The Incredible String Band Il folk trascendentale
Partiamo dall'attualità: per promuovere “The Hangman's Beautiful Daughter”, il loro 3° album, l’Incredible String Band si imbarca per gli USA nel giugno 1968. La Hux records ha pubblicato a marzo di quest'anno “Live at the Fillmore”, un concerto - tratto da quel tour - ben noto ai fans del gruppo che per anni é circolato in qualitá audio inferiore: ora ha ricevuto il trattamento che meritava risultando una rivelazione anche per chi giá lo conosceva, e riportando l'attenzione un pò di tutti sulla poliedricità e l'incanto del sound di una band di cui oggi solo pronunciare il nome, ad anni luce dalle vicende che andiamo a raccontare, assume un sapore ancestrale. Fino a quel momento il gruppo in realtá era un duo, Mike Heron e Robin Williamson, e sebbene sui dischi collaborassero altri musicisti, fino al “Live at the Fillmore” erano solo questi due personaggi originari della bellissima Edimburgo, capitale Scozzese, che si presentavano sui palchi di vari teatri e club europei ed americani sorprendendo il pubblico presente con una proposta musicale a dir poco unica, che univa la tradizione celtica a suoni e melodie provenienti da altri luoghi come ad esempio il Medioriente o l’India, incorporando strumenti mai visti prima e i cui nomi ad oltre 40 anni di distanza mantengono una certa aria misteriosa.
GLI ANNI ‘60
Le origini del gruppo sono piú tradizionali, ma fino ad un certo punto. All’inizio il duo in questione non include a Mike Heron: ad accompagnare Robin c’era un vero e proprio personaggio “senza tempo”, la cui etá era per molti un mistero, Clive Palmer. Clive proviene da Londra e dopo un viaggio a Edimburgo nel 1963 che sarebbe durato un paio di settimane ci resta; ben presto nascerá il duo Robin & Clive. Robin Williamson attingendo da sempre a piene mani al suo passato celtico, scozzese/irlandese suonava la chitarra, il violino e il tin whistle, mentre Clive al banjo metteva in mostra la sua passione per la musica dei primi del 900, una tradizione musicale praticamente dimenticata. Come ci si puó immaginare siamo davanti ad un insolita mescolanza soprattutto considerando il panorama conservatore della musica folk e tradizionale dell’epoca. É un periodo di enorme sperimentazione, di apertura ad altri generi musicali, ad altre tradizioni musicali e a filosofie orientali che si sente anche nell’ambiente folk, in cui si verifica una sorta di scisma tra i musicisti piú tradizionalisti ed i piú innovatori. L’incomparabile Davy Graham aprirá la strada per non pochi, basti citare il suo arrangiamento in chiave Indiana del traditional irlandese She Moved through the fair. Giovanissimi chitarristi tra cui spicca Bert Jansch prenderanno silenziosamente appunti per imbarcarsi in avventure originali che a sua volta influenzeranno a molti altri. Bert era nato a Glasgow ma cresciuto a Edimburgo, visse insieme a Robin e Clive quel periodo formativo dei primi anni 60.Verso la fine del 1965 si aggiungerá a Robin & Clive un giovane chitarrista, Mike Heron: nasce The Incredible String Band. Quest’ultimo proveniva da esperienze con gruppi beat e r&b arricchendo cosí ancor piú la giá singolare ricetta dell’ISB. Bob Dylan risultó essere un influenza importante su Mike che lo spinse ad esibirsi solo ed avvicinarlo ai folk clubs oltre ad iniziare a comporre canzoni proprie. All’inizio del 1966 per la durata di un paio di mesi nascerá il mitico Clive’s Incredible Folk Club nella vicina Glasgow, usando il nuovo nome ideato da Clive Palmer da poco adottato dal trio. Joe Boyd, americano e residente a Londra, che lavorava per la nuovissima sede della Elektra in cerca di nuovi artisti al largo della Gran Bretagna, era rimasto piacevolmente impressionato dall’originalitá di Robin e Clive durante una visita lampo a Edimburgo nel 1965: “Suonavano musica tradizionale scozzese come se avesse viaggiato attraverso gli Appalachi ed era tornata a casa passando per il Marocco e la Bulgaria!”.
La seconda volta giá come trio: Boyd non esiterá e immediatamente offre loro un contratto con la Elektra che pubblicherá il loro omonimo album di debutto “The Incredible String Band “. Registrato a Londra in un solo giorno e pubblicato nell’estate del 1966 giá indica un percorso originale. L’enfasi é sulle composizioni proprie anche su espressa richiesta di Joe Boyd e sia Robin che Mike non deludono. Clive Palmer invece pare che abbia la testa altrove e i suoi giorni con il gruppo sono contati. Il suo contributo al disco é solo parziale, sebbene importante e con una indimenticabile Empty Pocket Blues cui Robin contribuisce con un delizioso accompagnamento al tin whistle. In effetti questa e solo altre due delle 16 songs del disco sono le uniche in cui il trio compare insieme, il resto é costituito da tre pezzi suonati solo da Mike e ben 5 dal solo Robin, mentre nelle restanti si tratta quasi sempre di Mike e Robin come ad esempio in Maybe Someday che apre l’album. Un brano composto da Mike Heron che ci avvisa immediatamente: non siamo davanti all’ennesimo disco di folk tradizionale, con un violino impazzito suonato da Robin che ricorda sonoritá gitane ma che potrebbe aver preso spunto anche da melodie nordafricane. Quello che segue é il pezzo piú celebrato di Robin Williamson che arrivó fino alle orecchie di Dylan, si tratta di October Song (imperdibile la lunghissima versione di 10 minuti con Mike al sitar dal recente Live at Fillmore). Schaeffer’s Jig é un breve strumentale, un regalino per darci un’idea di cosa combinassero Robin & Clive qualche anno prima. A questa seguono due dei brani migliori del disco, la delicata Womankind di Robin e The Tree di Mike; gli unici due pezzi che hanno un vero e proprio “string band sound” nel senso tradizionale del termine, in cui suonano tutti e tre, si trovano sulla seconda metá del disco con le due chitarre di Clive e Mike ed il mandolino di Robin: How happy I am ed Everything’s fine right now che conclude l’album. Un disco veramente formidabile che é spesso ingiustamente ignorato e per anni rimasto addirittura sconosciuto, da non perdere, ora che é di facile reperibilitá su CD.
