Underthesnow POPSONGS
[Uscita: 3/04/2017]
Il pop. Cosa è pop? In questo libro collage corredato da ‘suoni’ su CD, si prova a fare una riflessione a largo raggio sulla cultura pop, sulla canzone, sulla dicotomia commerciale/popolare. Ne esce un lavoro paradossalmente sovversivo che ribalta i luoghi comuni più semplicistici. Sia concettualmente, sia musicalmente. L’idea che soggiace al progetto è sostanzialmente avversa a una concezione di canzone omologante, incapace di evoluzione, irrigidita nei propri confini manieristici e standardizzati, ingabbiata in codici semiotici del tutto elementari e strutturati che si autocelebrano in un revival compulsivo. Davvero abbiamo bisogno di fermezze iconografiche da cristallizzare, di muoverci sulla linea del riciclaggio schizofrenico per saziare il nostro piacere auditivo e sensoriale?
Underthesnow (Stefano Gentile e Gianluca Favaron), qui supportati da contributi a singole tracce da Anacleto Vitolo e Simone Olivi) propone cinque diversi assemblaggi direttamente ispirati al proprio concetto di pop song. Dei cut-up sovrapposti e centrifugati che ridiscutono le radici alla base dei termini: cultura e popolare. La cultura è identità che si perde nel tempo, incardinandosi in dinamiche antropologiche e sociali continuamente sospese tra necessità di identificarsi, trovare rassicuranti punti fermi da condividere e smania di abbattere i confini, compiere nuove conquiste. La popolarità è per l’etnologo e per il musicologo (pensiamo ai suggerimenti e agli studi di due autorevoli personaggi come Ernesto De Martino e Diego Carpitella) un arcano incontro di suggestioni che aiutano a rafforzare l’innato bisogno di sentirsi accomunati anche nella spiritualità, nella voglia di esorcizzare la paura, nell’attrazione simbiotica con la natura e con il primordiale. Alla luce di questa sommaria analisi questi cinque pezzi sono dei contenitori non così stranianti come si potrebbe supporre ad un primo approccio troppo superficiale. I contributi di Paolo Cesaretti, Manuel Gentile, Marco Pandin e Vittore Baroni, insieme con i collage di Stefano Gentile, i disegni di Massimo Giacon e una cartolina di Lapo Belmestieri, aiutano ad elaborare un sottile gioco dissacratorio che è forse l’essenza più caustica e imprescindibile legata al meccanismo della massificazione.
La pop art, la controcultura, l’idea di rivoluzione e reiterazione del morboso sono saldamente ancorate all’enorme discarica della cultura di massa che è tutto e il contrario di tutto. La storia ci insegna che le nostre stesse esigenze di opporci e di stigmatizzare alcune tendenze finiscono per essere intercettate dalle perverse leggi del mercato tanto che niente esula dal feticcio del pop. Pop è contraddizione. Pop è riflesso che si deforma. Ora il senso di tutto è ben messo a fuoco. Si viaggia sull’ordine multimediale più esaustivo: la componente visiva e narrativa si serve di quella uditiva. Siamo di natura volubile, siamo nostalgici, fragili, inquieti.
A volte ci perdiamo, a volte ci troviamo nel caos che ci raccoglie. Non esiste una materia tangibile che ci rappresenta ma possiamo rappresentarci in un molteplice che facciamo nostro con l’immaginazione. Possiamo edificare miti e possiamo demolirli, i nostri desideri devono cullarci e scuoterci. La linea di confine del pop raccoglie il desiderio, la sua mutevolezza, il nostro presente che ci interroga e che ogni volta esige risposte diverse. Il pop ci sfida, il suo calderone mutante ci spinge ad essere protagonisti di domande da formulare, di contenuti nuovi da sfruttare. La salvezza è sempre racchiusa nel margine di rischio.
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