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5 Settembre 2014

Burning Nitrum MOLOTOV

2014 - Punishment 18 Records

burning nitrumDopo aver prodotto l’EP “Pyromania” nel 2012 e il singolo “Turned to ashes (nothing stands still)” nel 2013, scelto come hit di lancio per questo album, ecco che con “Motolov” i baresi Burning Nitrum approdano al loro primo full lenght. E con esso, inforcando le cuffie, veniamo immediatamente precipitati nel più estremo e torrenziale thrash metal, memore della scena losangelina e, più in generale, californiana degli anni ’80, quella di gruppi come Slayer e Suicidal Tendencies. I testi del cantante Dave Cillo, forse ancora più duri delle musiche, evocano i gruppi più dark della scena metal italiana dello stesso periodo, nomi come Necrodeath e Sadist. Leggete le liriche di Apocalypse of Pain, di Lying until the end o di Slave of lust, solo per citare tre esempi particolarmente rappresentativi. Quest’ultima, in particolare, parla del fitto rapporto tra sesso e corruzione che si annida ai piani più alti della società odierna. Ma in questo sound fatto da “cavalcate” iperveloci, scandite dall’intrecciarsi degli arpeggi delle chitarre e dal supporto immancabile e costante della doppia cassa, i Burning Nitrum sono qua e là capaci anche di aperture melodiche del tutto inaspettate, come nella breve e onirica introduzione Subversive Nausea o nell’ultimo minuto, delicatamente acustico, di Remote of death, una delle tracce migliori dell’album, o ancora in Falling into slavery, accreditata come traccia a sé stante ma, di fatto, un’intro per la successiva e già citata Slave of lust.

 

burning nitrum 2014phA questo punto, che dire? Il thrash metal è un genere senza compromessi: o lo si ama o lo si odia. Se, però non siete estimatori di questa corrente “estremista” del mondo hard’n’heavy, dovrete assolutamente convenire sul fatto che i Burning Nitrum hanno le idee ben chiare e ciò che vogliono fare sanno farlo: la voce di Dave Cillo si rivela estremamente versatile nel passare, persino nell’ambito di una stessa strofa, dal falsetto a sfiorare quasi i confini più oscuri del growl, gli incroci ad alta velocità delle chitarre di Walter Lanotte e Francesco Vivarelli sono sempre decisamente precisi cilloe puntuali, il drumming di Dario D’Ambrosio (unico componente, insieme a Cillo, della band fin dagli esordi) è perfettamente all’altezza della situazione ma, senza nulla togliere a nessuno, una menzione speciale va fatta per il bassista Angelo Fiore, che avrebbe meritato un trattamento più generoso in fase di mixaggio, ma che quando emerge in modo deciso, come nei primi stacchi di Slave of lust, al confine con il progressive-rock, o nel finale della stessa, regala finezze e sfumature del tutto inaspettate.

Alberto Sgarlato
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