Poco dopo Clive Palmer intraprenderá un viaggio che lo porterá fino in Afghanistan e India, mentre ancora prima Robin e Licorice (McKechnie, la sua compagna) erano partiti per il Marocco con nessuna intenzione di tornare mai piú in Gran Bretagna! Per nostra fortuna prima o poi tutti torneranno a casa, l’avventura marocchina durerá solo pochi mesi, e al riunirsi con Mike Heron si dará inizio ad un periodo di creativitá senza precedenti, spingendosi molto piú in lá di quello che il primo album aveva anticipato, incorporando idee, strumenti e melodie provenienti direttamente dal Nord Africa ma non solo. Clive Palmer uscito definitivamente dal gruppo registrerá un album solista nel 1967 accompagnandosi quasi interamente col banjo, un disco che vedrá la luce solo nel 2005, dal titolo “Banjoland”, che potrebbe essere di 100 anni prima! Formerá la Famous Jug Band lasciandoli dopo l’interessantissimo album di debutto del 1969. Assolutamente imperdibile la successiva avventura musicale in Cornovaglia con C.O.B. (Clive’s Original Band) con cui pubblica due album spettacolari e veramente unici all’inizio dei 70. Mike e Robin una volta riunitosi in Scozia registreranno in varie occasioni giá verso la fine del 1966 e piú tardi a Londra. Le prime registrazioni saranno oggetto di vari bootlegs con qualitá sonora deficiente, le seconde invece verranno pubblicate ufficialmente come “The Chelsea Sessions” nel 1997 ovvero 20 anni dopo. Si tratta di demos per l’imminente secondo album di cui solo la metá apparirá nell’estate del 1967 in uno dei dischi che meglio illustra la nuova estetica e filosofia del periodo.
Con una copertina che rende onore sia al nome del duo, che al fantastico titolo dell’album ecco arrivare in piena Summer of Love “5000 Spirits or the Layers of the Onion”. É senz’altro una delle copertine piú emblematiche del periodo, opera degli olandesi The Fool ai quali i Beatles avevano affidato la parte interna di Pepper, poi non usata. Saranno famosi per aver dipinto la Apple Boutique e autori di altre copertine come “Evolution” degli Hollies e l’album di debutto dei Move. L’album inizia con Chinese White ed improvvisamente siamo rapiti e sorpresi da suoni mai sentiti prima, grazie ad uno dei tanti strumenti esotici portati da Robin dal suo ultimo viaggio. Il gimbri, una specie di liuto nordafricano, suonato per l’occasione con un archetto da contrabbasso! Tra i pezzi memorabili troviamo Painting Box di Mike e Mad Hatter’s Song di Robin in cui per la prima volta in un pezzo del gruppo appare il sitar, in questo caso suonato da ‘Soma’, l’unico brano del disco con il celebre strumento indiano che ritroveremo in varie occasioni nei successivi dischi, peró in mano a Mike Heron. Il disco oltre ad introdurre una gran varietá di strumenti che servono ad ampliare e mettere in evidenza le piú disparate influenze del gruppo, vede anche la partecipazione di altri musicisti tra i quali il bassista Danny Thompson in ben sette pezzi, che da lí a poco formerá Pentangle con Bert Jansch e soci. Si tratta di un album veramente incredibile, in cui si alternano canzoni d’amore (First girl I loved), altre che pare siano state scritte per bambini (Little Cloud, Hedgehog’s Song) ed altre piú magiche, piú esoteriche (Mad Hatter’s Song). Lo stesso mese che uscirá 5000 Spirits Mike e Robin suoneranno per la prima volta in USA al celebre Newport Folk Festival, la prima esibizione fuori dal Regno Unito con la curiosissima eccezione di un concerto al Folk Club Italiano di Torino il 3 maggio 1967 di cui sarebbe bello sapere di piú!
