New Christs + 2Hurt 3 Luglio 2014, Roma, Roma Vintage
INTRO
Ci sono delle volte in cui si ha davvero precisa la spiacevole sensazione di essere dei sopravvissuti. Questo accade in diversi momenti della vita di uomini e donne che hanno oramai parecchie primavere alle spalle, momenti che abbracciano aspetti i più disparati della vita intera di ognuno di noi. Ma nulla è paragonabile a quella sensazione di quando si è ad un concerto rock: stiamo parlando di musica, roba vitale, che avrebbe mille motivi per rimanere impressa ed eccitare la mente di qualunque essere occidentale che abbia compiuto i 14 anni ed abbia delle minime pulsioni sessuali. Quando qualcosa che ha incendiato i palchi di mezzo mondo per 40 anni e che viene porta più o meno con la stessa forza e sufficiente bizzarria di un tempo, beh questo dovrebbe essere un cocktail sufficiente a catturare la mente ed i muscoli piliferi di una adolescente medio con la sana voglia di contraddire il mondo circostante ed il suo conformismo imperante.
Perché è giusto sputare al mondo, lì fuori c’è un mondo cui dovresti proprio sputare. Abbiamo, credo, fatto lo sbaglio di considerare le generazioni come elementi in divenire verso un futuro di costante cambiamento. Per cui se morivamo di vedere e confrontare noi stessi con la musica di Muddy Waters o di Johnny Cash quando avevamo vent’anni, tu dovresti probabilmente eccitarti nel poter sentire il tuo sesso duro o le tue mutandine bagnarsi se suona dal vivo un Bobby Womack, o … i New Christs! Ma è una concezione errata in partenza: pochi giorni prima Roma era densa dell’hype per alcuni 70 enni cosiddette leggende del rock’n’roll, oramai capaci solo di ripetere un copione consunto, quello che il mondo dello spettacolo richiede fino alla morte naturale. E se viene a suonare una banda che quello step di popolarità non l’ha fatto difficilmente potrai avere 20enni muoversi dalla propria città per farsi qualche centinaio di chilometri per vederli. E cosa ancora più scandalosa che gli stessi non si muovono neanche se abitano dalla parte opposta della stessa città dove la band suona. La manifestazione però si chiama Roma Vintage (rassegna musicale Airport One)! E quindi le supposizioni filosofiche si vanno a far benedire.
2Hurt
Quando sul palco open air si presentano i 2Hurt di Paolo Bertozzi, con la formazione allargata a Valentina Valeri alle vocals ed al suo chitarrista, siamo circa un centinaio e se acquisteremo non sarà in numero bensì in calore e partecipazione. I 2Hurt sono bravi, Bertozzi scava un territorio di chitarre abrasive che duellano col violino torrenziale e a suo modo sensuale di Laura Senatore e con un monte suoni nel background che riesce a mixare una mai riposta attitudine punk dell’ex leader dei Fastenbelt ai suoni definiti desertici di certi ottanta via Giant Sand & co, rivisti e corretti nei due decenni successivi. Dal vivo la proposta piuttosto articolata funziona molto bene, anche se la voce di Paolo trova modo di abbandonare la scena un po’ troppo velocemente; sono quindi i crescendo strumentali ad creare un forte coinvolgimento nella gente, come in Revenge burns under the sun o nella bella Painful memories, che se non ci inganna il ricordo non è ancora edita su dischetto. Insomma, un opening act di pregio, che speriamo trovi presto altre audience nello stivale e magari anche fuori, perché di rockismi malconfezionati in giro ce ne sono pure troppi. Come al solito, in Roma, le cose si fanno sempre con malcelata abilità organizzativa: un concerto dal vivo ha la tendenza naturale a fare un mucchio di casino, cosa che disturba non poco gli astanti intorno, specie se presi a vedere una pièce teatrale. Ne risulta che il tempo a disposizione per il set dei 2Hurt e dei NC sia piuttosto risicato, prima dell’avvento delle proverbiali forze dell’ordine.
The New Christs
Quando attaccano i New Christs sappiamo già che ci saranno 50 minuti scarsi ed, informalmente come sempre, Rob Younger e company pompano subito un veloce compendio dei brani tratti dagli ultimi due dischi “Gloria” ed il recentissimo “Incantations”, albums che non hanno spostato di un solo salto di canguro il suono ultratrentennale della band australiana, denunciando i limiti di un songwriting che ha bisogno di momenti felici e zeppi di vogliosa energia per non perdersi in manierismi punk’n’roll anni 80 da loro stessi esemplarmente codificati, sulla falsariga appena aggiornata di quello che Younger & Tek fecero coi Radio Birdman/New Race durante l’ultimo quinquennio dei settanta. Naturalmente il meglio giunge con i brani che rintracciano la storia della banda dei Cristi Nuovi durante i primi vent’anni della sua storia, una storia a 45 giri per i primi dieci (canzoni fenomenali elargite all’epoca col contagocce : Face a new god, Dropping like flies, Born out of time, Like a curse, una decina di pezzi straordinari) fino al primo disco, “Distemper”, del 1989. Roba fondamentale per conoscere quella scena downunder che durante un quindicennio ha difeso il rock’n’roll e lo ha promosso ai livelli del migliore di sempre.
Quindi arrivano I swear, On top of me, Spit it out e l’atmosfera guadagna in piacevolezza ludica perché la gente riconosce, è riconoscente, risponde. Le effeminate (sempre le stesse, perché Mick Jagger sì e Rob Younger no?) movenze di Rob, buffamente stranianti in un contesto così nerboruto, riescono ancora ad ammaliare nonostante il non look (quando non governa Deniz Tek) della band preveda un manifesto decadimento fisico a favore di un a suo modo raffinato e sporco, al contempo, cuneo garagerock. Non sono esattamente dei poseurs, i New Christs: Younger, a dispetto del nome, sembra Zio Tibia ma chi se ne frega? Ci vorrebbe più tempo per avere le Dropping like flies o le The march, tanto che Born out of time giunge solo al bis ed ècondotta con consueta e consumata perizia rumorosa. La band ha cominciato a divertirsi e indoviniamo un sincero sentimento di rabbia nel saluto di Younger che spiega che non è certo per colpa loro che non si può andare avanti nella notte. A poca distanza dancefloors accolgono migliaia di venti /trentenni in cerca di un high notturno molto rock fatto di dischetti di metacrilato che girano sui ‘piatti’ o files di computer, mentre qui c’era da sudare beneficamente col suono, quello vero. E ballare. E strafarsi, se proprio ne hai voglia. A distanza di anni da quando il live fu sostituito da una cosa registrata noi ancora tanta pace non ce la diamo. Come pretendere di scopare senza sudare.
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