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25 Giugno 2020

Brigid Mae Power Head Above The Water

2020 - Fire Records
[Uscita: 05/06/2020]

Proviamo una certa soddisfazione e godimento quando, discorrendo di dischi magnifici, ci accorgiamo che non provengono dalle solite Inghilterra e Stati Uniti. Sì perché la bravissima Brigid Mae Power rivendica la sua origine irlandese, di Galway per la precisione, questo “Head Above The Water” è il terzo capitolo di una discografia immacolata, visto il livello dei precedenti lavori, l’esordio omonimo del 2005 e il secondo splendido “The Two Worlds” di due anni fa. In mezzo ci sta pure un mini album “The Ones You Keep Close” sul medesimo livello. E’ una perfetta sconosciuta o quasi dalle nostre parti, destino crudele che la accomuna a un’altra eccelsa connazionale come Pauline Scanlon che in pochi ricordano per i suoi tre 'solo' album e nel duo Lumiere con Éilís Kennedy. Non possiede il physique du rôle o il fascino magnetico che appartiene ad altre nobili interpreti femminili di questo millennio, Weyes Blood, Aldous Harding o la stessa Sharon Van Etten ma questo poco importa se dall’altra parte c’è una facilità compositiva da matura songwriter. Brigid Mae Power fa parte di quelle artiste che hanno deciso di legare la propria vicenda sentimentale e artistica a un altro musicista, in questo caso Peter Broderick, polistrumentista del Maine, già autore di diversi album sul filo della sperimentazione. E’ proprio lui insieme alla moglie e al bravo musicista folk scozzese Alisdair Roberts, pure lui con un disco in uscita a giugno, a produrre le dieci tracce presenti in questo“Head Above The Water”, da considerare il terzo grande disco al femminile del 2020 al pari di altri due celebrati album come quello di Laura Marling e del (troppo) discusso capolavoro di Fiona Apple. Già l’immagine di copertina colpisce l’immaginazione ma è soprattutto l’ascolto del disco che fa sì che si venga catapultati all’indietro di 50 anni, sembra infatti di avere per le mani una preziosa ristampa di un vinile dei Seventies. Quelle eroine che nei Settanta erano perfette sconosciute e portavano i nomi di Bridget St.John, Vashti Bunyan, Linda Perhacs, e che solo nell’era digitale hanno conosciuto una meritata rivalutazione. Ma Brigid Mae Power rappresenta il presente e non vorremmo che pure lei cadesse nel limbo, che venisse messa da parte dopo frettolosi ascolti senza avere la giusta attenzione e considerazione. Perché l’irlandese è una che merita, tanto, basta appoggiare la puntina sui primi solchi del disco per rendersi conto della magia che sgorga da queste suadenti composizioni. Forse il solito aggettivo psych-folk appare un po' forzato relativamente a quello che si ascolta ma le coordinate non sono poi così distanti, la voce molto spesso lamentosa di Brigid la fa da padrone, spesso usata come strumento aggiuntivo, i ritmi sono tenuti volutamente bassi, rallentati, azzardiamo il termine slowcore, giusto per valorizzare i preziosi arrangiamenti. Il disco, uscito stavolta per la Fire Records, è stato registrato in soli tre giorni in quel di Glasgow usando una strumentazione che include strumenti tradizionali come il violino, il bodhran e il bouzouki ma pure il synth e qualche chitarra elettrica, quasi a ricordare che si tratta di un album del 2020. La bella cover dell’evergreen The Blacksmith sembra più un modo di riallacciare il disco a certe gemme del passato, visto che è un traditional che hanno riletto praticamente tutti. Riguardo alle restanti tracce nessuna svetta in particolare, l’apertura di On The City Night ci introduce al mondo etereo e sognante di Brigid, quella voce sussurrata sembra un soffio di vento sui prati d’Irlanda, difficile resistere, al pari di Wedding Of A Friend e delle due tracce più intrise di soft psIchedelia, le superbe I Was Named After You e We Weren’t Sure, quelle che ricordano più da vicino il sound delle songwriters di mezzo secolo addietro. Brigid Mae Power più che una conferma è una sicurezza. Ne sentiremo ancora parlare negli anni a venire, intanto segnatevi il suo nome.

 

Voto: 8/10
Ricardo Martillos

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