assistito agli anni ’90 con l’affermarsi di una certa fascia di gruppi con uno stile ben preciso, fino a vedere la parte “effettiva” dell’indie italiano (gli anni a cavallo del nuovo secolo) zenricchissima ma orgogliosamente di nicchia, che aveva quasi vergogna di aprirsi al pubblico. Poi ci sono stati altri punti di svolta: l’uscita dal primo album de Le Luci della Centrale Elettrica ha rappresentato uno snodo importante. Un progetto esordiente che veniva considerato così tanto e in quel modo era un’assoluta novità, esattamente come fece scalpore il successo di un progetto inedito e ostico come quello degli Offlaga Disco Pax. In questi anni, forse anche grazie al lavoro dei nuovi artisti italiani e per un certo aspetto anche grazie al nostro, abbiamo sdoganato un certo tipo di linguaggio, che altri sono riusciti a sviluppare in diversi modi e con maggiore efficacia. Di questo siamo contenti.

A.A.: Oggi c’è un ritorno al pop, alla canzone italiana spesso d’amore. Penso sia una cosa normalissima, anche perché i grandi del passato piano piano stanno andando via. Trovo normale anche che il rock ora sia in stand-by, ma tornerà regolarmente come tutto. Noi osserviamo, impariamo quel che c’è da imparare (penso al non vergognarsi di questo senso di peccato originale che abbiamo avuto noi, i figli degli anni ’90), ma proseguiamo dritti per la nostra strada. Guardiamo quel che accade attorno a noi con tanta curiosità: molte cose rimarranno, molte altre no. Noi non abbiamo preconcetti.

 

In una vostra canzone del 2014, Viva, a un certo punto cantate: «Cosa me ne frega delle vostre cinque stelle?». Mi piacerebbe un commento degli Zen Circus al risultato elettorale e al momento di crisi che vive la sinistra italiana ed europea. Quale può essere il ruolo della musica e dell’arte in questo contesto?

A.A./Ufo: Quella canzone, in realtà, era uno sfogo sulla mancanza di empatia, sull’impossibilità di collocarsi in un discorso corale. Il protagonista della canzone si sente fuori da un contesto collettivo, e quella presa di posizione è il suo modo di sentirsi libero.

zen-circus-nuovo-album-2018Ufo: In Viva la frustrazione del protagonista deriva dal fatto di non potersi unire a qualche tipo di collettività: se una persona sta male il collettivo non riesce a realizzarsi. Il «Cosa me ne frega» potrebbe benissimo essere riferito a qualsiasi altro partito; semplicemente la palingenesi promessa da qualche compagine politica al protagonista della canzone sembrava fallace perché in quel contesto non riusciva a rinnovare se stesso. Ad ogni modo, non credo che il compito di chi fa musica sia occuparsi di politica: pochissimi ci sono riusciti, e solo i più bravi. Noi siamo sempre stati molto critici verso chi fa un uso improprio e spropositato della politica in musica. La cosa non funziona con una semplice addizione tra musica irlandese e canti partigiani.

F.P./Ufo: La musica in sé è una scelta di vita, quindi anche una scelta politica in qualche modo. È una cosa che ti cambia la vita e ti chiede tanto. Il musicista, però, non fa il politico e dare ricette non è nel nostro stile.

zenUfo: Qualche anno fa mi contattarono per sapere se volessi andare in TV a discutere di welfare e lavoro con un sottosegretario. Un’offerta che rifiutai perché pensavo che fosse meglio che di Articolo 18 e cose simili parlasse un sindacalista e non un musicista. Tornando al risultato elettorale, guardiamo alla situazione attuale con estrema curiosità, credo condivisa dagli altri Paesi nei confronti di un vero e proprio laboratorio politico come l’Italia. È la prima volta che abbiamo uno schieramento, spalmato su tutto il Parlamento, totalmente post-ideologico, e questo è un aspetto strano su cui c’è la necessità d’interrogarsi. Che questo sia un bene o un male non si è ancora capito. Abbiamo partiti-azienda e abbiamo dei movimenti paragonabili a delle liste civiche; ed è un’assoluta novità che una “lista civica” vinca le elezioni politiche. Abbiamo visto governi di ogni sorta ed è assolutamente provato che il Paese non implode e non esplode; temo, però, che si andrà presto a votare nuovamente. La situazione è troppo fluida per potersi sedimentare. 

 

Riccardo Resta

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