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8 Ottobre 2019

Tool Fear Inoculum

2019 - Sony Music
[Uscita: 30/08/2019]

Il numero tredici si iscrive su un terreno di esoterismo cabalistico. E’ stato lo psichiatra americano Isador Coriat a coniare il termine triscaidecafobia proprio per definire la paura specifica del numero tredici e di quell’inconscio apparato irrazionale dietro cui si nascondono nebulose credenze mistico-religiose. La storia dei Tool è stata permeata concettualmente da una forte valenza esoterica che si ritrova nella densità di una musica avvinta da un ricercato simbolismo quasi rituale ed insondabile. In quest’ottica ci piace pensare come non sia casuale che il nuovo “Fear Inoculum” sia stato rilasciato esattamente tredici anni dopo “10.000 Days” e che la misura di questa cesura temporale sia gravida di un senso ieratico. Dall’ascolto del nuovo album si percepisce come lo spazio di tutti questi anni rappresenti più la fine di un ciclo che non un nuovo inizio.

La musica che sviluppa lungo gli oltre ottanta minuti è come la rappresentazione del buco nero dell’antimateria, la forza di una gravità oscura che attira tutto a sé per obliterare la sostanza, rappresentando allo stesso tempo l’essenza del presente e la sintesi di vite precedenti. L’album ha una struttura molto complessa e necessita di svariati passaggi per consentire di appropriarsi appieno delle sfumature che costituiscono l’universo di un prodotto artistico dall’esperienza totalizzante. La scrittura dei brani segue un tracciato quasi metafisico nel delineare geometrie armoniche e ritmiche quasi impossibili da concepire, come se fossero coordinate cartesiane inscritte su un piano infinito. La produzione è stata affidata a Joe Barresi, così come il precedente “10.000 Days”, elemento che determina una certa continuità, mentre il mastering è stato curato da Bob Ludwing. Il risultato è quello di un suono maestoso in cui la chitarra di Adam Jones è deflagrante e materica, il drumming di Danny Carey (unito alle granitiche linee di basso di Justin Chancellor) diventa predominante anche nelle basse frequenze, ricordando l’attitudine percussiva di Pat Mastelotto dei King Crimson, mentre le parti cantate di Maynard James Keenan sono mesmeriche, pur essendo defilate rispetto all’impianto complessivo.

La cosa che più impressiona è che ogni traccia contiene talmente tanto materiale che una qualsiasi altra band potrebbe avere risorse sufficienti per un intero album. L’opener dell’omonimo Fear Inoculum ha interiorizzato quei bagliori trascendentali di “The First Day” di Robert Fripp e David Sylvian, adesso proiettati su muri ciclopici di distorsioni; l’arpeggio sull’accordatura aperta di Pneuma è puro mistero insondabile trasfuso in un brano dove Jones sfodera una impressionante panoplia di riffs. Dopo la sottile intercapedine di Litanie contre le peur, troviamo le sinuosità di Invincible e del suo arpeggio obliquo da cui si dipartono le fibre nervose di stratificazioni sonore sincopate e con un lavoro di incastri ritmici che raggiungono livelli di assoluta eccellenza, mentre Descending è un manuale di istruzione post metal su cui si sono formati tanto i Pelican quanto i Russian Circle. La seconda parte dell’album è caratterizzata da 7empest, monolite cosmico in grado di trasformare il metal in altro da sé, con un moto circolare ipnotico e cangiante. “Fear Inoculum” risponde più ad una logica analitica che emotiva, perché, nel porsi come forma di ricerca dell’assoluto, lascia per strada la porzione più umana ed imperfetta della vita. Nulla toglie però che i Tool rimangano fondamentali e tecnicamente mostruosi.

 

Voto: 8.5/10
Giuseppe Rapisarda
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