J. Peter Schwalm & Arve Henriksen Neuzeit
[Uscita: 27/11/2020]
Avevamo lasciato J. Peter Schwalm dopo i due precedenti e ottimi album solisti “The Beauty Of Disaster” (RareNoise – 2016) da noi recensito su queste stesse pagine, e “How We Fall” (RareNoise- 2018), dove circondato da una pletora di musicisti, tesseva trame astratte e immaginifiche legate non solo all’ambient, forse sua principale cifra stilistica, ma anche alla classica contemporanea, agli storici kosmische kuriere di teutonica memoria (Schwalm è di Francoforte) e al rumorismo concreto delle avanguardie più oltranziste. In questo recentissimo “Neuzeit” il musicista tedesco, già collaboratore e sodale di un certo Brian Eno che con l’ambient ci pasteggia a pranzo, a cena e a colazione, si affianca invece soltanto al trombettista norvegese Arve Henriksen e il risultato è ancora una volta strepitoso. I due sodali (Schwalm al pianoforte e programming e Henriksen alla tromba, alla voce, in un solo brano, e percussioni varie) creano un’opera estremamente affascinante, raffinata, colta e ricca di magie sonore. Il filo conduttore di questa sorta di concept- album è il tempo, il cui termine tedesco 'zeit' si ripete in tutti gli otto titoli dei brani di un’unica parola, così come nel titolo del disco stesso, quel tempo nuovo, presente e futuro, “che riflette il momento di cambiamento dopo una crisi”, come affermato dallo stesso Schwalm in seguito alle sue riflessioni sulla pandemia che il mondo sta vivendo e che a causa del lockdown imposto ha obbligato i due musicisti a collaborare a distanza senza mai incontrarsi di persona nonostante si conoscessero da tempo. L’album è comunque ricco di situazioni soniche, rarefatte ed eteree, dove la tromba di Henriksen è soffusa e ovattata nella maggior parte dei brani con un suono “soffiato” che sembra far uscire le note con fatica ricordando certe cose di Jon Hassell e di Markus Stockhausen come nel brano di apertura Blütezeit, mentre Schwalm si destreggia ai programming e al piano con piccoli tocchi deliziosi che ricordano certe cose dell’”ambientalista” Harold Budd e di Ryuichi Sakamoto (quest’ultimo sappiamo essere estimatore di Schwalm) come in Suchzeit, e nella meravigliosa Raumzeit che tocca vertici di sfolgorante bellezza con la tromba che in quei pochi minuti e tra quelle scarne note ripetute di piano veleggia sopra un mare soffuso di programming passando da lenti fraseggi quasi jazz ad altri semi-orientali. Di questo straordinario album tutto da ascoltare con estrema attenzione e dedizione citiamo ancora la title-track, Neuzeit per la presenza della voce di Henriksen che a imitazione, crediamo inconsapevole, del timbro della musica qawwali tipica del Pakistan si avventura in un elegiaco lied di estrema suggestione su un tappeto rumoristico e tromba sovraincisa creando un effetto straniante e dimostrando come i confini geografici della musica siano più labili di quanto si creda. Tra i vari supporti che conterranno questa notevole prova di Schwalm e Henriksen, vi è anche il long playing in vinile trasparente, a confermare la trasparenza cristallina e lucente di una musica immaginifica senza tempo (nonostante i vari 'zeit') e senza confini.
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