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11 Novembre 2013 , ,

Arcade Fire REFLEKTOR

2013 - Sonovox
[Uscita: 28/10/2013]

Arcade_fire_-_Reflektor# Consigliato da DISTORSIONI

 

Qui le cose stanno così: o gli Arcade Fire hanno raggiunto un tale grado di notorietà da avere la completa libertà di creare un album rock rivoluzionario esplorando generi e sfondando barriere o il concetto di rock band è definitivamente da rivedere. Ci sembra di assistere a quella scena di Full Metal Jacket in cui viene chiesto a Matthew Modine perché in pieno Vietnam indossi una spilletta della pace e lui tranquillamente rilascia una fantastica dichiarazione d’incoerenza. Così una delle migliori rock band in circolazione dichiara scimmiottando Elvis nell’intro del brano Normal Person "Do you like rock'n'roll music? Coz I don’t know if I do…”, e questa dichiarazione avviene proprio in uno dei pezzi più esplosivi di tutto l’album, caratterizzato da un riff che è una scossa, la massima punta di energia insieme al ritornello della clasheggiante Already Know e agli intro di Joan of Arc e Here comes the Night Time. La schizofrenia si vive in tutto l’ascolto del disco. Abbiamo iniziato apposta isolando parti di brani perché questo lavoro sembra essere la nemesi degli etichettatori di genere.

 

arcade-fire-reflektor1Del resto a produrre il disco c’è la mano di Mr. Lcd SoundSystem Johnny Murphy, che grazie alle contaminazioni ha realizzato alcuni tra i migliori dischi del decennio passato. “Reflektor” sembra più una ricerca spirituale che di possibilità musicali. Già dalla copertina, che riporta i personaggi mitici Orfeo ed Euridice nell’atto (fallimentare) di uscire insieme dalle tenebre, si capisce questa intenzione. La traccia iniziale, Reflektor, ci porta direttamente su una pista da ballo, tra sintetizzatori, percussioni e un classico duetto Chassagne/Butler che nelle strofe presenta inserti di cantato francese con forti richiami glam. Segue un altro omaggio alla cultura pop dance anni ottanta con il brano We Exist caratterizzato da un manieristico giro di basso alla Billie Jean. Per cura e varietà sonore questo disco potrebbe essere il "Sgt. Pepper " degli Arcade Fire. Flashbulb Eyes ci riporta a giocare con la luce, immaginare chiaroscuri con un sottofondo che raccoglie frammenti di dub e li incolla a melodie e strumenti della musica tradizionale caraibica. La dissociazione continua con Here Comes the Night Time. Dopo un’intro che sembra farsi gioco di chi andando avanti nell’ascolto aspetta la svolta energica dell’album, cambiano le velocità, rallentano i ritmi che ancora una volta derivano dal mondo latino e si uniscono al suono di sintetizzatori generando un cocktail a base di reggaeton, electro music e Talking Heads. Joan of Arc conclude il primo disco con un ritmo serrato, un ritornello incisivo e una linea di basso davvero avvolgente. Il duetto tra i due ripropone parti di cantato in francese nel bridge per chiudere un ciclo, o meglio, un primo tempo.  

 

arcade-fire-reflektorIl secondo disco riprende in maniera più decisa e concettuale la ricerca spirituale degli Arcade Fire che seguono il percorso di luce di Orfeo e Euridice, Here Comes the Night Time II inaugura questa nuova fase tra organi, archi e sintetizzatori che insieme all’assenza di batteria/percussioni e alla morbidezza del basso contribuiscono a creare un’atmosfera sospesa dal sapore dream pop. Questo tipo di sensazioni rimangono anche nel meraviglioso secondo brano Awful Sound (Oh Eurydice) dove al ritorno di una base ritmica incalzante si accompagna un crescendo di effetti sempre più eterei che esplodono in un ritornello di beatlesiana memoria e proseguono fino a interrompersi bruscamente nel finale. Proprio in questo finale sembra evidente il richiamo al mito, nel momento in cui Orfeo a pochi passi dalla luce non resiste alla voglia di voltarsi per guardare il volto dell’amata, perdendola definitivamente. Non a caso il brano seguente It’s Never Over inizia con un fade-in che incastra alla perfezione parti sospese dal sapore ambient post-rock con una sezione dal gusto decisamente più electro. Questi due brani, come suggerito dal titolo, sembrano raccontare lo stesso momento da due prospettive diverse ma profondamente connesse. In questo insanabile conflitto di scelte musicali e sonorità diverse che si avvicinano e si allontanano per tutto l’album risiede la bellezza di quest’album.

 

arcade fire reflektorPorno invece pecca un po’ di scontatezza. Una base alla Enola Gay in cui si sovrappongono sintetizzatori, melodia e testo che potrebbero far brillare gli occhi a qualche ragazzino, nulla di più. Afterlife è di tutt’altro spessore: un pezzo che colpisce per energia, per coinvolgimento, per l’umanità che, dopo tanta ricerca concettuale, sembra assurdo potersi racchiudere in una brano così intitolato. In quel "We scream and shout ‘till we work it out / Can we just work it out?” ripetuto nel ritornello ora come affermazione, ora come domanda, appaiono lo sforzo, il dubbio, la piena consapevolezza del corpo e della mente dell’individuo che s’interroga sull’eternità di un sentimento umano. Nel brano finale Super symmetry si cerca in maniera un po’ troppo formale l’idea di un sublime che si respira durante tutto questo secondo disco. Con “The Suburbs” avevamo imparato a tracciare i confini degli Arcade Fire, ad apprezzare la loro cifra stilistica, ad assorbire le sonorità più ricorrenti, a cercare le influenze prodotte sulle nuove realtà del panorama musicale mondiale. "Reflektor” ha voluto forzare questa consuetudine per cercare altro, per guardarsi intorno. Del resto se nel 2013 i Daft Punk  hanno fatto una scelta così radicale (per fini commerciali o meno) tornando di trent’anni indietro, alle radici della disco music, perché gli Arcade Fire dovrebbero rimanere immuni all’ambiente sonoro circostante solo per salvaguardare quello che finora ha portato loro successi? 

Voto: 8.5/10
Andrea Sgobba

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