Tra l’altro negli anni seguenti mentre suoneranno spesso in USA, non molte saranno le date in Europa e in Italia, torneranno solo sul finire della loro carriera. In un articolo del cartaceo musicale italiano Ciao 2001 del 1970 Robin afferma che il loro agente aveva cercato di ottenere una mezz’ora alla televisione italiana e si dimostra entusiasta della possibilitá di suonare nel nostro paese, cosa che purtroppo non avverrá. Verso la fine del 1967 suoneranno in locali dell’Underground inglese divenuti storici quali il Middle Earth e l’UFO Club, in quest’ultimo insieme ad Arthur Brown. Una serata memorabile deve essere stata quella del 1° ottobre al Saville Theatre con Tim Rose, Fairport Convention,Tomorrow e Pink Floyd il cui singolo d’esordio, Arnold Layne era stato prodotto da Joe Boyd. Chiaramente giá non esistevano piú frontiere. Pochi giorni dopo si esibiranno niente meno che alla Queen Elizabeth Hall, con Shirley e Dolly Collins. In dicembre verrá registrato “The Hangman’s Beautiful Daughter”, per molti l’apice del gruppo e molto probabilmente il disco piú noto dato che fu quello che vendette di piú arrivando fino al 5° posto in UK. Dato abbastanza sorprendente considerando che si tratta senza dubbio dell’album piú ambizioso e complesso sino a quel momento e non esattamente un disco facile, di quelli che ad ogni ascolto ci rivela qualcosa di nuovo. Uscito nel marzo del 1968 continua la tradizione iniziata con 5000 Spirits di titolo lunghissimo e dal significato misterioso. La copertina che normalmente si associa a questo album, una delle immagini per eccelenza dell’ISB, foto scattata nel Natale del 1967 in realtá era il retro dell’edizione originale UK che mostrava invece Robin e Mike fotografati in una giornata bellissima con un cielo completamente blu, ma chiaramente non in epoca estiva a giudicare dai loro vestiti, non a caso Robin lo aveva definito un disco invernale.
Questa passó ad occupare il retro del disco nella versione USA, cosí come in tutte le successive ristampe che hanno sempre usato quella che é probabilmente la immagine dell’ISB per eccellenza. L’album é un vero capolavoro con canzoni quali Witches’ Hat, Waltz of the New Moon di Robin e la lunghissima A Very Cellular Song di Mike che incorpora I bid you goodnight, uno spiritual delle Bahamas, resa stupendamente dal vivo nel suddetto Live at Fillmore. Quella serata sará l’ultima di un mese di concerti in USA iniziati il 4 maggio con date a New York ed esibizioni al Fillmore West di San Francisco in compagnia di Country Joe & The Fish, ed una serie di date a L.A. includendo quattro serate consecutive al Troubador con Tim Buckley, per concludere poi il 5 giugno al Fillmore East di New York. Il 1968 continuerá all’insegna dei concerti sia in Gran Bretagna che all’estero, ritornando in USA a fine anno. Durante tutto questo periodo i presenti avranno modo di ascoltare varie nuove composizioni che verranno incluse nel quarto disco del gruppo “Wee Tam & The Big Huge”, concepito inizialmente come un album doppio, anche se in USA verrá pubblicato in due album separati “Wee Tam” e “The Big Huge”. Subito dopo anche in Europa saranno disponibili i singoli LP. Uscito in novembre 1968 é il primo disco in cui Licorice e Rose (Simpson, la compagna di Mike Heron) partecipano a tutti gli effetti come parte integrante del gruppo, tanto che da quel momento in poi giá non saranno i soli Robin e Mike a presentarsi sul palco. Ognuno ha il disco favorito e nonostante i sorprendenti risultati raggiunti con gli album anteriori il livello si mantiene cosí alto che non sono pochi a considerare Wee Tam & The Big Huge il capolavoro assoluto del gruppo. Continua la grande diversitá di temi musicali e non, l’ecclettismo di cui erano e sono famosi, peró a differenza di Hangman il risultato generale é un disco piú sereno, con un clima, un’ aria religiosa nell’ampio senso del termine, con vari riferimenti alla bibbia ma anche a tradizioni differenti.
L’album contiene un gran numero dei brani migliori del gruppo e potrebbe servire per introdurlo a chi non lo conosce, soprattutto il primo disco Wee Tam con canzoni quali You get brighter di Mike Heron autore anche di Puppies e della quasi cajun Log Cabin Home in the Sky. Almeno un paio non erano nuovissimi e risalgono piú o meno allo stesso periodo: Half-Remarkable Question ad esempio era stata presentata al Julie Felix Show circa 6 mesi prima e fortunamente sopravvive ai giorni nostri rendendolo uno dei migliori documenti visuali del gruppo. The Iron Stone, su The Big Huge, fa parte dei demos noti come The Chelsea Sessions. Entrambe di Robin sono rese in modo spettacolare e sono tra le composizioni piú magiche, arricchite dai nuovi arrangiamenti. Ducks on a Pond supera i 9 minuti e conclude Wee Tam alla grande, un caleidoscopio di immagini e suoni come solo l’ISB era capace. Maya, altro brano sui 9 minuti é uno dei pochissimi pezzi che Robin Williamson ha mantenuto in repertorio ed una delle piú amate. É il pezzo d’apertura del secondo disco, The Big Huge che é dominato da brani di Robin, mentre Wee Tam era diviso in parti uguali. Mike comunque ci regala uno dei suoi pezzi migliori, Douglas Traherne Harding, ispirato da due mistici inglesi, il poeta inglese del XVII secolo Thomas Traherne e dal filosofo Douglas Harding. Ma prima un paio di pezzi quali Cousin Caterpillar dello stesso Mike che pare appartenere alla stessa famiglia di The Hedgehog’s Song e Little Cloud che ci riportano a quelle atmosfere, per cambiare poi completamente con la favolosa e magica The Iron Stone di Robin con uno stupendo sitar suonato da Mike: particolarmente notabili sono gli ultimi due minuti che trasportano completamente in un altro mondo! Si potrebbe fare un discorso a parte sui testi che come la musica riuniscono tradizioni e filosofie tra le piú svariate, spesso oggetto di varie interpretazioni, e senza dubbio considerati importanti dal gruppo stesso come dimostrato dalla copertina originale del doppio Wee Tam & The Big Huge, che utilizza i testi per la parte esteriore mentre i volti di Robin e Mike restano all’interno della copertina apribile: il mondo al rovescio dell’ISB! Certo che dal punto di vista di chi non abbia un dominio dell’inglese certe cose si perdono, peró la musica in se é in grado di comunicare cosí tanto all’ascoltatore che la barriera linguistica non costituisce un ostacolo per entrare a far parte del meraviglioso universo dell’ISB. Un mondo in cui la natura, la immaginazione, la curiositá, la sorpresa sono sempre presenti, dove vanno e vengono i personaggi piú fantastici. Dove i pavoni parlano del colore grigio, si cavalcano giraffe all’indietro, si usano ciliege nere come anelli.
