Neurosis FIRES WITHIN FIRES
[Uscita: 23/09/2016]
Stati Uniti #consigliatodadistorsioni
Quattro anni, tanti ne sono passati da “Honor Found In Decay”. Ma se di numeri dobbiamo parlare allora è il caso di dire che la band di Steve Von Till e Scott Kelly ha oggi tagliato il traguardo dei trent’anni di carriera. Avevamo lasciato Steve Von Till con “A life unto itself” a rinsaldare la propria devozione verso un folk scuro e dalle tinte apocalittiche, così come Scott Kelly ha fatto con la reinterpretazione di Townes Van Zandt in “Songs of Townes Van Zandt”. Ma il folk non può essere considerato una mera faccenda personale limitata solo a Von Till e Kelly. Perché la musica dei Neurosis si inscrive in un crocevia tra metal, post metal e doom in cui anche il folk in qualche modo gioca un ruolo nel fornire la semiotica per il raggiungimento di una dimensione ancestrale. I Neurosis sono stati i maestri cerimonieri di un rituale antico e ferale con cui viene celebrata la fine dell’esistente, fotografando l’istante che anticipa l’azzeramento di ogni cosa e ricodificando il linguaggio estremo. Il dodicesimo album intitolato “Fires Within Fires” punta alla densità, al suono come nucleo atomico all’interno del quale risiede un’energia primitiva, invocata come fosse una divinità ctonia generata da un’oscura forza distruttrice.
Anche in questo caso la produzione è affidata a Steve Albini la cui collaborazione con cui i nostri risale al 1999, anno di “Times Of Grace”. L’apporto di Albini è come sempre determinante nella costruzione dell’esoscheletro sonico dei Neurosis, in quanto aggiunge la giusta consistenza ai brani, sfruttando al meglio lo spettro dinamico della band e facendo emergere quelle sfumature da cui si innesca la furia iconoclasta.
L’impatto con l’opener Bending Light è di quelli che colpiscono dritti allo stomaco: un flusso stoner lento, intricato nelle foschie di una psichedelia dissonante che a metà del cammino si deforma in un doom lancinante. L’arpeggio della successiva A Shadow Memory si scoperchia allo stesso modo di un vaso di Pandora, propiziato dalla sovrapposizione delle chitarre in un martellante groviglio heavy psych. Fire Is the End Lesson ha nel suo riff un DNA sabbattiano ed una struttura circolare che sembra cercare il raggiungimento di uno stato di ipnosi vicino alle allucinazioni ipnagogiche.
Broken Ground è probabilmente il centro dell’album, la perfetta condensazione di forza, drammaticità ed epicità. In chiusura,la magnificenza degli undici minuti di Reach, la cui traiettoria viene tracciata prima su un lento dipanarsi di note dolenti e di intrecci disturbanti, poi su una lenta stratificazione da cui si alza una tempesta di fuoco devastante. Fires Within Fires è un album importante e ispirato, l’ennesima prova di forza e temperamento di una band che già da tempo si è conquistata il proprio posto tra i grandi e che oggi si mostra in forma smagliante. Come dire, trent’anni e non sentirli.
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