Oh Sees ORC
[Uscita: 25/08/2017]
Stati Uniti
La furia creativa dei più recenti Oh Sees sforna addirittura il quarto disco in due anni, li amputa di un piccolo “Thee” in copertina, imbarca Paul Quattrone al fianco di Dan Rincon per mantenere lo schieramento a doppia batteria, catapulta Elliman e John Dwyer là davanti a sparare fuoco sulle prime file. Sugli scaffali, “Orc” si presenta addirittura come un doppio Lp (quasi una forzatura, visto il minutaggio), perchè nella migliore tradizione logorreo-psichedelica Dwyer incide tutto quello che gli passa per le mani, così come facevano altri guru, da Dave Brock ad Anton Newcombe al Makoto Kawabata degli Acid Mothers Temple. Certo per chi, come lui, può permettersi la doppia veste di proprietario e dipendente, essendo la Castle Face Records (anche) roba sua, il gioco riesce più facile. Piaccia o meno, la band cede al “lato oscuro della forza”, e non mancavano le avvisaglie nei due dischi dell’anno passato. Il gruppo che si divertiva a fare la parodia di “Nuggets” in “Castlemania” o “Warm Slime” è divenuta un’eminenza spaziale con casco e mantello nero: l’organo infernale che apre Cadaver Dog la dice lunga. Robot rock avvolto da un’oscurità carica di goffa ironia, come il testone violaceo del mostro che emerge in copertina: gli Oh Sees giocano a parodiare loro stessi recitando la parte degli eroi del male.
Una carica kraut-punk ed hardcore che sa di elettroshock, costantemente sferzata dalla propulsività motorik delle due (spesso inutili) batterie, sbandierata dalla foga di Dwyer Skywalker, le cui schitarrate garage sono più piatte e taglienti che mai. Skywalker gioca anche con un’elettronica pop che in Paranoise sembra il crepitìo di un flipper in tilt dimenticato da qualche parte nell’underground tedesco degli anni ‘80. Animated Violence è una sveltina metal prima di decollare in un intermezzo di troposfera strumentale, Keys To The Castle il lungo bad trip cosmico: a tratti disturbante, a tratti sospeso nel sogno. La tensione elettrica è sempre al massimo, il volume pompato, non mancano poi mica le idee. Ma la discografia della band si sta facendo troppo fitta e compulsiva; e non si può che finire per annacquare un acido che, a piccole dosi, sarebbe ancora in grado di far sballare alla grande. Perché bisogna sempre ricordare che questi ragazzi sono una delle punte di diamante della contemporanea psichedelia West Coast. Ovvero: un’eredità pesante.
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