Inspiral Carpets, The Fall, Buzzcocks Inspiral Carpets, The Fall, Buzzcocks 18 Luglio 2014, Azzano Decimo, Fiera della Musica
Archiviata anche l’edizione 2014 della serata “punk-new wave”, la seconda della Fiera della Musica di Azzano Decimo (Pordenone), un appuntamento che da anni riserva al pubblico di appassionati ospiti di rilievo legati ad un genere a cui la città di Pordenone è in qualche modo legata a doppio filo, visti i trascorsi “cittadini” dell'ormai mitico Great Complotto. La line-up di quest’anno metteva insieme il punk classico dei Buzzcocks, la new wave sperimentale di tradizionale scuola inglese dei Fall ed il brit - pop degli Inspiral Carpets. Nel rispetto dei tempi di chiusura del palco (rigorosamente poco dopo la mezzanotte) tutte le band hanno suonato set di poco più di un’ora, proponendo alcuni brani storici alternati a quelli delle produzioni più recenti.
INSPIRAL CARPETS
Gli Inspiral Carpets, eroici esponenti di quella che tra la fine degli anni '80 e l’inizio dei ‘90 veniva definita “Madchester” (non a caso Noel Gallagher fu il rodie di Boon, Hingley e compagni negli anni fondativi dal 1989 al 1991), hanno saputo rievocare nella loro breve apparizione pordenonese le tipiche atmosfere di pop acido e drug-addicted che caratterizzò quella scapestrata onda musicale giovanile. Il ritorno degli Inspiral Carpets è gradito tuffo in un passato che forse non lo è ancora del tutto: è un sospiro di sollievo riascoltare dal vivo Joe (brano che ha aperto l’esibizione di Azzano) e poi in sequenza Two words collide, She come in the fall e la tanto attesa This is how it feels, testa di ponte dell'album "Life" del 1990, con l’organo Farfisa di Clint Boon a rievocare mood mai dimenticati. Subito dopo arriva l’annuncio di Spitfire, gradito nuovo singolo della band (già disponibile in 7’’) che anticipa l’uscita del nuovo album (il primo da “Devil Hopping” del 1994) per il prossimo settembre. Chiusura dedicata proprio all’album che nel 1994 salutò la momentanea fine degli Inspiral, con l’energica Saturn 5.
THE FALL
Poco prima il palco era stato letteralmente “riempito” dal sound cupo e noise dei Fall di Mark Smith, una presenza necessaria quanto complessa al tempo stesso, per riproporre in una serata un continuum temporale di una stagione di musica britannica che partì dal pop punk ‘77 dei Buzzcocks per proseguire con le contorte atmosfere dei mancuniani Fall. Mark Smith (rimasto l’unico componente originario della band) e compagni dal 1976 hanno lavorato ad un progetto musicale che non ha mai conosciuto soste, arrivando a pubblicare ben 89 album (28 di brani originali) tra raccolte e live. Capaci di affrontare un po’ tutti i generi dal punk alla new wave più sperimentale, The Fall sono arrivati ad Azzano scagliando sul pubblico di appassionati la loro personale bomba di suoni e parole recitate dalla voce a tratti sguaiata di Mark Smith, che salito sul palco annuncia, aggrappandosi al microfono "Hi, we are The Fall”. Apertura con The Remainderer (uscito come singolo lo scorso anno), per poi proseguire con una sorprendente Cowboy George, brano in cui la batteria feroce rievoca gli episodi di un album del 2010, “Your future our clutter", ultimo vero lavoro in studio della band che Smith si fece pubblicare dalla Domino (la “casa" degli Arctic Monkeys) e da cui nella data friulana tira fuori anche una versione lo-fi di Bury. The Fall e Mark Smith sono impegnativi, sia nell’ascolto dal divano di casa sia sotto il palco della Fiera della Musica, dove è quasi un terno al lotto indovinare da quale degli innumerevoli album verrà estratto il prossimo brano. Arrivano così in sequenza White Lighting, Pledge e Sir William Wray da"Re-Mit" del 2013. Chiusura con Blindness da "Fall heads roll" del 2005, insomma nessuna concessione agli anni della fondazione.
BUZZCOCKS
La serata si è aperta con i Buzzcocks (marchio a cui rispondono ormai i soli e soliti Pete Shelley e Steve Diggle, autori peraltro della maggior parte dei brani), band di riferimento della scena pop punk più storica, insomma quasi una sicurezza, se non fosse per il non cattivo impatto sonoro ai più apparso evidente già dall’apertura di Boredom (direttamente da "Spiral Scratch", il mitico EP di esordio del ‘76 con Howard Devoto nella line-up). Massimo rispetto per il set di 75 minuti che vede Shelley e compagni impegnati in una ventina di brani, tra i quali Get on our own, Fast cars e anche i rassicuranti classici Harmony in my head, Never fallin’ in love, What do i get e la conclusiva Oh shit, tratti da album punk leggendari come "Another Music in a Different Kitchen" (1978) e "Singles Going Steady" (1979).
Commenti →