Cristina Donà COSI’ VICINI
[Uscita: 23/09/2014]
L’immagine di copertina del disco è loquace: un nastro bianco, annodato all’altezza di un ginocchio presumibilmente femminile, ricade a terra per poi alzarsi di nuovo e raggiungere con ogni probabilità altre giunture e un altro corpo posto, però, fuori campo. Una sorta di zavorra nullificata, il segnale che ciò che è fuori cornice determina il quadro e lo qualifica. La logica moderna ha dato a questa configurazione il nome di eccezione. E non vi è dubbio che l’immagine sia adeguata alla posizione eccezionale che "Così vicini" assume all’interno della discografia di Cristina Donà. Non sappiamo quanto questa eminenza sia dovuta alla recente ritrovata e sempre presunta libertà garantita dalla nuova label indipendente Quibaseluna dopo l’addio con la major Emi/Universal; non sappiamo dunque se a pesare sia questo accidente discografico o una più essenziale metamorfosi artistica. La strana coincidenza dell’uscita del disco con l’ingresso di Cristina Donà nel suo quarantasettesimo anno sembrerebbe essere un indizio a favore dell’argomento artistico-esistenziale per quanto misterioso. Non è facile infatti al primo ascolto la torsione che la Donà imprime al proprio lavoro. Il disco si apre con il brano che dà il titolo all’album, Così vicini, e sembra essere stata posto lì come monito a dirci subito quale sentiero di ascolto intraprenderemo.
Un bel segnale indirizzato ai viaggiatori meno accorti: se non amate il pop raffinato, un po’ blasé; se il suono indie rock levigato da un ferro da stiro folk vi inamida l’anima cambiate strada. In questo primissimo scorcio la nostalgia prende la forma originaria di un ritorno a casa tra vecchie cose consuete, frasi musicali adusate, lacrime arpeggiate e poesia da diario scolastico. Così vicini potrebbe essere una creazione di Bianconi che decide di scrivere della musica come la scriverebbe la Donà se provasse a imitare i Baustelle. A questo punto pensiamo, con la sicumera tipica dell’adolescente che nel frattempo si è installato in noi, di aver capito dove la trasformazione della Donà è andata a parare, vale a dire dalle parti di una ingenuità soffice e molto ben costruita. Tuttavia basta avanzare con l’ascolto alla traccia successiva per comprendere che, come ogni adolescente, anche il nostro speciale adolescente tutto interiore resterà frustrato nelle sue compiaciute attese. Il senso delle cose è infatti uno dei brani, insieme a Siamo vivi, più vivaci. L’arrangiamento ruvido, con il basso a frustare il tempo, e il testo intriso di un realismo esoterico – “voglio essere leggera/salirò sul mio cavallo/anche senza l’armatura”, “il senso delle cose/si racconta con parole silenziose” – lo rende tipicamente à la Donà.
Neanche un momento per riprenderci dal capogiro e già si viaggia per altre lande sulle quali riverbera la luce lontana della title track. Una anima rock nidifica tra le smagliature di cori in falsetto che caratterizzano la falsa ingenuità di Il tuo nome e Corri da me. Non sappiamo se le due tracce sono state separate per errore o per orrore della cantabile melassa di circa 10 minuti che ne sarebbe uscita; o per rendere ancora più imprevisto l’arrivo del vero punto di equilibrio del disco. Perpendicolare non è solo il titolo del brano che illumina il disco, è anche il luogo geometrico sul quale insistono tutte le fonti di ispirazione del disco. Perpendicolare è quella fusione perfetta di folk, rock, melodia e intelligenza della prosa che fa la differenza tra una buona interprete e Cristina Donà. Tutto ciò che segue è di buon livello, a cominciare da L’imprevedibile, potente e carezzevole al tempo stesso. Si va così rallentando verso la conclusione con L'infinito nella testa e La fame (di te) che ci sembrano esercizi di ruvidezza sul tema dell’altro, con una particolare attenzione alla ricerca della componente distorta della chitarra su bassi livelli di battiti al minuto. Il disco si chiude quindi con una ballata colta per archi e chitarra, Senza parole. Il disco si chiude su un solo di archi che sigilla le porte di questo lavoro e apre alla nostra attesa per un altro ascolto di ciò che ci è parso un percorso affascinante e accidentato. Cristina Donà ha scritto ciò che sembra essere un concept album intorno alla figura di una coscienza che ancora si meraviglia di se stessa più che del mondo, una sorta di Fenomenologia dello Sparìto che poi è la storia di uno strano idiotismo, del ricordo e dell’esperienza che lo supera.
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