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23 Giugno 2014 ,

Deca Il Maestro della sperimentazione elettronica in Italia


deca anorexia14Sono in molti, oggi, a pensare che se Deca anziché nascere a Savona avesse trovato i propri natali in una Berlino o una Manchester oggi sarebbe osannato al pari di tanti maestri dell’elettronica riconosciuti su scala internazionale, a livello di un Klaus Schulze o di un Thomas Dolby, di un Florian Schneider o di un Chris Carter. Ma si sa, la nostra nazione è sempre stata ingrata nei confronti delle proprie menti più ispirate, soprattutto quando esse si spingono su territori molto d’avanguardia; e nella piccola provincia italiana la situazione è, se possibile, ancora più accentuata. Federico De Caroli (questo il suo vero nome), nasce, come abbiamo già detto, a Savona nel 1964. Negli anni del liceo scientifico, così come avviene a molti giovani, affianca i primi tipici esperimenti adolescenziali con le bands locali ai propri studi pianistici di conservatorio. Ma ben presto scopre che la dimensione del gruppo rock gli va stretta: è affascinato sempre di più dalle sonorità elettroniche e dalle immense potenzialità dei sintetizzatori, la maestosità timbrica di Vangelis e il minimalismo essenziale dei Kraftwerk, le policromie sonore di Jean-Michel Jarre e le suites ad ampio respiro dei Tangerine Dream. De Caroli decide così di iniziare a condurre un lavoro solitario, che lo porterà, attorno alla metà degli anni ’80, alle sue prime produzioni.

 

Potremmo quindi dire che in questi giorni ricorre il trentennale di carriera di Deca, se contiamo come carriera le pubblicazioni vere e proprie, ma in realtà il suo percorsoDeca keys 07 artistico, di ricerca e di sperimentazione, era iniziato ben più in giovane età. Oggi ricostruire un’Opera Omnia di Deca è praticamente impossibile, se in essa vogliamo comprendere anche le musiche per balletto e quelle per il teatro, le colonne sonore dei cortometraggi e quelle dei documentari, la musica antica e i lavori per solo pianoforte. Per non parlare di tutte le numerose collaborazioni. A proposito di collaborazioni, citiamo solo la più recente in ordine di tempo, quella con la misteriosa progressive-rock band I Guardiani dell’Abisso, musicisti dei quali non sono pubblicamente rivelate le reali identità, per i quali Deca ha composto una splendida partitura organistica di intenso sapore “orrorifico” da loro usata nel brano Alluminium, sul loro EP di esordio del 2012. In compenso, una bella “discografia ragionata”, come si suol dire in deca anorexia9questi casi, cioè strettamente pertinente agli album di Deca concepiti secondo un concetto di opera a sé stante, ci è stata gentilmente fornita dallo stesso autore e fedelmente la riportiamo qui di seguito. In occasione di questo articolo concepito per ricostruire 30 anni di percorso artistico, abbiamo contattato direttamente Deca, approfittando della sua squisita disponibilità. Da questa intervista emerge il ritratto di un musicista profondo e riflessivo, mai superficiale nel descrivere i suoi percorsi musicali e la genesi delle sue opere.

 

L’INTERVISTA

 

Alberto Sgarlato (Distorsioni) - Negli anni il tuo sound ha avuto diverse evoluzioni: dall’elettronica robusta e industriale dei primi lavori sembra che tu abbia cercato una rarefazione sempre più estrema del suono, fino ad arrivare a un lavoro come “Automa Ashes” che raggiunge vette di impalpabilità e di onirismo eccelse. A che cosa è dovuto questo percorso “per sottrazione”?

DECA - In verità i miei primissimi lavori si rifacevano ad una tradizione musicale molto vicina ai miei punti di riferimento di gioventù, ad artisti come Jarre e Vangelis, ma anche Pink Floyd e Tangerine Dream, nonchè Kraftwerk. Tutti personaggi che dell'elettronica avevano saputo fare un ingrediente basilare in generi anche non propriamente elettronici. La mia era una musica tra il cosmico e il classicheggiante che non aveva un'identità personale precisa e che trovò poi un sua cifra stilistica a partire dal terzo album, ovveroDigital Aracnis 004 "Claustrophobia", nel 1989. Fu da lì che sonorità ed atmosfere iniziarono a stratificarsi e a diventare uno specchio del vissuto interiore. Acquisita una certa padronanza della tecnologia per creare suoni ex-novo, cominciai a sperimentare ad ampio spettro. E questo è stato un lungo percorso di libertà creativa che, assecondando i miei umori e le mie sinergie culturali ed artistiche, mi ha portato ad attraversare vari generi più o meno di nicchia. La musica è andata di pari passo con la visione delle cose e il mio sound, ad oggi, rispecchia via via questa evoluzione.

 

 

Esistono poi alcuni tuoi lavori che esulano in modo drastico dalle atmosfere che ti sono abitualmente associate, come le improvvisazioni per solo pianoforte che hanno quasi un sapore a metà strada tra i Notturni di Debussy e il minimalismo di Wim Mertens, o il progetto Stalagmos, con il quale ti avvicini alla musica antica e ad atmosfere medievali, ma anche a gruppi come i Dead Can Dance. Come sono nati questi lavori e dove sono reperibili? Prevedi di riprendere in mano qualcosa di simile, prima o poi?

