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14 Ottobre 2025 ,

Dor The Dream In Which We Die

2025 - Dischi Bervisti
[Uscita: 10/10/2025]

È liberamente ispirato a “Pinocchio: Un Libro Parallelo” di Giorgio Manganelli il secondo album dei Dor, band marchigiano-abruzzese, di Francesco Fioretti, chitarra e voce e autore di tutti i testi, con lui Mario Di Battista, basso e voce, Manuel Coccia, chitarre e melodica, e Alessandro Vagnoni, batteria e synth nonché autore dell’ottimo artwork del disco. Ancora una volta un’ispirazione letteraria dopo “Il Manoscritto Trovato A Saragozza” di “Circles” questa volta affrontano il capolavoro di Collodi attraverso l’analisi e la rilettura di Manganelli come romanzo di formazione in cui la metamorfosi e la componente notturna, scura ne fanno quasi una favola nera sul tema della morte. Questo lato dark della storia del burattino trova terreno fertile nella musica dei Dor e ne è esempio il pur breve strumentale Gazing fra arpeggi di chitarra spettrali e laceranti synth, brano testimone di un viaggio che si fa inquietante e che spoglia il racconto collodiano di ogni lettura gratificante e consolatoria, non vi è fine meno lieto di quello immaginato dall’autore toscano. Si apre con Silence quasi una professione di poetica («Now I have nothing to say to anyone») il brano alterna momenti più distesi ad altri inquieti e tormentati, seguono Mangiafuoco dalle cadenze morbide e folk, una Rigmarole col suo ritmo marziale disegna paesaggi torbidi e paranoici, lo slowcore di When My Life Was Ebbing Away, le atmosfere meravigliosamente soffuse e malinconiche di Time Machine, il catastrofico post rock di Seabed Empir, le atmosfere sospese, enigmatiche del blues paranoico di The Light Keeper, brano magnifico, hanno le movenze noir di una murder ballad di Nick Cave a cui l’organetto conferisce cadenze folk in Icona, anche Rest e Lewis proseguono il cammino verso il cuore nero dell’esistenza («The whole planet is my hospital / Oh dark, dark, they all go into the dark»), chiudono gli oltre sei minuti di Nobody Knows dal mood malinconico, ma con lampi di psichedelia che si affacciano nella seconda parte. “The Dream In Wich We Die” è album riuscito e complesso, sia per gli ottimi arrangiamenti in equilibrio fra elementi post rock e alternative e folk, questi ultimi grazie all’utilizzo efficace di melodica, accordion, acustica, sia per l’abilità dei musicisti sia per il canto convincente in inglese di Ferretti di testi coerenti con l’estetica dark e ombrosa di questo viaggio onirico guidati dal personaggio di Collodi.

Voto: 7.5/10
Ignazio Gulotta

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