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10 Maggio 2021

Ghost Funk Orchestra An Ode To Escapism

2020 - Colemine Records

E’ vero. Prendere un aereo di questi tempi di pandemia è cosa alquanto complicata. L’idea di comprare un biglietto per il semplice gusto di fare un viaggio è – al momento – un’esperienza relegata all’album dei ricordi. Tuttavia, per chi non avesse perso il piacere del viaggio, "An Ode To Escapism" (Colemine Records) dei Ghost Funk Orchestra può essere l’album che sostituisce quello dei ricordi. Al posto del sedile del passeggero, avrete solamente bisogno di un paio di cuffie. Al posto della voce dell’hostess che vi accompagna in cabina, avrete solamente una voce  suadente che vi accompagnerà durante tutta la durata dell’album. La voce che apre Introduction, infatti, è il filo rosso che guida l’ascoltatore su tutte le 17 tracce di cui l’album si compone e rivela – da subito - le intenzioni dei GFO. La donna che vi entrerà in cuffia sarà la vostra guida. Si assicurerà che vi mettiate comodi. Vi raccomanderà di chiudere gli occhi. Si sincererà che siate ancora svegli. Effettivamente il rischio, o meglio l’intenzione, di Seth Applebaum e degli altri 9 componenti dell’GFO è quella di garantire un viaggio psichico nel subconscio dell’ascoltatore. L’effetto è erotico prima e catartico dopo. Lo smooth jazz, unito con una vena dolcemente funk, crea un percorso onirico in cui i 10 pezzi che compongono l’orchestra danno prova di saper dialogare, di saper incidere e di saper sperimentare. L’acme però si raggiunge già da subito; alla sesta traccia, Fuzzy Logic. Una sorta di brivido che vive nel duetto tra il sax baritono ed il flauto traverso. Ma dopo il bruciare dei fiati, è daccapo la voce femminile che ci fa strada a riaccoglierci nel seno dell’album. L’entspannung che si ha nel passaggio alla traccia successiva (Quiet Soul), però, corre il rischio di far perdere al resto del lavoro la funzione terapeutica e di creare un abbassamento di tensione, che l’orecchio attento riesce a percepire. L’effetto è forse inevitabile, ma toglie all’album quella forza che avrebbe acquisito se avesse mantenuto la traiettoria di climax ascendente, disegnata nelle prime tracce. Allora, l’album va verso ritmi più placidi, ma ancora capaci di incuriosire l’ascoltatore. Si veda per tutte Drop Me A Line. In linea di massima, però, tutti gli arrangiamenti si mantengono complessi e articolati, anche se non rischiano mai – nonostante tutto - di diventare puri bizantinismi. Quando, esaurita l’ultima traccia, la voce guida vi raccomanderà di riaprire gli occhi e vi chiederà se vi sentite meglio, non potrete che rispondere convintamente: sì.

Voto: 7/10
Andrea Costa

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