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4 Dicembre 2017 ,

OCS MEMORY OF A CUT OFF HEAD

2017 - Castle Face Records
[Uscita: 17/11/2017]

Stati Uniti

 

MI0004306700Poco dopo aver cambiato il nome della band da Thee Oh Sees ad Oh Sees ed aver pubblicato “Orc”, un coacervo di garage-punk visionario, kraut-pop e heavy metal, John Dwyer aveva annunciato l’uscita di un nuovo lavoro in autunno, anticipato dalla title-track, "Memory of a Cut Off Head", a nome OCS ed eccolo qui. L’operazione nostalgia è completata dalla presenza (immancabile a dire il vero) dell’altra metà del cielo Thee Oh Sees, la cantante e tastierista Brigid Dawson, componente fondamentale nella storia della band che con la buona uscita del 2014 era riapparsa sporadicamente (è accreditata nei cori in Orc). Il ritorno alle origini è dunque il leit-motiv dell’album che intende omaggiare i primi passi nel mondo musicale degli OCS. I quattro dischi della formazione che dal 2003 al 2007 costellarono il cielo delle produzioni indie-folk: “1 (34 Reasons Why Life Goes On WIthout You)”, “2 (18 Reasons to Love Your Haters to Death)”, “Vol.3 (Songs About Death and Dying)”  e “Vol.4 (Get Stoved)” univano momenti free-noise a sperimentazioni acustiche, canzoni folk innocue e stralunate, bislacchi episodi freak, tutto nel nome del do-it-yourself con una produzione rigorosamente ed orgogliosamente lo-fi. “Memory of a Cut Off Head” ripercorre quelle atmosfere con modalità del tutto inedite: se la ragione dei quattro volumi era il sound estremamente minimale e l’assalto lo-fi, oggi le canzoni di questo quinto disco si presentano con una qualità superiore che però fa perdere fascino alle esecuzioni.

 

OCS_JohnDwyer5Il folk barocco di John e Brigid parte fumoso e inquieto (Memory of a Cut Off Head, Cannibal Planet, On and on Corridor) e certi momenti fanno pensare al Damaged Bug più barocco (The Baron Sleeps and Dreams); quando la produzione si fa sporca e interessante il paragone corre non ai vecchi OCS ma a dei Tunng notturni (Neighbor to None). Le composizioni della Dawson sono ancora più malinconiche e statiche ed oscillano tra il desolato (The Fool) e il lisergico (Time Tuner). The Chopping Block è forse la canzone migliore, una ballata bowieana in cui Dwyer stupisce per il timbro vocale; Lift a Finger By The Garden Path è una marcetta psichedelica che non avrebbe stonato su “Putrifiers II” (2012) degli Oh Sees. Con tutte queste premesse il disco si presenta come tappa interlocutoria in un percorso discografico che ha brillato di ben altre luci. Le canzoni non sono memorabili e l’atmosfera crepuscolare non è aiutata dalla produzione cristallina che ne è proprio il punto più debole. Alla deviata freschezza dei primi OCS si contrappone un modello di scrittura più matura che non fa proprio un gran lavoro. Possiamo comunque apprezzare il valore simbolico dell’operazione, celebrare il gruppo ed ascoltarci altri (migliori) album degli Oh Sees.  

 

Voto: 5/10
Ruben Gavilli

Audio

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