Ristampe: The Blue Aeroplanes “Beatsongs” (2 CD)
Le major del disco hanno reagito alla crisi che le ha colpite incrementando la ripubblicazione dei loro immensi cataloghi. In questo modo spendono relativamente poco e sfruttano la passione di chi non ha mai smesso di acquistare LP e CD. Uno dei casi più clamorosi di questo fenomeno riguarda il primo album dei Velvet Underground, ora disponibile in una versione megagalattica, ma non è certo l’unico. Così quasi tutto il materiale d’archivio che una volta le major lasciavano in licenza alle etichette più piccole (come la Ace, la See For Miles o la Edsel) è tornato ad essere patrimonio quasi esclusivo della Sony, della Universal o della Warner. La ristampa di cui ci stiamo occupando è comunque uno dei tanti segnali del ritorno delle “indie” nel gioco delle “special edition”.
Tutto questo per dire, in estrema sintesi, che le riedizioni, più o meno “deluxe” o “special”, costituiscono in questo travagliato periodo e a vari livelli un settore essenziale per la sopravvivenza dell’industria discografica (major o “indie” che sia). “Beatsongs”, uscito nel 1991 per la Ensign, un marchio della Chrysalis, avrebbe dovuto consolidare il successo di “Swagger”, il primo album dei Blue Aeroplanes a entrare nei Top 40 inglesi dopo la lunga militanza di questa “band aperta” (una sorta di collettivo modello Factory), nell’underground inglese. La Ensign decise di mandarli a registrare il nuovo disco in California, nei famosi studi Ocean Way, con la produzione del tecnico del suono Larry Hirsch. Le premesse per un’affermazione commerciale c’erano tutte, compresa l’amicizia con i R.E.M., nata in Inghilterra e cresciuta proprio durante le session di Beatsongs: Michael Stipe stava lavorando al video di Losing My Religion negli Ocean Way Studios e andava volentieri a trovare Gerard Langley (vedi foto nel libretto degli Aeroplanes).
E se Losing My Religion conquistò ai R.E.M. la consacrazione tra i grandi del rock, lo stesso non riuscì a fare Yr Own World, che peraltro è un singolo dall’andamento ancora oggi travolgente. Gli Aeroplanes sembravano a questo punto destinati a rimanere una band di culto e la causa di questo relativo fallimento è, come spesso succede in simili circostanze, abbastanza difficile da individuare. È probabile che a non incontrare i gusti del grande pubblico fosse il canto/non canto di Gerard Langley, che d’altra parte è il segno forte dello stile degli Aeroplanes. Beatsongs vola – è il caso di dirlo – sulle ali della poesia e dell’interazione incessante e ipnotica delle chitarre acustiche ed elettriche. Quando arrivarono in Italia come supporto di Siouxsie & The Banshees – a Roma suonarono il 12 ottobre del ’91 al Tendastrisce - i Blue Aeroplanes avevano in formazione ben quattro chitarristi, guidati dal grande Angelo Bruschini.
La decisione di lasciare a Rodney Allen il compito di cantare Fun e Streamers, che anziché costituire un piacevole “diversivo folk pop” si rivelarono alla fine un passo falso, non diede i risultati sperati. Perché i Blue Aeroplanes sono Gerard Langley e non esisterebbero senza di lui. Le traiettorie brucianti delle Fender e delle Rickenbacker partono dai suoi versi e dalla sua voce, dal suo inconfondibile modo di pronunciare le parole. Usiamo il presente perché Langley continua a scrivere e a pubblicare dischi con il nome e il marchio dei suoi Aeroplanes. Questa bella ristampa potrebbe essere per voi l’inizio di un grande amore. Tenetene conto.
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