Paradise Lost Obsidian
L'ossidiana è una roccia magmatica nera come la notte eppure capace di brillare grazie alla propria traslucidità, pietra affascinante ma da maneggiare con cautela poiché nella sua consistenza vetrosa può essere assai tagliente. Apriamo la recensione con questo breve excursus geologico, perché crediamo che i Paradise Lost non potessero scegliere una metafora migliore per intitolare il loro sedicesimo album in studio, “Obsidian”, uscito lo scorso maggio per Nuclear Blast. Dopo gli splendori degli anni '90 ed alcune sperimentazioni audaci di fine millennio - “Host”, album assai ingiustamente incompreso – la band albionica ha proseguito nel nuovo millennio il proprio cammino artistico mostrando nel complesso una buona prolificità ed ispirazione, in particolare con due album dell'ormai passato decennio quali “Tragic Idol” e “The Plague Within”. Gli ultimi Paradise Lost sono tornati ad abbracciare in toto l'oscuro e mistico gothic metal degli esordi, lasciandosi alle spalle quella certa ruvidità puramente metal che li caratterizzava per concentrarsi maggiormente sull'aspetto più puramente atmosferico e sinfonico. Questo lungo percorso ha condotto la band di Nick Holmes alla realizzazione di un album, “Obsidian” appunto, che pur non portando elementi di particolare innovazione colpisce per le fascinazioni notturne e decadenti. Prodotto e suonato magistralmente, l'ultimo lavoro dei Paradise Lost raccoglie undici brani di singolare e suggestiva bellezza, che si lascia sempre più apprezzare ad ogni ascolto. Come l'ossidiana che assume bizzarre e luccicanti forme accarezzata dalle onde del mare, così le canzoni del disco sembrano figlie di un profondo e alacre lavoro di affinamento su testi e, soprattutto, musiche e arrangiamenti sinfonici, che ci fanno pensare per bellezza e suggestione ad alcune recenti soluzioni dei cugini My Dying Bride, anch'essi recentemente tornati con lo splendido “The Ghost Of Orion”. La cupa intro Darker Thoughts, l'ammaliante The Devil Embraced e l'apocalittica Hear The Night sono i tre migliori esempi di brani in cui prevale l'aspetto sinfonico, ma oltre a questo i Paradise Lost si mostrano in ottima forma anche quando si tratta di brani più “tirati” e d'impatto: due ottimi singoli Ghosts e Fall From Grace, insieme alle nerissime Forsaken e Hope Dies Young sono forse la miglior dimostrazione dello stato di forma ed ispirazione della band. La formazione, rimasta per 4/5 quella originale, mostra un affiatamento e un'intesa perfetti, dando vita al tappeto sonoro ideale per la voce di Nick Holmes, che domina la scena con carisma. “Obsidian” è un album affascinante e ricco di suggestioni notturne e letterarie, nel quale lo stile dei Paradise Lost si cristallizza in una forma perfetta e canonica inseguita per lungo tempo.
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