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16 Ottobre 2019 , ,

Twin Peaks Lookout Low

2019 - Communion Records
[Uscita: 13/09/2019]

Quei bravi ragazzi di Chicago, i guasconi dell’indie rock americano, the dudes, come amano definirli i fan, sono forse uno dei prodotti più facili dell’industria discografica indipendente degli ultimi anni. Prendete il nome di una serie tv cult, rimandi nostalgici ad età auree ormai sepolte dal peso del tempo, estetica slacker, attitudine sonora lo-fi, quelle etichette che si affibbiano un po’ casualmente, come indie pop, garage rock, folk rock, ecc., canzoni facili ma un minimo velleitarie, qualche guaio con l’autorità costituita grazie al (moderato) uso di marijuana et similia ed ecco i Twin Peaks. Considerando questo retroterra di perbenismo e contenute follie “rock”, chi non si sarebbe aspettato la svolta stonesiana dello scorso “Down in Heaven” (2016)? Al quarto disco in carriera, il quintetto ha già fatto propria la missione di riportare in auge il vessillo classic rock nel panorama indipendente statunitense e “Lookout Low” non tradisce le aspettative. I Twin Peaks chiamano in causa gli Stones di “Exile On Main Street”, i Grateful Dead di “Workingman’s Dead”, con un pizzico dei Byrds di “Eight Miles High” e sfumature soul/southern/country all’occorrenza. Tuttavia l’attacco del raga-pop dell’iniziale Casey’s Groove mette in mostra le migliorI armi a disposizione e colpisce nel segno: riff che si intrecciano, melodia ariosa che tenta di toccare il cielo azzurro con un dito; la pur grezza Dance Through It risulta un caldo soul-rock efficace nella sua ripetitività, così come Laid In Gold e Lookout Low omaggiano con dignità Dylan, Jagger e Springsteen. La lamentosa Better Than Stoned è l'occasione giusta per  leccarsi le ferite tra spirali d’organo e stacchi di fiati e segue sullo stesso filone Ferry Song. La delicata stonatura di Under A Smile e l’incedere lisergico di Oh Mama fanno rimpiangere la Allman Brothers Band, mentre Sunken II non aggiunge molto a quanto detto prima. Unfamiliar Sun, giro country rock a metà altezza dell’album, annoia al secondo arpeggio di chitarra. Siamo dalle parti del Bob Dylan più spaesato, quello di “New Morning” e del filone di interpreti della tradizione americana del nuovo millennio: alla mente balzano soprattutto due dischi dei The Men, “New Moon” (2013) e “Tomorrow’s Hits” (2014), ma anche formazioni più carbonare come gli Howlin’ Rain del redivivo Ethan Miller. I Twin Peaks non illudono, suonando in maniera onesta e con bonaria sincerità. In fondo, sono dei bravi ragazzi. Questo sembra riuscire a salvarli sempre.

Voto: 6/10
Ruben Gavilli

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