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28 Settembre 2020 ,

Gianluca Becuzzi Voices [For Solo Voice]

2020 - Luce Sia

Il progetto naturalmente nasce per essere esaltato -in tutti i particolari performativi- in esecuzione live. All'ascolto infatti emerge chiaramente la voglia di tastare e giocare con una serie di intuizioni estemporanee che non hanno l'obiettivo di voler esplorare terreni inusuali o di voler rincorrere sonorità inaudite. La sensazione è quella di un mimo di fronte a uno specchio che prova a scrutare la gamma di effetti e di gestualità della voce, della propria versatilità trasformista. Anche perché Becuzzi è artista troppo navigato e sensibile per non conoscere le arditezze esplorative già attinte per mettere in rilievo il pathos comunicativo della voce, le ricerche in ambito etnografico e etno-musicologico sul suono-origine, sul rituale arcaico prestato alle nuove potenzialità tecnologiche. Per cui leggiamo il suo lavoro come un raccoglimento subliminare con se stesso e con le sue conoscenze e la sua creatività. Probabilmente frutto di più performances particolarmente ben riuscite poi rivedute e rimesse insieme. Quello che ci si rivela è la sua personalità curiosa e pluriversa e la maturità del suo percorso di artigiano e forgiatore di suoni sintetici. Con "Voices" la sua indagine si sofferma sulle culture primitive, sul potenziale ipnotico del suono capace di connettere e convogliare flussi di coscienza. Solo a tratti però, nei sei movimenti del disco, viene centrato l'obiettivo di ricomporre una magia di rapimento estatico o di tratteggiare un'atmosfera oscura e realmente rivelatoria di implicazioni antropologiche dal sapore sacrale, intimistico, perturbante. Quella potenza straniante impregnata di sciamanesimo e misticismo delle origini che riesce a Mirko Santoru e ai suoi Hermetic Brotherhood of Lux Or, per voler tirare fuori un esempio concreto. In un paio di occasioni l'armonico e il melodico che Becuzzi si propone di aggirare, il metodo occidentale che rifugge per inseguire lo snodo e il dispiegamento modale, si ripresenta in forma di reiterazione ritmica che di occidentale mantiene tempi, sincronismo e regolarità. Seconda parte di Voices 1 e timbrica di sottofondo nella parte centrale di Voices 5. Però questo non toglie nulla alla piacevolezza e all'equilibrio dell'insieme che è informale e minimale, del tutto scevro da velleità autocelebrative o da appesantimenti manieristici. Voices 6 ad esempio presenta delle intuizioni rimarchevoli e anche un incedere interessante tra pieni/vuoti, microsonorità e intarsi rumoristici. Il tutto appare spontaneo, raffinato, pieno della classe e della versatilità del Becuzzi esteta e pittore, attento a usare nella sua palette tutti i colori e le loro sfumature, attento a cogliere -tra l'alternanza luci e ombre- anche la complessità del riverbero e il suo enorme potenziale trasfigurante nel filtraggio della realtà. Nota di merito anche all'artwork che lavora sul bianco e nero delle immagini di Adriano Zanni.

Voto: 7/10
Romina Baldoni

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