Sun Kil Moon COMMON AS LIGHT AND LOVE ARE RED VALLEYS OF BLOOD
[Uscita: 17/02/2017]
Stati Uniti
L’ultima uscita di Kozelek appare prolissa già dal titolo, dal formato (un doppio CD per 2 ore e rotte di musica), dalla scaletta di 16 canzoni, la più concisa delle quali segna 5 minuti e 13 secondi. Viva l’abbondanza…
Secondo l’autore «“Common As Light And Love Are Red Valleys Of Blood", per la maggior parte riporta gli eventi da gennaio ad agosto passati, e come ho rielaborato il tutto viaggiando». Ovvero un taccuino di viaggio il cui autore pedissequamente annota ogni piccolo evento di cronaca e attualità, filtrandolo attraverso il suo particolare punto di vista, un processo ben noto anche agli ultimi album marcati Sun Kil Moon, ma che ora pare davvero sfuggire al controllo.
Ne deriva una canzone che mai è davvero “cantata”, bensì esposta piattamente a libero flusso di coscienza, verbosa, logorroica, senza empatia, con un distacco a volte alienante (e per questo sinistramente attraente). Un vero e proprio “spoken word”, esibito senza pudore su tappeti di loop percussivi in cui diventa fondamentale il drumming ostinato e robotico di Steve Shelley (già coi Sonic Youth), per un curioso crossover di “folk-rap” che è l’aspetto più personale del disco, oltre che il più abusato. Un disco che, vista la durata, l’assenza di melodia e la totale scarnificazione di arrangiamenti - che di fatto non esistono - è una dura prova di tenacia per l’ascoltatore, continuamente esposto alla valanga di parole, rimuginamenti, interiezioni, solo occasionalmente armonizzati da intrecci di mandolini che paiono l’assillo costante della vecchia Going To California (coi Led Zeppelin, nuovamente evocati nella bella Lone Star).
Kozelek si accontenta di una telecronaca in diretta; in diretta dal divano di casa sua. I suoi prolissi racconti, con ampia esibizione di nomi, cognomi (e ci vorrebbe tempo per censire tutte quante le celebrità citate...), luoghi, nozionismo vario, risultano talmente personali da rimanere la spicciola narrazione di un'autobiografia non richiesta. Al contrario di quanto avveniva se non con i Red House Painters almeno in “Ghosts Of The Great Highway”, in cui i silenzi, le melodie ferite ed i monologhi dolci sulle “piccole cose” americane riuscivano ad acquisire potenza di discorso universale, qui il personalismo ristretto è il denominatore di tutto quanto. E tale resta. Se vi interessa…
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