A Place To Bury Strangers WORSHIP
[Uscita: 26/06/2012]
# Vivamente consigliato da DISTORSIONI
Li aspettavamo al varco gli A Place To Bury Strangers, dopo “Onwards to the Wall”, il bell’EP rilasciato a inizio anno dalla Dead Oceans. Innanzitutto perché se la son sempre meritata tutta la nostra attenzione. Perché stiamo parlando di una band che è riuscita a proporsi – con appena tre album all’attivo – come uno dei simboli più credibili del rock della Grande Mela (“the Loudest Band in New York”) e come una delle punte più avanzate del rock alternativo di inizio millennio tirando fuori dai sobborghi di Brooklyn un sound nero come la pece figlio dei Joy Divison, dei Velvet Underground (quelli di “White Light, White Heat”), della saturazione noise pop di matrice shoegaze e delle scorribande soniche dei più famosi concittadini Sonic Youth. E ditemi se è poco. Eravamo in attesa anche perché volevamo verificare su full length i risultati del cambiamento di passo già intravisto sull’EP sopracitato. E allora eccoli qua, gli A Place To Bury Strangers, tornare a tre anni dall’ultimo notevole “Exploding Head” con una faccia e una verve completamente nuova, spingendo il proprio sound verso nuovi orizzonti ancora tutti da esplorare ma già egregiamente abbozzati. Nuovi orizzonti dove il suono, messa parzialmente da parte l’intransigenza noise, acquista una potenza e una dolcezza inediti, si fa più hard, meno schizofrenico e, spesso e volentieri, più pop. Un shoegaze del ventunesimo secolo, che tenta di farsi spazio tra la pioggia acida, la nebbia e il rumore per riportare al centro del discorso il formato canzone.
La band sembra aver imboccato la strada giusta per passare alla storia, calpestando senza ritegno due tradizioni, quella shoegaze e quella post-punk, e uscendone vittoriosi. I pezzi più duri non sono mai stati così duri, energici, intensi e piacevolmente pericolosi come ora. Prendete Mind Control, ad esempio, un brano bellissimo ispirato dalla decadenza dei Joy Division e dalle chitarre dei Sonic Youth. Gli APTBS hanno ancora un sacco da dare alla platea dei noise lovers, e ce lo dimostrano con le tiratissime Why I Can’t Cry Anymore e Revenge, due assalti post-punk all’arma bianca con i volumi degli ampli e dei distorsori che spiccano irrimediabilmente il volo.
I pezzi più dolci non sono mai stati così dolci. Ma è una dolcezza strana, amara, quasi lugubre. Perché sono la perdita, la depressione e la paura a fare da sfondo a questa dolce espressione artistica. La paura, quella che dà titolo, lacrime e ormoni a Fear, uno dei pezzi più riusciti del disco. La nebbia si dirada, la distorsione allenta un po’ la morsa e il pop degli Strangers esce fuori più asciutto e pulito, con il rumore a fare da semplice contorno, a coprire gli interstizi del suono e i vuoti del cuore. Prosegue il discorso Dissolved (e a questo punto bisogna dire che gli Strangers son riusciti benissimo a legare i titoli alle atmosfere dei pezzi), che si divide egregiamente tra una prima metà quasi ambient rock e una seconda metà dolcemente wave. New wave che torna a farla da padrona in And I’m Up, pezzo che sfodera una curiosa e piacevole vena 50s surf’n’roll. Chiude (idealmente) il lotto il pop psichedelico di Slide, che sembra portare l’album su lidi meno pericolosi ma ancora irrimediabilmente oscuri e dà a “Worship” l’imprinting finale di capolavoro degli A Place To Bury Strangers.
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