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6 Luglio 2021 , ,

DECA Lucifero Alchemico

2021 - Atom Institute
[Uscita: 19/02/2021]

In principio fu il Magnum Opus, la sua ricerca, il Fine aureo. La combinazione alchemica che contempla l’esito trigemino, il triplice cimento, il passaggio sublime: Nigredo, il sale primordiale che incatena alla terra, l’elemento imprigionante, significato dal colore nero, dall’immagine del corvo, divoratore della materia impura; Albedo, il mercurio inafferrabile, liquidità terrestre ancora, principio femminile, grembo accogliente istanze di liberazione, significato dal bianco piumaggio del cigno; in ultimo, Rubedo, il fiammeggiare dello zolfo, lingue rossastre che involgono il cuore e ne fanno fucina, sublimazione di tutto ciò che fu legato al mondo sublunare e ora assurge all’essenza aeriforme, suprema sintesi e pleroma significato dalla Fenice che arde e risorge dalle sue ceneri mistiche. I pilastri della trasmutazione alchemica, non già alla ricerca materialistica dell’oro ma peculiare cammino di perfezione spirituale. In questo contesto, nel quale appaiono gli spettri di Paracelso, Cagliostro, Saint Germain, Fulcanelli, si situa l’opera di DECA, al secolo Federico De Caroli, “Lucifero Alchemico”. Lucifero a far da contraltare, angelo portatore di luce secondo etimologia, ribelle per scelta e per indole, caduto sì ma incubatore di antichi retaggi sapienziali. DECA è artista proteiforme, sui generis, antesignano di musiche aliene, corriere cosmico e innovatore delle sonorità elettroniche dai primi anni ‘80. Tessitore di trame spinoziane, con opere quali “Claustrophobia”, “Simbionte” “Automa Ashes”, “Onirodrome Apocalypse”, solo per citarne alcune; autore di lavori per la Rai, e tuttavia personaggio schivo, defilato, tutto compreso della sua arte. In questo suo ultimo lavoro, il formidabile artista savonese si cimenta con la materia alchemica del suono, alla ricerca delle sorgenti auree, della tentazione della purezza dal particolare punto di vista di Lucifero. Le trame sonore sono consequenziali a questa concezione dell’obiettivo del Magnum Opus, della pietra occulta dei filosofi. Quattro episodi della durata di undici minuti ciascuno, a partire da Vorago Deboniana, la voragine oscura in cui si agitano lemuri simili a incubi notturni, in cui confluiscono suoni elettronici, sussurri lovecraftiani, voci provenienti da un innominabile altrove, con atmosfere degne di pellicole draculiane degli anni d’oro. Proseguendo per il successivo gradino verso la liberazione, Solve Roticruent, l’istante nel quale il sale primevo trascolora verso il candore del cigno, ebbro di suoni ambient che prefigurano la scalata al di là dell’abisso dell’origine, con continui cambiamenti di ritmo, dal rumorismo industriale ad accattivanti linee electro-progressive. Il clima prettamente ambient dell’esordio di Phosphorea Feromurd cede subito il passo a suggestioni ‘siderurgiche’, da officina alchemica, come se in immensi crogiuoli alimentati da fiamme inestinguibili avvenisse la trasmutazione del vile metallo in materia aurata. Sonorità sperimentali allo stato puro, lungi da ogni compromesso, solo ricerca dell’assoluto in musica. Gemiti elettronici dalla fine del mondo, a compimento del superamento delle barriere umane, risaltano nella traccia finale, eponima, Lucifero Alchemico, colonna sonora dell’irrappresentabile, dell’indicibile, il cui alone sulfureo si stempera, depurato degli effluvi mefitici, in una nuova configurazione dell’aurora, in rosso-sangue. Capolavoro.

Voto: 8/10
Rocco Sapuppo (Direttore Editoriale)

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