Passerá un anno intero prima della pubblicazione dell’album successivo “Changing Horses”, che vedrá la luce verso la fine del 1969 e come si intuisce dal titolo sono cambiate alcune cose. Il suono si fa occasione piú elettrico, il gruppo ha apertamente abbracciato la Scientologia e per molti - il produttore Joe Boyd prima di tutto - come conseguenza da quel momento in poi si perderá una certa spontaneitá e creativitá. Resta comunque il fatto che durante gli ultimi 3 anni e nel corso di quattro album (di cui uno doppio) Robin e Mike avevano continuamente sorpreso con materiale a dir poco incredibile, giustificando piú che meritatamente il nome del gruppo. Era inevitabile che prima o poi non si potesse mantenere lo stesso livello. Detto questo resta un periodo d’alta creativitá, brani di questo periodo resteranno inediti o appariranno piú tardi su “Be Glad for the Song has no Ending”, pubblicato nel 1971 ma contenente essenzialmente musica del periodo 1968-1969. In effetti inediti come Fine Fingered Hands o All Writ Down che fu pubblicata come lato B dell’umoristica Big Ted che apre Changing Horses, avrebbero contribuito meglio, piuttosto che Mr and Mrs ad esempio, alla riuscita dell’album, che é dominato da due lunghissimi pezzi, Creation di Robin e White Bird di Mike che superano i 15 minuti, e resta un buon disco cosí com’é. Durante il 1969 il gruppo tornerá in USA in tre occasioni, restandoci come l’anno anteriore durante quasi tutto maggio e successivamente agosto e settembre partecipando a vari festivals, in Texas, Philadelphia ed i piú famosi di Big Sur e soprattutto Woodstock. Quest’ultimo sará alla fine un’opportunitá mancata: inizialmente avrebbero suonato dopo Joan Baez, durante la serata iniziale, peró inizió a piovere e mancando un tetto che li proteggesse dato che ora usavano amplificazione e strumenti elettrici a differenza del passato, presero la decisione di rimandare l’esibizione al giorno dopo. Joe Boyd cercó invano di convincerli a salire sul palco e presentarsi con un set acustico, cosa che avrebbero potuto fare tranquillamente invece di apparire il giorno successivo, dopo un set potente della Keef Hartley Band e prima dei Canned Heat! Non saranno inclusi nel film e nemmeno nell’album triplo uscito l’anno dopo o in nessuna delle successive edizioni delle raccolte del festival. A fine anno torneranno comunque in USA per vari concerti e celebreranno l’anno nuovo al Berkeley Community Theatre di San Francisco. Una nota sul materiale postumo registrato durante gli anni 60: la Hux records oltre al nuovissimo Live recensito su Distorsioni da Ignazio Gulotta, ha pubblicato un interessante raccolta di inediti e raritá nel 2009, “Trick of the Senses”, continuando il lavoro iniziato nel 2007 con “Across the Airwaves”, raccolta di BBC sessions 1969-1974. The Chelsea Sessions é stato ripubblicato in varie occasioni dal 1997 in poi e piú recentemente come parte del CD “The Circle is Unbroken: Live and Studio 1967-1972”.
ALDO REALI
GLI ANNI SETTANTA
Non vi è dubbio che la meravigliosa creatura di Heron e Williamson dopo le mirabolanti e immaginifiche prove offerte nei magici anni sessanta abbia cominciato ad appannarsi: quell’esplosione di fantasie, suoni, melodie che ha dato vita al folk psichedelico della band scozzese sembra accusare qualche stanchezza, non tutto nei loro dischi suona così stupefacente e incantevole come nel passato. Ma da qui a parlare di fallimento e immiserimento della vena creativa della band ce ne corre, certo i capolavori nascono nel decennio precedente, quello ben raccontato da Aldo Reali, ma l’ascolto degli album degli ultimi anni di esistenza della band non lascia indifferenti, contengono sempre momenti di grande bellezza in cui l’estro e la creatività dei musicisti splendono ancora. Il nodo centrale nell’analizzare questo periodo è rappresentato dalla domanda sul perché di questo declino degli ISB nei settanta, le ipotesi sono diverse e probabilmente tutte contengono una parte di verità: l’adesione di Wlliamson e Heron a Scientology con tutto quel che comporta l’adesione a una setta, e la rigidità mentale che porta con sé una visione che predica assolute e indiscutibili “verità”, tutto l’opposto dell’anarchica libertà hippy dei primi anni. La sempre più difficile convivenza fra le coppie Mike-Rose, Robin-Licorice con episodi di tradimenti e gelosie; forse il fatto di aver sempre composto individualmente - anche se poi grande sintonia si manifestava nei dischi e sul palco - ha reso più fragile la band che poi non ha assorbito l’allargamento dell’organico successivo. L’aver intrapreso una parallela carriera solista, Heron nel 1971 e Williamson l’anno dopo, può essere indizio che quell’esaltante armonia che sprizzava da ogni nota si stava sfaldando. E poi la naturale difficoltà a mantenere a lungo degli standard di qualità così straordinari; la fortissima delusione del mancato successo di Woodstock: erano state fra le band che avevano ricevuto uno dei compensi più alti, ma l’esclusione dal film e dal disco non permisero alla ISB di fare quell’enorme salto di popolarità di cui beneficiarono fra gli altri Santana e Ten Years After.
