ItalRock – 8
Dopo il bell’esordio con “Novecento” torna Il Ciclo Di Bethe con il progetto “Memorie, Radici, Cemento” di cui è appena stato pubblicato su bandcamp il primo dei tre Ep previsti. Come spiegato nel comunicato stampa: «Non stiamo pubblicando un disco. Stiamo aprendo un fronte. “Evo barbarico” è il nostro modo di vivere la musica come gesto di libertà, come atto di insubordinazione poetica.». Musica radicale, non compromessa sia a livello di produzione e distribuzione, sia e soprattutto a livello artistico e musicale, qui lo spirito ribelle, punk, battagliero di opposizione e rifiuto della mortifera realtà contemporanea è la molla che innerva le canzoni. Radicalità che esplode nel ritornello di Nazione «Noi siamo la nazione noi siamo la reazione», accompagnato da un serrato ritmo techno-punk che disegna un desolato panorama di una società inebetita, segue la straordinaria Cronacart, epica e ipnotica in stile CSI e con il canto affascinante e drammatico di Andrea Chimenti che evoca eventi cruciali degli anni ‘70, in NATO con le ore contate Massimo Baiocco canta monotono un inno mortifero sull’alleanza militare fra frastuoni ferrosi e field recordings, Mantra (L’imponderabile elemento della pecora) sposa le linee sinuose di una psichedelia orientaleggiante, La verità, quella che si vuole negare, camuffare, è al centro di un brano dove dance, funky, elettronica creano un paesaggio sonoro distopico e disperato ispirato alla vergognosa informazione dominante sulle tragiche vicende di Gaza. Chiudono due bonus tracks, la cover dei Pankow Die Beine Von Dolores e quella dei Diaframma di Xaviera Hollander. Il disco è prodotto da Verso Productions e Kulturtjam e vede la partecipazione di Cristiano Santini, Andrea Ra, Riccardo Sabetti.
(Ignazio Gulotta) Voto 7.5
Ritorna sulle scene dopo un oblio discografico durato tre decenni il duo toscano DePookan formato dalla cantante e songwriter Susy (Luana) Berni e dal chitarrista Nicola Cavina, a loro si uniscono Martina Weber alla viola da gamba, Nicola Esposto alle percussioni, Fabio Masetti alla batteria e Giampiero Rezoagli al basso. La loro musica si muove fra diverse tradizioni folk e world, ma con contaminazioni rock e dark e l’uso dell’elettronica che la rendono vicine alla scena alternative. Fonte principale di ispirazione è la tradizione celtica interpretata come modo vivo e attuale di espressione, un approccio simile a quello di band come Lankum, in particolare nella travolgente En Mes Payscan. Il disco si apre con la tensione drammatica accentuata dal canto in francese della title-track, poi la fiaba nera e magica di Talyesin Merlino che ricorda gli Esben And The Witch, il plumbeo dark di Blood Red Shoes, il ritmo incalzante e ipnotico e un canto da sabba notturno in una lingua inventata in Mag Mor Mag Mell, Johnny I Hardly Knew Y ci rimanda a band folk rock come i Fairport Convention, si chiude con i suoni cupi, droni, rumori e un incedere inquieto che rendono l’invocazione di Peace, parafrasando Ungaretti, una parola tremante nella notte che copre questi tempi minacciosi. Questo dei DePookan è un ritorno coi fiocchi, “Sang Et Cendre” esce in cd per RadiciMusic.
(Ignazio Gulotta) Voto 7.5
Naïmah, parola araba che vuol dire ‘colei che dà gioia’, è il nome scelto da un quartetto bolognese ora all’esordio su disco per Brutture Moderne. I quattro, Beatrice Lenzini, Fabio Mazzini, Giovanni Tamburini e Luca Pasotti, utilizzano una strumentazione molto varia, mentre è assente la batteria. La loro musica si muove nella direzione di un soul contaminato di rock, jazz, afro e folk con in primo piano la voce di Beatrice Lenzini ispirata dalle grandi cantanti nere d’Oltreoceano, naturale la scelta di cantare in inglese sette degli otto brani. Love And Die apre il disco con un incedere ampio e arioso che si tinge di nero e rabbia nella voce soul della Lenzini, una nervosa linea di basso apre Blue Moon un blues soffocato che esplode in un finale rabbioso alla Janis Joplin, Say Something è un folk intimo e delicato con un giro di chitarra da desert blues, in I’m Leaving Home dopo un inizio minimale il malessere e lo smarrimento esplodono nel finale, Afro Boat ha sonorità jazz, intimista e notturna Flowing In Vein è un blues doloroso di grande forza espressiva, unico brano in italiano Radice Nera dal ritmo pulsante e dal tiro rock, chiude lo strumentale Epilogo. I Naimah guardano Oltreoceano, ma non dimenticando le loro radici mediterranee e le sonorità provenienti dall’Africa.