E' appunto potendosi permettere di spaziare a sperimentare che le nicchie più disparate vengono avvicinate e approfondite, a volte con risultati soddisfacenti e duraturi, a volte in modo occasionale. Devo sottolineare che alcune produzioni piuttosto distanti dal mio filone predominante sono legate a progetti non propriamente discografici: mi riferisco a musiche composte per spettacoli teatrali, per balletti o per film e documentari. In questi contesti è inevitabile misurarsi con sonorità e retaggi culturali anche piuttosto alternativi ai propri standard. Mi è capitato di comporre musica da camera, jazz, fughe per organo!... La reperibilità di molte di queste registrazioni resta comunque complicata, benché io conservi nel mio archivio praticamente tutto; il punto è che tanto materiale è stato utilizzato in una specifica occasione senza però essere pubblicato in forma ufficiale. Sul web ogni tanto spunta qualcosa.

 

 

deca Aracnis tktUna domanda che ti avevo già fatto in tempi recenti, ma che riguarda un argomento che mi affascina profondamente: il tuo lavoro svolto in passato nel campo delle colonne sonore, dai documentari ai cortometraggi. Ce ne vuoi parlare? Si tratta di un’attività che prevedi di riprendere?

Come ti accennavo, per l'appunto, la realizzazione di musiche per il cinema e la televisione è stato uno di quei contesti in cui ho potuto avere approcci differenti con la composizione. In parte ho potuto seguire il mio percorso ufficiale, perché il progetto era consono a quel tipo di atmosfere. Ma più spesso mi sono confrontato con moduli creativi certamente vicini alla mia sensibilità, ma difficili da gestire sul piano strettamente produttivo. Dunque, è facile che brani più "oscuri" e sperimentali abbiano trovato una perfetta collocazione anche in televisione o nel cinema indipendente; ma in molte situazioni mi è stato chiesto qualcosa di  molto distante dalla dimensione elettronica tout-court, con l'uso di suoni acustici e una scrittura avulsa dal mio solito solco. E comunque nel contesto cinematografico non si può prescindere dall'interazione tra il visuale e il sonoro, che è un magma alchemico estremamente difficile da equilibrare e calibrare. Forse per questo i registi non sono mai pienamente soddisfatti.

 

 

Oltre le colonne sonore, l’abbinamento musica/immagine ritorna sovente nei tuoi lavori, sia su disco, dove una grafica ricercata e affascinante ricopre sempre una grande importanza, sia dal vivo, dove non si assiste mai a dei semplici concerti ma a veri e propri show multimediali. A proposito dei concerti: quanto lavoro c’è dietro una live performance di Deca, in termini di scelta del materiale video, montaggio, sincronizzazione con la musica?

L'aspetto visuale è andato crescendo e assumendo un peso sempre più rilevante nei miei spettacoli. Ricordo che per i concerti del 2007 avevo impegnato un numero di giornate spropositato per preparare e montare i video da proiettare sul palco. Curo all'eccesso la sincronia suono-immagine e la ritengo un elemento fondamentale per la buona fruizione dello show. La mia è una musica di immersione, una musica d'ascolto che dal vivo deve restituire allo spettatore qualcosa di sensoriale, accompagnandolo nel mio universo onirico con delle tracce che non siano solo auditive. Poi considera che quasi tutti i miei progetti nascono da un concept preciso, che può essere un racconto o un romanzo, dunque non si limitano ad essere musica e basta. Perderebbero tutto un substrato di fascinazione emotiva e visionaria che è parte integrante di ogni singolo progetto.

 

 

decaSempre per restare in argomento live: le tue esibizioni negli anni recenti si sono gradualmente rarefatte. Pensi che oggi sia un periodo difficile per portare sui palchi una proposta musicale d’avanguardia o, in generale, con una forte componente sperimentale?

Per fortuna esistono ancora degli spazi dove poter proporre generi musicali realmente alternativi; più all'estero che nel nostro Paese e in genere legati a rassegne o festival dedicati. Ma le problematiche legate alla musica dal vivo sono comunque di carattere generale e certo non riguardano solo artisti come il sottoscritto. In Italia, soprattutto, c'è una carenza di gestione delle risorse e una scarsa comprensione del peso che l'arte ha sul tessuto socio-economico, per cui il 90% della gente che fa musica viene automaticamente considerata amatoriale, anche laddove c'è uno spessore culturale enorme. La musica è intrattenimento e basta, ha poche priorità e pochi privilegi, fatto salvo alcune lobbies istituzionalizzate. Il rarefarsi delle mie esibizioni è certo dovuto in parte a questa ragione, ma anche ad una scelta personale che privilegia il livello qualitativo e la cornice di ogni singolo evento. Certo i miei show non sono adeguati ai grandi spazi aperti, ad esempio.

