Mudhoney + White Hills + Barton Carroll 15 Maggio 2015, Roncade (TV), New Age
Mudhoney tornano al New Age di Roncade, dopo la già ottima partecipazione del 2009, e lo fanno nel loro stile solito, semplice e violento, energico e classicamente legato ad una tradizione musicale di cui loro stessi sono stati gli artefici. Hanno richiamato un cospicuo numero di seguaci il 15 maggio, in occasione dell’unica data nel nord est della band statunitense. Una serata dedicata al rock seminale, quello fatto di distorsioni e chitarre violentate, timpani percossi con foga e memorie che tornano ai focosi anni a cavallo tra la fine degli ‘80 e l’inizio dei ‘90.
White Hills
Ad aprire la serata un'esibizione folk in solitario dell'artista di Seattle Barton Carroll (Crooked Fingers) ma soprattutto la gradita sorpresa di White Hills, band che quelle atmosfere le visse e le percorse da inizio terzo millennio; col tempo ha saputo trovare una sua collocazione nel pur sempre burrascoso mare del sottobosco underground psichedelico americano. La band si presenta sul palco del New Age dopo la fresca pubblicazione di “Walks For Motorists” (per la Thrill Jockey come i precedenti “So you are...so you’ll be” e “ Frying on this rock”) e dà subito il via ad un viaggio denso di psichedelia, garage e quella sorta di space rock che ha mandato in delirio alcuni critici, incontrando anche l’apprezzamento Jim Jarmush, che li ha fatti comparire nel suo “Only lovers left alive”, in concorso nell’edizione 2013 del festival di Cannes. Sempre più apprezzabili dal vivo che non negli utlimi episodi in studio, White Hills sono stati la giusta introduzione all’arrivo dei Mudhoney, ancora una volta decisamente e opportunamente “grunge” e insieme “punk” e “garage”.
Mudhoney
Per molti riascoltare dal vivo il vigore che ancora accompagna la voce di Mark Arm è quasi una consolazione, così come quella propensione, sua e degli altri suoi tre compari, di farsi sempre trovare pronti a “spaccare tutto” (in senso musicale), che ci si trovi di fronte ad un pubblico da festival o al cospetto di un gruppo di volonterosi fan in un club di provincia. Mentre la sezione ritmica (Dan Peters e Guy Maddison) ricama le trame delle storie che vanno dall’omonimo album d’esordio del 1989 a "Vanishing Point” del 2013, Mark Arm e Steve Turner con le loro chitarre confezionano le bombe elettriche da lanciare su un pubblico affamato di essenza punk anni ‘90. L’apertura è tutta dedicata a “Superfuzz Bigmuff”, l’EP d’esordio del 1988 in cui 4 dei 6 brani registrati erano condivisi con i Dicks e i Sonic Youth. If i Think e You got it preparano il pubblico prima di lanciarsi in Beneath the valley of the underdog (da “Tomorrow hit today” del 1998), poi arrivano Blinding sun e Suck your dry (da “Piece of Cake” del 1992), accompagnate da Into the drink (“Every good boy deserves fudge”, 1991).
Una buona presenza la fa anche il più recente Vanishing Point del 2013, omaggiato al New Age conWhat to do with the neutral, Chardonnay,The final course e The only son of the widow Nain. Molto apprezzato il ritorno alle origini con la rilettura di Hate the police (brano che originariamente nell’EP d'esordio succitato era eseguito dai Dicks), così come Judgement, rage, retribution and thyme del 1995. I brani di apertura di Superfuzz Bigmuff (Sweet young thing e Touch me I’m sick) chiudono la prima parte del concerto, prima del rientro per la chiusura definitiva quasi esclusivamente dedicata ai già citati brani di Vanishing Point. Ritrovare i Mudhoney in forma a quasi sei anni dall’ultima apparizione da queste parti (con Mark Arm e soci il New Age chiude la stagione primaverile 2015) è sempre cosa che mette l’anima in pace, un occasione per chiudere un attimo gli occhi e rivivere, magari anche solo con la fantasia, uno degli ultimi grandi sconvolgimenti che il rock ha vissuto nei primi anni ‘90.
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