Infine la scelta non troppo felice di passare a un sound più elettrificato. O forse il gruppo che aveva legato la sua musica e la sua vita al movimento hippy, alla ricerca di una vita felice, libera e di un’apertura della coscienza (“Il solo modo di rendere il mondo un paradiso è quello di comportarsi come se fosse un paradiso” aveva dichiarato Robin nel ’68) subiva la stessa crisi del movimento, stava lentamente e mestamente rientrando a casa. Se leggerete il testo di 1968 posto in calce sembra evidente che vi era consapevolezza di questa crisi. Quali che siano stati i motivi di questo lento declino va però detto subito che il livello dei dischi e della musica prodotta dalla coppia scozzese rimane comunque di tutto rispetto: se si ascoltasse “U” o "I Looked Up" senza essersi mai accostati ai capolavori realizzati in precedenza, si resterebbe senz’altro affascinati e sorpresi dall’originalità della musica contenuta in quei dischi. Come è noto “U” ripropone le musiche utilizzate per uno spettacolo di teatro e danza che la ISB aveva portato in giro nel 1970 ("A Surreal Parable in Song and Dance") e nasce dalla collaborazione con un gruppo di teatranti specializzati in happening di strada, gli Stone Monkeys, che avevano conosciuto a New York al celebre Chelsea Hotel. e con i quali convivevano in una comune in Galles. Certo il disco soffre un po’ di questa sua origine teatrale. Ma ascoltate l’iniziale El Wood Suite di Mike e non potrete non essere catturati dalle sonorità orientaleggianti, dal susseguirsi degli strumenti, chitarra, sitar, tablas, gimbri, dalle atmosfere ora meditative, ora ludiche o Bridge Song con l’incredibile intreccio delle voci di Licorice e Mike e il fingerpicking delle chitarre che creano atmosfere bucoliche e hippy, magiche e fiabesche; o il blues pianistico di Robot Blues, o ancora la chitarra in stile giapponese di Robin in Astral Plane Theme: vi renderete conto che nelle quasi due ore di “U” nulla è da scartare.
Certo è vero che a volte, soprattutto nel caso di Robin, le voci tendono a gigioneggiare, ad alterare i toni, a renderli molto teatrali e questo può risultare fastidioso, e non sempre le cose funzionano perfettamente, come in I Know You scritto da Licorice o la lunga Rainbow che chiude l’album, 15 minuti, autore Mike, in cui non mancano i bei momenti, ma la canzone appare irrisolta e frammentaria. “U”, il titolo evoca il passaggio da uno stato di spirituale consapevolezza alla caduta e infine alla rinascita: è l’album dell’adesione dei nostri a Scientology, un’esperienza che Heron ha definito positiva per alcuni risultati raggiunti, anche se temporanei, ma assolutamente negativa per il clima fascista che vi si respirava. Conseguentemente i nostri abbandonano le droghe e quell’LSD sotto i cui effetti erano state composte alcune delle loro meravigliose canzoni. Il disco, sempre prodotto da Joe Boyd, è stato registrato in soli due giorni, alla fine della tournée dello spettacolo, 10 date a Londra e 5 a New York - queste ultime a detta di Boyd disastrose - in 48 ore di lavoro ininterrotto e tutte le canzoni tranne una, Queen Of Love, facevano parte dello spettacolo. Spettacolo che non convinse la stampa (“un triste muoversi a tentoni e un vacuo dimenarsi” lo definì la rivista underground IT) perché i critici si trovarono di fronte a qualcosa che non era danza, non era teatro, non era show musicale, né pantomima, ma mescolava tutte queste cose insieme e con una certa approssimazione tecnica e molta ingenuità; Heron e Williamson, cui si è unito il mimo Malcolm LeMaistre, si dimostrano anche in questo delle spugne che assorbono e cercano e indagano su una gamma vastissima di espressioni artistiche e musicali, sperimentatori arditi che non temono di sbagliare. Di questa molteplicità espressiva “U” è la prova più evidente, nella sua musica troviamo raga indiani, canzoni da vaudeville, ragtime blues, ballate psichedeliche e la solita incredibile varietà dei suoni offerti dai vari strumenti provenienti dai più lontani angoli del pianeta. La prima band di world music fu definita giustamente da Joe Boyd. Già quello stesso anno lavorano a “Be Glad For The Song Has No Ending”, titolo bellissimo e forse in qualche modo rassicurante, caso mai qualche fan avesse nutrito dubbi sul futuro della band dopo l’adesione a Scientology.
