Sun Kil Moon BENJI
[Uscita: 11/02/2014]
USA # Consigliato da Distorsioni
Qual è il segreto del rock? Bisognerebbe chiederlo a Mark Kozelek (ex Red House Painters), uno che di sicuro lo conosce. Ma difficilmente potrà insegnarcelo, poiché la capacità di saper scrivere canzoni con pochissimi ingredienti è imponderabile. Qui Mark costruisce undici canzoni usando quasi solo voce e chitarra. Qualche ospitata, Steve Shelley alla batteria, Owen Ashwort e Chris Connolly al piano Rhodes; in Ben’s my friend, dedicata all’amicizia col cantante dei Death Cab for Cutie Ben Gibbard, troviamo Forrest Day al sax e Tin Lindsey al basso, e poi alcuni coristi tra cui spicca il nome di Will Oldham. Il titolo si rifà a un film del 1974 in cui un cagnolino randagio salva due bambini dai rapitori. Già da questa citazione si potrebbe intuire quale sia l’atmosfera dell’album: canzoni fortemente autobiografiche, come I Watched The Film The Song Remains The Same, dieci minuti in cui Kozelek racconta la propria vita di musicista, ringraziando chi ha a contribuito a scrivere la sua storia, Ivo Watts Russel della 4AD su tutti; oppure ispirate da fatti di vita quotidiana, spesso tragici, come in Richard Ramirez Died Today Of Natural Cause. È naturale quindi che l’autore abbia scelto la via dell’intimismo, dovendo affrontare argomenti così personali, lo stile deve assecondarsi al necessario pudore.
Quindi pochi arpeggi bastano per accompagnare Carissa o I Can’t Live Without My Mother’s Love. L’ombra di Neil Young aleggia a volte, è inevitabile omaggiare cotanto maestro; al contempo sentiamo da chi hanno imparato tanti magnifici allievi come Bill Callahan/Smog, o Jason Molina/Songs:Ohia (RIP), che certamente alla fonte di Kozelek si sono abbeverati. Inizialmente la semplicità della musica e il tono dimesso, quasi recitato, della voce potrebbero allontanare l’ascoltatore, ma a poco a poco si entra nella profondità del disco e si rimane stregati. Le canzoni diventano mantra irrinunciabili. Il pezzo dedicato al film sui Led Zeppelin è tra i più suggestivi, pur nella sua lunghezza. Le invenzioni melodiche non mancano: la stessa Carissa, che parte in modo sommesso, poi ha uno sviluppo piano e suadente. Ci sono anche un paio di canzoni più tradizionali, come I love my dad, uno stomp, e la già citata Ben’s my friend, una canzone spigliata, molto più pop delle altre, che potrebbe sembrare fuori posto in un disco del genere e invece lo impreziosisce. Notevole anche Dogs, ipnotica e ripetitiva, la più vicina sia al rock classico che a quello più “post”. Questo è un disco da amare. E in ogni caso un musicista che aveva chiamano la propria band “gli imbianchini comunisti”, a sprezzo totale del music business, e ha dedicato un singolo a Kim Ki Duk, merita il massimo rispetto.
Le prime copie del disco comprendono un secondo CD dal vivo con questa tracklist:
Micheline (live in Aveiro)
Richard Ramirez Died Today Of Natural Causes (live inGoteborg)
I love my dad (live inCopenhagen)
I Can’t Live Without My Mother’s Love (live inLondon)
Truck driver (live inLeamington)
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