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13 Marzo 2018

David Byrne AMERICAN UTOPIA

2018 - Todomundo-Nonesuch Records
[Uscita: 9/03/2018]

Stati Uniti

 

Non basta chiamarsi David Byrne, avere concepito una creatura geniale come i Talking Heads, aver realizzato dischi di preziosissima fattura anche da solista, farsi coadiuvare da stregoni del suono come l’alieno Brian Eno, per scongiurare semper ubicumque lo spettro del fiasco artistico. Infatti, dopo il controverso “Love This Giant” del 2012 con la cantautrice e compositrice americana St.Vincent, la raffinata “Testa parlante” allestisce un album, "American Utopia",  che consta di dieci frammenti dal sapore pop alquanto insipido e sciatto. Benché figurino al suo fianco l’antico compagno d’avventura Brian Eno (“My Life In The Bush Of Ghosts”) e un qualificato stuolo di valenti musicisti, Rodaidh McDonald, Daniel Lopatin, Isaiah Barr, Thomas Bartlett, tra gli altri, il disco suona piatto, insignificante e in taluni tratti persino banale. Non sempre può funzionare l’assioma della critica e dell’aperto dileggio, pur sacrosanti, all’attuale squalificato periodo socio-politico degli U.S.A. targati Donald Trump per giustificare un lavoro senza mordente, dai suoni semplicistici che sanno di retrobottega e risciacquatura techno-pop.

 

Sette frammenti su dieci dell’album sono di un’ovvietà sconcertante. Da Dance Like This, canzoncina senza nerbo alcuno, e passando per la stracca melodia deliquescente di Every Day Is A Miracle e la debole linea compositiva di This Is That, dalla spigliata ma ancora troppo deludente struttura pop di It’s Not Dark Up Here alla stentata ed estenuata Bullet. A risollevare le sorti dell’album, le ultime tre tracce, nelle quali la grandezza indiscutibile di David torna a farsi luce: Doing The Right Thing, di gran lunga il brano più intenso dell’opera, con la voce di Byrne finalmente intensa e profonda e fuori dall’impianto superfluamente ludico del disco e la consonanza perfettamente simbiotica degli strumenti, a comporre un perfetto puzzle di synth-pop d’alta classe; Everybody’s Coming To My House, altro tassello di cristallino genio compositivo del Nostro, dal ritmo sontuosamente modulato; la melanconica e poetica traccia finale di Here, ebbra di sfumature preziose e dalla trama armonica finemente elaborata. Troppo poco, infine, stando a quelle che erano le aspettative, enormi, rispetto a un artista che ha pur scritto pagine decisive nella storia della musica contemporanea. Ad meliora, ci si augura. 

 

Voto: 5/10
Rocco Sapuppo

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