Il disco in gran parte è la colonna sonora di un breve film sulla band - oggi è visibile su Youtube - e la seconda facciata è occupata totalmente da The Song Has No Ending, la prima traccia, dopo il disco d’esordio, che appare scritta sia da Heron che da Williamson. Sa si tratta di un lungo strumentale in cui i quattro si cimentano nei loro vari strumenti, si alternano suoni agresti, spettrali, sperimentali nell’atmosfera di una libera e fricchettona comunità che dà felice sfogo alla propria creatività, in sintonia con le ingenue e un po’ stucchevoli immagini del film di Peter Neal, un mix di esoterismo, misticismo, e bucolica e felice vita da hippy, quella che i nostri trascorrono beati a Newport nel Galles. L’album uscirà nel 1971 e sarà l’ultimo prodotto da Boyd e il primo uscito per la Island. Ebbene questi due interessanti lavori testimoniano, pur con i loro difetti, la grandezza dei nostri che non si contentano più solo di affidarsi alla musica, ma vogliono sperimentare forme artistiche che oggi chiameremmo multimediali; la tendenza teatrale è sempre stata presente, soprattutto in Robin, i loro show erano intervallati da recite poetiche e vivacizzati da travestimenti, costumi bizzarri, gestualità teatrale. Nel 1970 questa tendenza trova sbocco in questi due dischi che rappresentano la parte di un progetto più ampio che coinvolge cinema, recitazione, teatro, pantomima, danza. Ma sempre nel fervido 1970 gli ISB pubblicano “I Looked Up”, che Williamson ha definito “una sveltina” perché registrato dal vivo in studio durante la preparazione dello spettacolo “U”; l’album contiene 6 brani, composti nel 1969 e suonati durante la tournée americana di quell’anno, fra questi Black Jack David accreditata a Heron, è un tradizionale al quale Mike ha cambiato in parte il testo, una delle loro canzoni che nelle esecuzioni live trovavano la loro dimensione migliore col suo scatenato ritmo da ballo bucolico.
Molto interessante la lunga Pictures In A Mirror dove Williamson tenta di conciliare il folk psichedelico con le suggestioni teatrali del vaudeville, qualche vocalizzo di troppo, ma contiene alcuni dei momenti più belli offerti dalla band. Band che stavolta vede solo le due coppie, che in quel momento vivono separate, Robin e Licorice in Galles, Mike e Rose in Scozia, unico contributo esterno quello di Dave Mattacks batterista nei Fairport Convention che suona il suo strumento in Letter, altra ottima prova è This Moment canzone d’amore che vive nel duetto canoro fra Mike e Rose. “Non c’è dubbio che sia un album di transizione – più errante che governato – ma forse i migliori momenti degli Incredibile erano quando avevamo perso la bussola”, così efficacemente si pronuncia Mike Heron, del resto una composizione come When You Find Out Who You Are sembra proprio andare in cerca di una sua strada sperimentando suoni e ardite melodie. Aggiungiamo che l’atmosfera prevalente sembra tendere verso una certa malinconia, cosa abbastanza insolita nella gioiosa iconografia peace & love tipica della band, ma che diventerà sempre più frequente col trascorrere del tempo. Nel 1971 la Elektra, dopo essere stata abbandonata dai nostri, pubblica il doppio Lp antologico “Relics Of Incredible String Band”. Ma il 1971 è un anno decisivo nella storia dell’ISB, Rose abbandona il gruppo e Mike Heron dà vita al suo primo album solista “Smiling Men With Bad Reputation” che esce proprio per la Elektra e al quale non parteciperà nessun membro della ISB, intanto Malcolm LeMaistre entra a far parte stabilmente del gruppo e ad agosto pubblicheranno l’album “Liquid Acrobat As Regard The Air”, il loro maggior successo commerciale dopo quello di “Hangman’s Beautiful Daughter”, e l’album che segna timidamente il passaggio ad un suono elettrico con la chitarra elettrica di Williamson e il piano elettrico di Heron. Collaborano all’album il batterista Gerry Conway della band che accompagnava Cat Stevens e poi con Jethro Tull e Fairport, e Stan Lee che entra anche lui nell’organico al basso e alla slide guitar. Ma è anche l’album dell’addio di Rose che abbandona il gruppo e la musica. “Liquid Acrobat As Regard The Air” è un album decisamente bello, certo l’elettrificazione normalizza la musica, si perde la mirabolante fantasia e i fuochi d’artificio sonori delle prime prove, le melodie sono immediatamente accattivanti, ma perdono quell’imprevedibilità e quei tratti spiazzanti che tanto avevamo amati; non ci sono tuttavia brutte canzoni, il livello è qualitativamente decisamente buono, certo continuiamo a preferire brani come Talking Of The End o l’incantevole Tree fedeli alla passata linea acustica della band o la lunga, conclusiva Darling Belle rispetto a brani come l’elettrificata Painted Chariot.