(Ignazio Gulotta) Voto 7
È uscito a giugno il nuovo album di Lay Llamas, progetto aperto del musicista siciliano Nicola Giunta, di cui chi scrive si è colpevolmente accorto in ritardo, a pubblicarlo la Delete Recordings, accanto a Giunta c’è Gioele Valenti (Juju, Herself) a formare una collaudata coppia di navigatori psichedelici. “Hidden Eyes In A Ghost Jungle” è un concept su un viaggiatore che si smarrisce in una giungla, un trip che si snoda fra mistiche invocazioni (Let Me Heal), rituali kraut alla Ash Ra Tempel (Golden Snakes On Our Path), occulta psichedelia (Down To The Waterfall), stordenti mantra lisergici (Safe And Sound Sailing The Holy River), visioni oscure (Ancient Caves Are Calling Us), le ultime tracce sono quelle che condurranno il protagonista, guidato da strane creature incontrate lungo il viaggio a diventare esso stesso parte di quel mondo misterioso e a tratti spaventoso. Il disco ha una sua coerenza stilistica che attraverso le dieci tracce ci conduce in un trip immaginario e visionario immersi un’atmosfera trasognata e ipnotica.
(Ignazio Gulotta) Voto 7.5
Esce per Mac Haka Records il debutto solista di Kormorano, già batterista nei Mellow Mood e collaboratore di Giancane, Paolo Baldini e altri. Originario dell’Agro Pontino Kormorano canta in dialetto terracinese, con qualche deviazione verso il napoletano, e ha scritto, suonato e registrato il disco a Ventotene, dove si era ritirato a curarsi le ferite dopo la fine di una lunga storia. Da questo ritiro è nato “Nove E 15”, dieci tracce dove Antonio Cicci, nome di Kormorano, affronta sia problemi personali sia sociali e politici. La prima traccia Anopheles, dai sentori afro, guarda al lato oscuro della bonifica pontina, il rapporto con la marijuana e come affrontare le proprie paure nella spigliata Mayday con la partecipazione di Lucchesi, il tema dei migranti e del colonialismo nell’intensa ballata blues Sirene, trascinante e riuscita la rivisitazione in chiave reggae di Spingule francese con Forelock, così come un altro omaggio alla canzone napoletana in Ma Che Ce Tene Chesta, riarrangiamento di Partenope di Liberato, anche questa in chiave giamaicana. “Nove E 15” suona fresco e sincero, gli arrangiamenti sono vari e curati con una particolare attenzione ai ritmi dal treghgae, all’hip hop all’afro,, buoni i testi, vagamente ispirati alla graphic novel “Bestie In Fuga” di Daniele Kong che ha curato le illustrazioni del disco.
(Ignazio Gulotta) Voto 7
Il nom de plume scelto da Daniel Colussi, torinese ma da qualche anno stabilitosi a Toronto, potrebbe far pensare a una musica incendiaria e provocatoria, invece è il titolo del disco a indirizzarci verso un insieme di canzoni dolci e amare, romantiche e oscure che giocano mirabilmente con un pop elegante e con arrangiamenti raffinati per una band che comprende anche archi e fiati. Peculiare il cantato di FDM, una voce calda e suadente da crooner, molto vicina al parlato che rimanda a Leonard Cohen, Neil Hannon, Jens Lekman, ma anche agli chansonnier francesi. Le nove tracce giocano prevalentemente su un mood malinconico che a volte propende per il noir se non per l’apocalittico come in Full Of Fire, traccia dal ritmo pacatamente funky, non mancano approcci baroque pop come in Do You Ever Think?, canzoni notturne e jazzate come Beware, lunghe confessioni in un’atmosfera intima vivacizzata da un arrangiamento in cui ha parte l’improvvisazione come A Rambling Prayer, l’humor nero della conclusiva My Funeral. L’album esce per Quindi Records in vinile e digitale e sarebbe davvero un peccato lasciarselo scappare.
(Ignazio Gulotta) Voto 7.5

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