 

 

Una domanda “per addetti ai lavori” che, da appassionato di sonorità elettroniche, non posso davvero esimermi dal farti: il tuo set si è trasformato, negli ultimi 20 anni, quasi in una “Storia d’Amore” con uno strumento d’elezione, il sintetizzatore Roland D20, che infatti compare anche in foto nel booklet del tuo album “Automa Ashes”. Quali elementi ti hanno fatto stringere un rapporto così solido con questa tastiera e come ti approcci ad essa?

deca (1)Il Roland D20 è una "modesta" workstation nata alla fine degli anni '80, le cui potenzialità - come quelle di moltissimi altri synth - sono state sottovalutate per una tradizionale "pigrizia" dei musicisti e anche per uno strabordante eccesso di produzioni tecnologiche sul mercato. Molti professionisti del settore si stupiscono dei suoni che sono riuscito a tirar fuori dal D20, tastiera con cui ho realizzato interi album e prodotto musica utilizzata dalla RAI, giusto per citare un contesto di riferimento non certo minore. Io sono sempre stato convinto della possibilità di creare cose nuove e personalizzate ingegnandosi a fondo e senza avere pregiudizi sui limiti degli strumenti che usi. Per cui col tempo non ho sentito la necessità di accumulare o cambiare continuamente strumentazione, benchè in studio abbia utilizzato anche altri synth. Il D20 è stato in grado di fare cose mirabolanti. Inoltre anche nel mondo della musica elettronica è possibile consolidare un proprio marchio di fabbrica, perché ogni tecnologia ha comunque delle sue caratteristiche che unitamente allo stile del compositore rendono riconoscibile un certo sound. I puristi del suono acustico - specialmente i chitarristi - inorridiscono davanti a queste affermazioni. Ma è anche grazie ad uno strumento come il D20, nel mio caso specifico, che molti dei miei pezzi sono permeati di un alone inconfondibile. Anche i sintetizzatori hanno un'anima, insomma, perché sei tu a dargliela.

 

 

federico_De_Caroli decaPare che alcuni tuoi album stiano raggiungendo quotazioni considerevoli tra i collezionisti: che sensazione ti dà questa cosa? Ti senti lusingato al pensiero che le tue opere vengano riscoperte e rivalutate, ti infastidisce o ti lascia indifferente?

Come rilevo spesso, questo fatto ha un suo lato lusinghiero e un altro meno confortante. Lusinghiero perché sarebbe ipocrita non sentirsi appagati e ripagati di tanti sforzi e di tanta coerenza nel compiere un percorso artistico. Per contro, penso che quando arrivi ad essere oggetto di collezionismo significa che ti sei lasciato alle spalle un congruo numero di anni! Retrospettive e pezzi rari in genere fanno parte del curriculum di chi è sulla scena da oltre un ventennio. Consolidano un tuo successo personale e nel contempo ti dicono che stai invecchiando. In ogni caso constatare che i tuoi primi vinili arrivano a quotazioni superiori ai 200 euro a pezzo è un bel brivido. Tocchi con mano qualcosa che, per l'appunto, è impensabile quando sei agli esordi e che non tutti hanno la fortuna di toccare.

 

 

Veniamo ora alla tua attuale collaborazione con un’etichetta prestigiosa come Rai Trade. Come è nato il contatto?

La mia collaborazione con la RAI la devo al mio editore storico Beppe Aleo e alla sua etichetta Videoradio,  che da anni hanno una strettissima sinergia con RAI Trade e mi hanno consentito di entrare a far parte della cosiddetta library musicale dell'emittente nazionale. La collaborazione è stata coronata dalla pubblicazione del cd "Automa Ashes" nel 2010, dopo che avevo già partecipato a progetti collettivi per RAI Trade. Contrariamente a quello che si può pensare, l'ambito RAI è tra i più aperti e progressisti in fatto di correnti culturali e artistiche. Ti basti pensare che hanno apposto il loro logo su un'opera musicale di nicchia che molte label (presunte) indipendenti avevano giudicato troppo ostico.

 

 

deca-1E non si può non concludere con i progetti attualmente in corso e quelli futuri. A che cosa stai lavorando?

Il 2014 segna per me il fatidico giro di boa del mezzo secolo, che più che un giro di boa io lo vedo come il vero punto di non ritorno. Sono cabalistico, in queste cose. Il nuovo album in studio ufficiale sarà il decimo, per cui era imperativo che progettassi di realizzarlo e pubblicarlo proprio quest'anno. Di fatto sono nella fase del mixaggio proprio in questi giorni e una volta definiti gli aspetti accessori del progetto, conto che per l'autunno prossimo sarà in distribuzione. Inoltre sto mettendo a frutto alcune collaborazioni con altri artisti di varie discipline, che ovviamente cerco di seguire in modo non dispersivo perché meritano grande cura. E a proposito di pezzi da collezione, quasi sicuramente verrà messa in cantiere in Australia la ristampa su vinile del mio secondo album Synthetic Lips, del 1987, con una speciale veste grafica. Da lungo tempo mi chiedono di concretizzare questo tipo di progetto e finalmente siamo arrivati al sodo.

 

Alberto Sgarlato

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