Hermanos BLINDING LOVE
I fratelli Brussato - Giorgio (voce, basso, elettronica) e Roberto (chitarre, pianoforte, tastiere) - suonano insieme dai primi anni ’90 in varie formazioni rock, ma solo nel 2015 decidono di creare musica da soli, fondendo la loro passione per la new wave, le colonne sonore dei western italiani anni ‘70 e l’elettronica. Nasce così Hermanos (“fratelli” in spagnolo) e questo “Blinding Love”, mini-album d’esordio uscito lo scorso ottobre per l’etichetta indipendente trevigiana Metalmorfosi. Già da un primo ascolto è evidente come nella musica di Hermanos convivano due anime ben distinte, quella della new wave più rockettara (gli U2 del periodo ’84-‘91 o gli ultimi Simple Minds, ad esempio) e dall’altra quella lounge/spaghetti western (i Calexico e le colonne sonore dei b-movie western italiani ‘70). Dopo una breve intro quasi sinfonica, si parte con Chili Groove, strumentale lounge piuttosto minimale dal mood cinematografico, caratterizzato da una voce femminile campionata che parla in spagnolo.
Segue il singolo Dust (di cui abbiamo curato una video-premiere*), in cui la bella voce di Giorgio Brussato e le capacità di songwriting e produzione del duo ci regalano uno dei pezzi migliori e più elaborati: qui gli Editors incontrano gli U2 di “The Unforgettable Fire” e gli ultimi Simple Minds (“Graffiti Soul”, “Big Music”). Roberto Brussato, con varie sovraincisioni di chitarra in diversi stili (da The Edge a Steve Vai passando per Ry Cooder) su cupi accordi di pianoforte, confeziona la visionaria e bizzarra La Danza De Los Mosquitos. Si torna su atmosfere lounge con The Equilibrist, seconda traccia cantata, che, a differenza di Dust, si muove su sonorità care a Wim Wenders (Nick Cave And The Bad Seeds, Crime And The City Solution), grazie ai suoni e ai riff delle chitarre di Roberto e alla profondissima voce di Giorgio. Salsa Guaca si spinge in territori tradizionali messicani, ricordandoci i Tuxedomoon degli anni ’90-’00. Blinding Love, che dà il titolo al disco, è il brano meglio prodotto e arrangiato del duo: dopo una intro elettronica, salta subito all’attenzione il sound alla U2 di “The Joshua Tree” che si miscela a quello dei Simple Minds di “Big Music”, con un pizzico di pop decadente alla The Cure. Chiude il lavoro l’intrigante D-Stars, strumentale d’atmosfera con tanto di basso e chitarre alla Joy Division.
I fratelli Brussato sanno suonare, cantare, scrivere, arrangiare e anche registrare bene nel loro Sonic Studio, ma l’impressione è che questo mini-album sia uscito prematuramente, non avendo una direzione stilistica precisa: nemmeno la voce di Giorgio (essendo presente in poche tracce) riesce a fare da collante. Ci si poteva aspettare di più in termini quantitativi (la qualità è indiscussa), magari un album più coerente in due parti o addirittura due EP, vista la differenza sostanziale di sound nei vari brani del disco. Non ci sentiamo di consigliare alla band quale delle due anime portare avanti, visto che le gestiscono entrambe molto bene, ma sicuramente andrà fatta qualche scelta in occasione di un primo vero album. Sarebbe complessivamente un 7/10 di buon auspicio, che potrebbe diventare un voto più alto se il duo riuscisse a realizzare un full-length coerente, ma anche uno più basso qualora i due fratelli si presentassero con un’altra raccolta di brani slegati tra loro.
Video →
Correlati →
Commenti →