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28 Maggio 2015 ,

Thee Oh Sees MUTILATOR DEFEATED AT LAST

2015 - Castle Face Records
[Uscita: 18/05/2015]

Stati Uniti  #consigliatodadistorsioni

 

CF-055coverNel 2014, a seguito dello scarso “Drop”,  la proverbiale formazione di Thee Oh Sees (l’improbabile Pete Dammit alla chitarra ritmica, l’inflessibile Mike Shoun alla batteria e la misteriosa consorte Brigid Dawson alla voce e alle tastiere)  che gravitava intorno a John Dwyer e la sua creatura multiforme era stata completamente scalzata in favore del bassista Timothy Hellman e il batterista Nick Murray. Trasferitosi a Los Angeles, Dwyer  si rifà vivo dopo la pausa che il gruppo aveva deciso di prendere nel 2013 (Drop era comunque parte del lavoro della prima formazione) e lo fa in maniera piuttosto rumorosa con questo robusto “Mutilator Defeated At Last”. Ogni album dei Thee Oh Sees è caratterizzato da un sound omogeneo ma che comunque mantiene una sua identità rispetto agli altri: si tratti dei riverberi della giungla crampsiana di “Warm Slime”, dell’ottusità punk di “Help”, delle chitarre acustiche e dei synth svolazzanti di “Castlemania”, le crudezze garage di “The Master Bedroom is Worth Spending a Night With”, dei raga reediani di “Putrifiers II” o delle virate kraut sperimentali di “Carrion Crawler/ The Dream” (a oggi  capolavoro insuperato dalla band).

 

Gli ultimi tre dischi, ovvero Putrifiers II, Floating Coffin e Drop hanno teso troppo all’omogeneità e alla prevedibilità. Si sapeva quello che ci si aspettava dai Thee Oh Sees e quello veniva donato senza troppo ritegno: botte rave up, ceffoni carichi di fuzz, riffettoni  caricati su tonfi kraut e poi qualche pausa giusto per perdersi allucinati in qualche anfratto TheeOhSeesMainPress_0-620x350psichedelico. Si potevano apprezzare stranezze freaky come i tamburi esotici e le viole di So Nice di Putrifiers II, il piglio sanguinolento di Night Crawler. In sostanza le ultime tre produzioni dei Thee Oh Sees sono state più funzionali per la dimensione live e in quel senso pure perfezionate e ben recepite. La versione su disco ovviamente thee oh seesne ha risentito sempre di più. “Mutilator Defeated At Last” non è un capolavoro e probabilmente è dubbio che il gruppo ne raggiungerà mai altri. È semplicemente un buon disco da cui ripartire, un biglietto da visita valido e una bella prova di forza. Nonostante la costante presenza dei synth e delle tastiere, Dwyer torna ad incentrare il suo suono sulla chitarra e sui riff che impietosi si susseguono, digrignando i denti non più come un Angus Young lisergico di metà anni ’60 ma come avrebbe fatto un Neil Young non depresso e ossessivo nella prima metà dei ’70, spezzando ossa e tendini che si parano davanti.

 

In Mutilator Defeated At Last  si consuma un suono particolarmente heavy, spietato e violento nei momenti culminanti del disco: lo spettacolare richiamo trash alle mattane di The Dream, Lupine Ossuary (miglior pezzo) che vomita valanghe di assolo e ingiurie chitarristiche mentre la batteria si schianta continuamente su un ritmo al limite della rozzezza punk; il garage al neon di Sticky Hulks che  mette in mostra i muscoli ma che è più innocuo di quello che vuole sembrare, portandoci a spasso tra le nebbie delle tastiere e thee-oh-sees-3rivelandoci le fauci fuzz blues. Il resto è comunque roba che i Thee Oh Sees di Drop non si sarebbero neanche immaginati: sui pattern tribali di Murray si muove frenetica l’iniziale Web; Withered Hand e Rogue Planet tentano di battere ogni record di velocità e cattiveria; Turned Out Light si prenota come miglior riff garage da pogo dell’anno e Holy Smoke tiene sospese le atmosfere in un fumoso giro acustico su cui si alzano i synth eterei e impalpabili. Palace Doctor (altra perla) calca i ritmi diabolici dell’inizio per sciogliersi poi in una melodia ipnotica, suggestiva, vibrante. Finalmente un disco che fa venire voglia di ascoltare e riascoltare l’opera omnia della band, in cerca di qualcosa che emuli le sensazioni che si provano in questi nove nuovi brani. Qualcosa di nuovo, di fresco, di genuino e spontaneo. Qualcosa per cui valga ancora emozionarsi.

 

Voto: 8/10
Ruben Gavilli
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