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24 Marzo 2025

Auge Spazi Vettoriali

2025 - Vrec Music Label / Audioglobe

Auge è il progetto d’un gruppo fiorentino formatosi sei anni fa grazie all’unione di tre musicisti, Sara Vettori, basso, già con Vowland, 4 User Only e Eva Nice Trip, Mauro Purgatorio, voce e programmazioni, ex Zogarten, RadioRahim, Loopcide e The Leeleegroovers e Matteo Montuschi alla chitarra, già con Anhima e Vowland. Il suono di questa formazione triangolare s’è rapidamente evoluto quando ha avuto a disposizione le bacchette di Riccardo Cardazzo, in precedenza con Diaframma, Bobby Tumultuos e The Leelegroovers. Un po' quello che era avvenuto ai ragazzi di Liverpool   Echo & The Bunnymen che dovevano il loro nome proprio al fatto d’avere in organico una fredda e glaciale drum machine. L’esordio sulla breve distanza, “Magnetic Domain”  se lo aggiudicò la nota Contempo Records, label in azione esattamente da 40 anni quando uscì il primo EP di Soul Hunter (Nicola Vannini). Ma torniamo agli Auge. Quel primo afflato serve soprattutto a loro per fare esperienza in studio, conoscere meglio i meccanismi della industria discografica ma soprattutto far sentire la propria voce in mezzo alla folta giungla di proposte del mercato indipendente.   In quest’ultimo contesto ben altra cosa appare il primo album adulto, “In Purgatorio” (2022), uscito per la più solida Vrec Records, che è un netto passo in avanti, con un    suono che va affinandosi, la voce potente di Mauro Purgatorio, la chitarra a tratti molto Robert Smith di Matteo Montuschi, ascoltare il brano In Auge, e la potente coppia formata da Sara Vettori e Riccardo Cardazzo che tiene botta alla grande. Presente la notevole Cadendo, uno dei loro pezzi più riusciti che ha (aveva?) le potenzialità per essere singolo di successo se non fosse per l’indifferenza che regna sovrana di fronte a simili proposte. Il gruppo dimostra d’aver buon gusto con una complessa cover dell’Anima Latina battistiana. Il suono dei fiorentini si riallaccia a certa new wave degli eighties, chiamato anche post punk, caratterizzato da una ben marcata sezione ritmica (ricordate i suoni poderosi del basso Yamaha di Peter Hook ?) oltre a  essere caratterizzato dall’uso della lingua italiana, vero punto fermo e incrollabile nel Dna di Auge. Proprio Firenze nei celebri anni ottanta vide il fiorire d’un folto numero di formazioni, sulla scia di Diaframma e Litfiba e che facevano capo e sosta al negozio di Contempo, la vera mecca del disco. La stessa Firenze se da una parte ha contribuito a lanciare molte band allo stesso tempo s’è chiusa in sé stessa senza allacciare rapporti, con la vicina Bologna per dire, lasciando sanguinare lentamente il genere new wave fino alla sua estinzione. Auge con la canzone chiamata proprio Firenze, ricorda con profondo rammarico come le cose sarebbero potute evolvere in maniera differente mentre il capoluogo toscano era perso a specchiarsi dentro di sé senza curarsi delle conseguenze. “Firenze it’s not UK”. Il pezzo è stato il primo singolo del secondo album degli Auge “Spazi Vettoriali”, un ulteriore passo in avanti per la (teorica) consacrazione quantomeno nazionale anche se la concorrenza in tempi di Spotify e Bandcamp è tanta. Il disco, che si avvale della produzione di Flavio Ferri e rappresenta il secondo capitolo d’una trilogia che vedrà il suo epitaffio negli anni avvenire, per darvi due coordinate fra il primo capitolo e il nuovo album sono trascorsi tre anni. “Spazi Vettoriali” s’apre in maniera sinistra con Icaro, la voce di Mauro fa presto capolino, significativa la frase “il vento caldo scioglie le nostre ali” che sembrano una eredità di Piero Pelù e dei Litfiba. Lei ha dalla sua un videoclip molto bello e un accattivante refrain, si parla della donna e della difficoltà del vivere quotidiano. È stata la seconda traccia a fare da apripista all’album vero e proprio. Mauro Purgatorio ha decise e facilmente riscontrabili attinenze vocali col grande e indimenticabile Paolo Benvegnù, cosa che in questo ambito va presa sicuramente come un complimento più che una semplice deriva. Scorrono altre brillanti tracce, Maestrale, Gravità e La Teoria, molto scarna e rallentata “citando Flaubert mi tengo l’idea che non è importante scrivere una canzone ma perdersi in essa per poi ritrovarsi” declama Mauro. Perdersi è canzone sognante che ci conduce alla ispirata conclusione chiamata Universi, la traccia più lunga del disco e dell’intera produzione targata Auge. La traccia è ben strutturata, ha dalla sua un bel crescendo vocale, tenebroso come certe cose che giravano 40 anni fa, segue un bel break chitarristico e mai sopra le righe di Matteo per sfociare in un finale che resta come sospeso nell’aria. In tempi di nuovo proposte chiamate album pur essendo brevissime, nonostante la grande capienza offerta dal cd, “Spazi Vettoriali” ha dalla sua un corposo minutaggio di 40 minuti (per dieci tracce totali) dovuto anche alla durata dei pezzi mai troppo brevi, Ma del resto sappiamo che gli Auge non suonano punk. Con “Spazi Vettoriali” i fiorentini hanno fatto la voce grossa,  facendo capire che nel calderone musicale italiano, che molti continuano a chiamare indie rock, ci stanno comodi pure loro. L’album della maturità della band ma forse il meglio per Auge deve ancora arrivare, una fervida speranza oltre che un chiaro gesto di stima.

Voto: 8/10
Ricky Martillos

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