Ty Segall-King Tuff LIVE AT PICKATHON 2013
[Uscita: 05/05/2015]
Stati Uniti
Di Ty Segall non si hanno notizie dall’ultimo ep, “Mr. Face” risalente all’inizio dell’anno e salgono le aspettative nei confronti di un vero e proprio album nel 2015, che visti i ritmi a cui ci ha abituato Segall può tranquillamente essere bollato come “ritardatario”. Come ingannare l’attesa? In questi mesi il nostro ha tirato fuori un po’ di materiale live registrato durante le tournée del 2013; a fine gennaio è stato il turno del concerto al Rickshaw Shop di San Francisco con la Ty Segall Band, che è diventato un “Live In San Francisco”. Questa volta invece è il turno della dimensione meno abrasiva (lontanamente imparentata con il calderone ribollente che è il sound della band dal vivo) e più improntata al folk-rock d’ispirazione sixties, quella testimoniata da “Sleeper” (sempre 2013). Si tratta del “Live At Pickathon” Festival a Happy Valley, Oregon. Altra particolarità è che il disco è diviso con King Tuff, eroe con la Sub-Pop del garage pop più criminale. La maggior parte dei brani eseguiti da Segall proviene da Sleeper ma c’è anche il tempo per riesumare in salsa acustica una rediviva Girlfriend (hit minore del ben più remoto “Melted”). La dimensione del live aggiunge poco a quello che si può ascoltare nell’album originale, a parte sporadici episodi in cui la mollezza ritmica acquista spigolatura e regala momenti anni ’70 (The Man Man,The Keepers, probabilmente i pezzi migliori). Il resto va come dovrebbe andare, in bilico tra il folk sofisticato del primo Neil Young ed il folk-pop targato Byrds o Buffalo Springfield.
I quattro pezzi di King Tuff sono un’ irreale battaglia tra melodie orecchiabili, effetti chitarristici tamarrissimi, assolo proto-metal e fuzz stoogesiani. Non sempre risulta originale e a volte neanche gradevole: l’iniziale medley di Anthem-Keep On Movin’ parte con piglio sabbathiano ma si perde nella seconda parte in una canzonetta a metà strada tra Boston e Bryan Adams; Dancing On You, se possibile peggiora le cose, con le distorsioni rombanti che cedono il passo a una melodia alla Poison. A salvare la situazione ci pensa il riff basico e teso di Stranger, la batteria dritta e lampi chitarristici. Il finale di She’s On Fire con batteria severa e basso dopato esplode in un blues punk dai toni davvero imbarazzanti. Se l’obiettivo è solo quello di vestirsi come Nathan Williams (Wavves), atteggiarsi come il nipote cattivo di Ozzy Osbourne e mettersi in testa un cappellaccio come J Mascis, King Tuff ha sicuramente raggiunto il suo traguardo: il problema sta nel fare musica e quella del nostro finisce per sembrare semplicemente rumore di sottofondo. Se non ci fosse padron Segall a salvare capra e cavoli, probabilmente non se ne parlerebbe nemmeno.
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