ILLacrimo ILLACRIMO
Un EP di circa 25, questo lavoro omonimo di esordio degli ILLacrimo, registrato in Italia ma mixato a Londra presso il Fastermaster Studio da Matteo Cifelli. Leggendo le note di copertina emerge immediatamente il fatto che la formazione ruoti attorno a due chiare figure di riferimento: la cantante Federica Sara Falletta e il polistrumentista (principalmente chitarrista, ma anche impegnato al basso e alle tastiere) Davide-Kristof Acs (figlio di Jason Acs, un famoso direttore d’orchestra ungherese il cui nome è spesso associato alla collaborazione con Luciano Pavarotti).
Fatta questa premessa, le note sulla formazione nel CD si fanno un po’ caotiche: troviamo riportati infatti oltre ai due suddetti (chitarra e voce), anche il tastierista Raffaele Lamorte, il bassista Dario Vanoli e il batterista Alessandro Napolitano; ma immediatamente dopo c’è scritto testualmente che il basso e le tastiere in tutte le tracce, eccetto No Longer, sono suonati da Davide-Kristof Acs, che la batteria, ancora in tutte le tracce, eccetto No Longer, è di Dario Fiume, mentre Vanoli e Napolitano, riportati come titolari, hanno, di fatto, suonato solo nella suddetta No Longer, mentre il piano in tutti i brani è suonato da Alessandro Panella. Sembra quasi, quindi, che il disco sia frutto di due formazioni differenti, o meglio di una band “in divenire”, che ha preso forma in via definitiva solo durante le registrazioni, a fianco ai due co-leader Acs/Falletta.
Fatta questa precisazione, in realtà ciò non si avverte affatto e l’opera risulta invece perfettamente omogenea: su un tessuto di chitarre inequivocabilmente nu-metal si snodano arrangiamenti brillanti e variegati, come l’abbondante uso di piano e di sintetizzatori dalla solennità molto prog in 1000 reasons to?, certamente l’episodio migliore dei cinque presenti, per passare a una svolta più acida nella durissima Chains in the cold. La voce della Falletta è davvero molto bella, versatile e capace di sfumature che vanno dal delicatissimo al graffiato, con una estensione di tutto rispetto, ma forse sarebbe d’uopo un po’ più di cura nella pronuncia inglese, che a tratti risulta “scandita” in un modo alquanto scolastico. Pur tuttavia, il consiglio è quello di proseguire a comporre in lingua inglese perché la conclusiva Non credi, unica traccia in italiano delle 5 presenti, dimostra che la lingua della nostra nazione non si sposa affatto al sound di respiro internazionale di questa band.
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