Del resto la voce di LeMaistre, presente in diversi brani contribuisce alla normalizzazione, la sua voce, calda, impostata contrasta con l’uso sperimentale e non ortodosso delle voci di Heron e Williamson. Il passaggio graduale ad un suono elettrico Williamson lo ha descritto come un progressivo adattamento ai cambiamenti della scena musicale, ma anche il fatto di suonare in locali come i Fillmore, templi del rock, li portarono ad inserire l’elettrificazione, partendo dal violino e dal basso: lo stesso musicista ha confessato di non essersi mai sentito a proprio agio in questa deriva elettrica. Come testimonia tutta la sua produzione futura, nella quale ha concentrato i suoi interessi sulla musica tradizionale celtica e sugli strumenti acustici. Al contrario Heron, che ha una formazione musicale più rock, prima di unirsi a Williamson e Palmer, aveva suonato in gruppi di Edimburgo antesignani dei mod, e questo suo orientamento verso l’elettrificazione è testimoniato sin dal primo suo album solista, Smiling Men With Bad Reputation, dove dà sfogo alla sua attitudine rock, utilizza una sezione fiati per esempio nella trascinante Call Me Diamond e chiama a suonare gente come Keith Moon, Pete Townsend, Ronnie Lane, mentre nelle due bonus track della riedizione in cd suonano Jimmy Page e Elton John. L’anno dopo sarà la volta di Williamson a dar vita a un album solo, “Mirrh” cui collaborano fra gli altri Stan Lee e Gerry Conway: si tratta di un album bellissimo in cui il musicista elabora magistrali melodie folk oscillanti fra la leggiadria e la tensione drammatica, lo si capisce sin dall’iniziale Strings In The Earth And Air scritta dall’amico Ivan Pawle dei Dr.Strangely Strange sulle parole di una poesia di Joyce, ma tutto l’album contiene alcune fra le cose migliori mai scritte da Robin, la sublime The Dancing Of The Lord Of Weir su tutte, e sembra rinverdire i fasti della ISB degli anni sessanta, un disco che tutti i fan dovrebbero avere. Siamo così arrivati agli ultimi anni del viaggio fantasmagorico della ISB, altri tre album vedranno la luce e continuerà l’attività dal vivo, ma nei fatti la band non esiste più, si è rotto quel mirabile e miracoloso incantesimo che ci ha regalato uno dei viaggi sonori più incredibili e meravigliosi nati da un periodo in cui straordinaria vitalità, ansia di comunicare e desiderio di creare, insoddisfazione per la realtà in cui si vive, voglia di sperimentare, desiderio e pratica di un modo diverso e anticonformista di vivere hanno prodotto una stagione artistica straordinaria e irripetibile.
La ISB di questi due ultimi anni è un’ottima band rock, capace di guizzi eccellenti, di suonare con classe e perizia, ma ha perso quel quid che nel passato comunicava fantasia, libertà, gioia di vivere, piacere di suonare, in cui si percepiva che ogni nota era figlia di quel tempo meraviglioso in cui il futuro sembrava riservare un mondo diverso di peace & love: se si stavano varcando le porte della percezione, era anche grazie all’ISB! Anche la stupefacente simbiosi fra due personalità molto diverse come quelle di Mike e Heron è ormai un ricordo del passato, ormai i due stanno per intraprendere strade diverse, ognuno dietro il proprio karma. Così nel 1972 esce “Earthspan”, che sin dalla copertina, un mosaico di foto dei musicisti, sembra annunciare che i tempi stanno cambiando, si abbandonano infatti gli splendidi disegni psichedelici che avevano contraddistinto gli album precedenti. L’utilizzo di strumenti etnici e insoliti provenienti da tutto il mondo, che era stata una delle cifre stilistiche proprie della band, diminuisce sensibilmente, le varie e multiformi percussioni sono rimpiazzate dalla ben più tradizionale e convenzionale batteria, si affacciano le prime sonorità legate al jazz, il piano nella poco convincente Restless Night e in Moon Hang Lo , e arrangiamenti pomposi come nella stucchevole Sunday Song, ma anche qui non mancano le cose pregevoli, legate all’universo folk: Banks Of Sweet Italy con le commoventi voci di Robin e Licorice, ma anche due composizioni di LeMaistre meritano considerazione My Father Was A Lighthouse Keeper che diventerà uno dei cavalli di battaglia dal vivo e The Actor, scritta con Robin, che come Sailor And The Dancer intrecciano melodie fascinose e attraenti. Finite le registrazioni anche Licorice lascia, si recherà in California restando legata al mondo della controcultura fino a quando farà, pare volontariamente, perdere ogni traccia di sé. E’ questo un periodo non particolarmente felice, qualche ano dopo Williamson dirà che sarebbe stato meglio concludere prima la storia dell’ISB, ma intanto nel 1973 fanno uscire “No Ruinous Feud”, che fin dalle prime battute dell’iniziale Explorer ci annuncia la svolta elettrica; il brano, cosa mai accaduta prima, è sostenuto dal drumming potente di B.J.Wilson, il disco è un eclettico assemblaggio di brani delle più diverse ispirazioni, troviamo lo swing in Old Buccaneer, il dixie in Weather The Storm, addirittura il reggae, sia pur riletto in chiave folk circense, in Second Fiddle, cover di Dirk Reid, la bossanova in Turquoise Blue, il country nella cover di Dolly Parton My Blue Tears, il tutto suonato con classe e professionalità, anche gradevole, ma senza anima.
