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10 Aprile 2025

Intervista Ai PINHDAR


La musica dei PINHDAR è un'affascinante mescolanza di post-punk e dark-electro, con testi particolarmente attuali e sensibili a descrivere gli sconvolgimenti anche interiori di chi cerca il proprio posto in un mondo che procede in direzione contraria alla bellezza. Con Cecilia Miradoli e Max Tarenzi  abbiamo scambiato alcune riflessioni sul loro metodo di lavoro e sul rapporto di un musicista con le nuove tecnologie che costituiscono opportunità ancora da sondare appieno.

Sin dal primo album “Parallel” del 2021 si avverte nella vostra musica una particolare cura dei dettagli che hanno un loro senso preciso ed un proprio equilibrio nella resa complessiva e nel trattamento dei suoni. Rispetto al vostro esordio nel tempo, pensate che sia cambiato il metodo di approcciarvi all’aspetto compositivo dei brani, ovviamente con riferimento all'ultimo “A Sparkle On The Dark Water”?

Cecilia e Max: Grazie davvero, innanzitutto perché crediamo che proprio la cura per i dettagli  rappresenti l'essenza del nostro approccio alla musica. “Parallel” è stato l'inizio di un percorso che ancora stiamo seguendo. È stata una sorta di fase iniziale in cui abbiamo messo le basi per un un metodo compositivo ed un mood ancora in evoluzione. Quel primo disco ha inevitabilmente risentito del periodo di lockdown durante il quale è stato prodotto e che ci ha imposto una distanza nella collaborazione con Howie B. Invece, con “A Sparkle On The Dark Water”, senza più freni dall'esterno, ci siamo concentrati unicamente sul forzare i nostri limiti e, come hai avvertito anche tu, abbiamo arricchito di dettagli la produzione stratificandola. Cerchiamo di ottenere diversi livelli con l'obiettivo di dare da una parte un senso di immediatezza e dall'altro la possibilità di scoprire nuovi aspetti e sfaccettature ad ogni ascolto. Anche i giorni di registrazione a Bath e Bristol con Bruno Ellingham per ultimare il tutto hanno avuto un ruolo importante per fare maturare nostro suono.

Percepisco una grande contemporaneità nei vostri testi che interiorizzano l’attualità nel loro racconto di relazioni, del dualismo interiore ma anche della Natura e dei luoghi in cui sentirsi al sicuro. Quanta parte della vostra vita, delle esperienze e del modo di guardare alle cose c’è nella musica dei PINHDAR?

Cecilia: Credo che uno sguardo personale sia imprescindibile, più che esperienze autobiografiche si tratta proprio di quelle urgenze che affiorano anche grazie ai sentimenti suscitati dalla musica. Quando scrivo i testi cerco di portare alla luce i temi che più mi stanno a cuore soprattutto il destino del nostro Pianeta, dei suoi abitanti umani e non, il dualismo di cui è fatto l’essere umano capace di gesta feroci ma anche di lampi di genio e atti meravigliosi. L’ultimo album “A Sparkle On The Dark Water” è incentrato proprio sulla ricerca di questa luce che brilla e deve brillare sulle acque scure dell’umanità, mai come ora necessaria e tristemente attuale.

La velocità della vita e con essa il versante iper-tecnologico è venduta come un prodotto da acquistare ad ogni costo, da implementare nelle esistenze e nei gesti quotidiani, così come l’Intelligenza Artificiale e la comunicazione impersonale con qualcosa che non esiste. In questo senso, la musica dei PINHDAR ha un’attitudine che sembra andare in controtendenza, ovvero l’attenzione nei confronti della propria Arte nell’artigianalità e nella coerenza verso se stessi. Vi ritrovate in questa definizione?

Cecilia e Max: Si, totalmente. Per noi l’aspetto creativo non può passare attraverso escamotage come, ad esempio, l’Intelligenza Artificiale che è peraltro utilissima in molti altri aspetti della vita. Abbiamo cercato di essere autonomi nella produzione della nostra musica dove la tecnologia è funzionale al risultato che vogliamo raggiungere. L’uso che facciamo dell’elettronica va in questa direzione: un ingrediente importante, una nostra rivisitazione personale non piegata alle mode del momento. Cerchiamo un risultato a volte anche maniacalmente attento ai dettagli ma con la pretesa di essere fuori dal tempo e che ci emozioni, sperando che abbia lo stesso effetto su chi ascolta.

Ricollegandomi alla artigianalità del lavoro di musicista e alla produzione, cosa ne pensate del dato secondo cui purtroppo la musica in genere non sia più centrale nella vita dei giovani e che a ciò corrisponda una fruizione scomposta e frammentata? Non trovate che tutto questo abbia portato ad una massificazione dei gusti e alla perdita di valore del tempo come strumento per un ascolto approfondito?

Cecilia e Max: Di sicuro l’industria musicale è cambiata in modo brutale col proliferare delle piattaforme musicali e del cosiddetto processo di democratizzazione che rende accessibile la distribuzione della propria musica a chiunque. Questo vuol dire tantissima offerta, magari non sempre di qualità ed è vero che chi è più giovane sia più incline ad un ascolto estemporaneo, data la velocità dei supporti e dei mezzi per la fruizione attuali. Il lato positivo però è che chi ha un proprio gusto, e cerca con attenzione di scoprire nuove cose che gli corrispondano, ha tutti gli strumenti per farlo e anche per sostenere gli artisti che scopre.

I vostri live sono caratterizzati da una grande empatia con il pubblico, nel senso che ricercate una sorta di vicinanza in una dinamica di simbiosi e di energie. Forse è questo il segnale che c’è ancora una forma di resistenza al declino della modernità?

Cecilia e Max: Qualcuno ha definito il nostro live come liturgico Non so se sia esattamente così ma rende l’idea di uno scambio di energie e di emozioni quasi spirituale. Cerchiamo un contatto emozionale tra di noi sul palco e lo rimandiamo al pubblico, la musica ci porta via e in questo viaggio ci piace pensare che chi è presente si immerga fino all’ultima nota lasciandosi trasportare davvero in mondi paralleli Quando si crea questa alchimia è magico. Non so se sia una forma di resistenza alla modernità, credo sia un’emozione e un modo di vivere la musica che non ha tempo. Sicuramente per noi è l’unico possibile.

Se di resistenza alle playlist parliamo, ci dite quali sono i dischi che definireste fondamentali per la vostra storia personale e come band?

Cecilia e Max: I nostri ascolti personali sono imprescindibili da quelli della band, forse perché siamo solo in due e suoniamo insieme su vari progetti da tanto tempo. “Third” dei Portishead, “100th Window” di Massive Attack (un po’ sottovalutato da molti), “Hounds Of Love” di Kate Bush, “The Night” dei Morphine, “Disintegration" dei Cure, “Ok Computer” dei Radiohead e “Doppelganger” dei Curve. La lista sarebbe lunghissima ma questi senza dubbio risaltano.

Quali sono i vostri prossimi progetti? Ci potete dare delle anticipazioni?

Cecilia e Max: Stiamo lavorando a nuovi brani. È presto per parlare di album ma il processo creativo è avviato. Ovviamente andrà di pari passo con il tour di “A Sparkle On The Dark Water” che continuerà fino a dopo l’estate. Anzi, invito a seguire le nostre pagine social perché sui live ci saranno belle novità.

Giuseppe Rapisarda
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