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17 Febbraio 2015 , ,

A Place To Bury Strangers TRANSFIXIATION

2015 - Dead Oceans
[Uscita: 17/02/2015]

USA  #Consigliato da Distorsioni 

 

 A Place To Bury StrangersOliver Akerman, oltreché leader degli A Place To Bury Strangers, è anche il co-titolare della ditta Death By Audio che produce e vende effettistica per chitarre per una clientela anche esclusiva, che include ad esempio The Edge degli U2, Wilco, Nine Inch Nails. E' più che probabile che qualche pedaliera il chitarrista se la sia portata in studio, dato che il muro di feedback, dopo quattro anni di vita della band, rimane la caratteristica principale del suo suono. I newyorkesi A Place To Bury Strangers debuttano nel 2007 con un disco omonimo che da subito palesa le influenze della formazione: un post-punk dalle sonorità cupe e sinistre sul quale possiamo sbizzarrirci nel trovare i riferimenti classici (Joy Division, Sisters Of Mercy, Sonic Youth) più o meno marcati, il tutto marchiato appunto da una coltre di chitarre. Croce e delizia, per gli A Place To Bury Strangers anche il debito con Jesus and Mary Chain, la band dei fratelli Reid, è destinato a riaffiorare ad ogni nuova uscita, benché già con il precedente album, "Workshop" (2012), la tavolozza sonora della formazione abbia iniziato a tingersi di colori meno cupi e opprimenti e si sia cominciato ad apprezzare un songwriting vario e di buon livello, confermato anche se non esaltato pure in questa nuova opera.

 

placeQualche ulteriore perplessità sorge, non brillando già i suddetti punti di riferimento per originalità, quando è difficile capire se certe rasoiate di sintetizzatore gli A Place To Bury Strangers le abbiano imparate, per esempio, dai 'clienti' Nine Inch Nails o se discendano direttamente dai Suicide. O se quel muro di chitarre si rifaccia alla solita Sister Ray dei Velvet Underground, e se oltre ai Jesus & Mary Chain sono stati ascoltati molto anche i My Bloody Valentine. Se il limite di operazioni di questo tipo è il più delle volte nel songwriting, va riconosciuto che le canzoni gli A Place To Bury Strangers, in più  occasioni, dimostrano di saperle scrivere. Nei due brani introduttivi la coltre di feedback è infatti (quasi) assente, essendo entrambi basati su una linea di basso martellante e soprattutto la seconda traccia, Straight (scelta anche come singolo apripista dell'album), su un efficace ed insistito riff di chitarra. Se si continua a fare il gioco dei rimandi, è facile pensare anche ai Bauhaus, e non è necessariamente un male.

 

I brani immediatamente successivi vedono innalzarsi di nuovo il muro di chitarre tipico delle loro prime uscite. Il disco scorre poi nervoso e senza cadute di tono sino al cuore del disco, We Came So Far (che sarà il secondo singolo) e a quello che a nostro avviso è il miglior brano del disco, It's Over, dove sembra di ascoltare i TV On The Radio prodotti dai Sisters Of Mercy. Pur nell'ambito di sonorità certamente non radiofoniche, si tratta di unplace1 brano più immediato e 'pop' degli altri, che in un mondo perfetto  potrebbe colpire - qualora venisse promosso efficacemente - anche gli ascoltatori non strettamente osservanti del post-punk, del gothic o del noise. Si tratta in definitiva di un buon disco che coglie una band ancora indecisa tra le opposte esigenze di cercare consensi più ampi e nel contempo non tradire le attese della propria cerchia di estimatori. 

Voto: 7.5/10
Filippo Tagliaferri

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