Ma anche qui qualcosa di buono c’è, nel mix di tradizionali folk di Jigs e un pizzico della passata bizzarra follia rimane in At The Lighthouse Dance, probabilmente la loro prova più modesta. Alla fine di quell’anno la ISB farà la sua prima apparizione in Italia, se si eccettua il concerto di Torino citato da Reali, due date, una a Genova al teatro Alcione e l’altra al Goldoni di Napoli, date affollate e concerti belli: abbiamo assistito a quello di Genova, trascinante ed emozionante soprattutto nella riproposizione dei classici, mancava tuttavia quel senso di happening comunitario, di libera e felice follia dei tempi d’oro. Da notare una curiosità, il concerto di Napoli fu in buona parte occupato da un gran numero di spettatori provenienti da Palermo, città dove la band di Heron e Williamson godeva di una straordinaria popolarità e di un vero e proprio culto. Il 1974 segna la fine della gloriosa ISB con la pubblicazione di un album niente affatto disprezzabile, “Hard Rope & Silken Twine”, intanto il disegno di copertina di Wayne Anderson ci riporta a quel mondo intriso di magia, esoterismo, distorsione sensoriale, bizzarrie in cui convivono Alice nel Paese delle Meraviglie e narrazioni mitiche e ancestrali e che ha costituito buona parte dell’immaginario della band. L’album ha il suo punto centrale e culminante nei 20 minuti di Ithkos, brano epico e multiforme, il cui lo stile muta continuamente e che vede protagonista, accanto al flauto, al violino e alle tastiere, la chitarra elettrica in assoli di matrice prog, soprattutto il primo che introduce il canto dopo l’inizio che in sintonia col testo si richiama al folk greco. Un gran pezzo che accosta l’ISB al prog. Il resto non è all’altezza, arrangiamenti fin troppo mainstream, e qualche guizzo commovente di folk psichedelia come in Cold February e Dreams Of No Return. Ancora qualche mese e l’ISB non esisterà più, Heron e Williamson proseguiranno le loro carriere soliste, strade diverse che ogni tanto si intrecciano per miracolose e benedette reunion, di una di queste esiste una bella testimonianza nel cd “Bloomsbury 1997”, ma nulla sarà più come prima. Nel 1975 la Island pubblica l’antologia “Seasons They Change” che contiene la lunga, 16 minuti, inedita Queen Juanita And Her Fisherman Lover composta da Heron, un caotico affascinante mix di percussioni tribali, ritmi latini, folk e psichedelia, si tratta di una registrazione non destinata alla pubblicazione, che è stata inserita nella compilation dalla casa discografica all’insaputa dei musicisti. Spiriti erranti e vagabondi, sperimentatori di suoni e incantatori di anime, gli ISB hanno lasciato un’eredità preziosa che oggi ritroviamo nelle musiche di molti artisti come Joanna Newsom, Devendra Banhart, Fleet Foxes, ma hanno soprattutto contribuito in modo decisivo ad allargare gli orizzonti della musica rock, ad aprirli alle musiche provenienti dai luoghi più disparati del pianeta, sperimentando esperienze sonore inedite e impensabili con un’apertura mentale e una voglia di tentare strade sempre nuove davvero rara. Non a caso erano stimati da gente come Bob Dylan, Rolling Stones, Led Zeppelin. Ma gli ISB sono in primo luogo figli del loro tempo, e per questo ci sembra giusto concludere questo omaggio con il testo di una canzone di Mike Heron significativamente intitolata 1968, che non troverete negli album ufficiali, ma solo nelle raccolte di BBC Sessions “On Air” e “Across The Airwaves” e nel già citato “Bloomsbury 1997”, probabilmente composta intorno al 1970 e che molto ci dice sullo spirito che animava la band e sul rammarico per un recente passato felice che sta svanendo:
My friend the nights are longer
Do you think we're learning more?
Do you think we will be sure of all the song there is?
Did we step wrong somewhere?
Did we my friend?
Are we lost? Are we lost?
Are we lost, my friend?
You played your strings like they led to the truth
Sang your words like clear spring light
Let's do it one more time
And we'll keep the fire going
Bright sunshine in darkest night
We kept looking long
And we kept playing strong
The I-ching's talking soft
Warm hearts are getting thin
And the voice of water running cold
Still speaks so real to me
And I still love to see a rainbow
Amico mio le notti sono più lunghe
Pensi che stiamo imparando di più?
Pensi che saremo sicuri di tutto ciò che c’è nella canzone?
Abbiamo sbagliato da qualche parte?
Lo abbiamo fatto, amico mio?
Ci siamo persi? Ci siamo persi?
Ci siamo persi, amico mio?
Hai suonato le corde come se conducessero alla verità
Cantato le tue parole come la limpida luce primaverile
Facciamolo una volta di più
E manterremo vivo il fuoco
Sole splendente nella notte più buia
Abbiamo continuato a cercare a lungo
E abbiamo continuato a suonare forte
L’I-ching che parlava sottovoce
Cuori caldi si stanno assottigliando
E la voce della fredda acqua corrente
Ora mi parla in modo così vero
E mi piace ancora vedere un arcobaleno
IGNAZIO GULOTTA
La storia di una band di importanza assoluta…credo che se molti giovani ritrovassero la magia di questo “folk” non omologato,ma assolutamente creativo e fuori dagli schemi,ci sarebbe molto più entusiasmo verso la musica,di quanto ce ne sia oggi (dove vediamo un ripetersi di piccole mode destinate ad un vuoto a perdere). Il miracolo di questi suoni non conosce limiti di tempo…GRAZIE a chi li ha ricordati,con passione e competenza. URSUS
Ursus, te l’avevo giá chiesto…peró sarebbe bello trovare qualcuno che vide a Mike e Robin a Torino nel 1967!!!
articolo attendibile e competente,a tratti apassionato,io però vidi la I.S.B.per la prima volta a Mestre(Robin,Mike,Malcom,Stan Lee,Janet Shankman)nel Dicembre 1972… BE GLAD….