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9 Luglio 2020 ,

Transglobal Underground Walls Have Ears

2020 - Transglobal Underground / MCPS/ PRS
[Uscita: 15/05/2020]

Ci si approssima ai trent’anni dall’esordio discografico di “ Dream Of 100 Nations” e ne sono trascorsi ben 24 dal loro disco di maggior richiamo, “Psychic Karaoke”, eppure i Transglobal Underground sono ancora magistralmente sulla breccia. Ripristinata l’ideale line-up, col ritorno dell’ammaliante cantante di origini egiziane Natacha Atlas, il combo electro-world britannico mette in rampa di lancio l’ennesimo tassello discografico, “Walls Have Ears”. Un impasto di pulsazioni dub, staffilate elettroniche, canti arabi che sfumano in melanconiche ballate sotto cieli obnubilati da sciami di sabbia desertica, etno-dance pregna di evoluzioni come sopra superfici di puro cristallo. Già l’incipit di City In Peril è sommamente esplicativo del sound dei Nostri: ritmi dub sincopati e punteggiati dai rilievi opportuni della tromba, richiami vocali da desert-music, per un abbrivio di notevole impatto. La splendida voce di Natacha, poi, intona una superba favola di matrice araba, Ruma Jhuma, con strumenti della tradizione egiziana a far da corredo al languido scorrere delle note. Reggae ed elettronica tornano a fondersi, invece, in The People Carrier, mentre l’anima più ecumenica dei Nostri rifulge in Bloodshot Eyes, con voce maschile a far da cornice a un tema da colonna sonora di traversate sahariane. Alla leggerezza aerea di Mind The Gap, qua e là venata da inserti hip-pop, subentra il ritmo da sarabanda dance di Polo Neck, prima di lasciare il posto alla nenia elettronica di Stand Up (Nifhamou), con riferimenti sperimentali alquanto brillanti, su cui s’inserisce la voce della Atlas come proveniente da remote profondità: uno dei brani più intriganti dell’intero album. La struggente linea melodica di Chant Sans Adresse si dipana lungo il sentiero della malinconia, con la lingua francese che assume i colori pastello dei crepuscoli desertici. Return Of The Green Spider delinea trame sonore all’insegna della fusione tra suggestioni electro ed echi di derivazione blues, cui segue il raga sfumante nell’indistinto di Future Ghost, con la magnifica voce di Natacha a dominare incontrastata. A chiudere, la fragile nervatura elettronica di Way Down The River, Part.1. Un album superbamente eterogeneo negli stili e nei contenuti, dalle ricche fascinazioni sonore.

Voto: 7.5/10
Rocco Sapuppo

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