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9 Aprile 2015 , ,

THALASSA – Italian Occult Psychedelia Festival, III^ Ed. THALASSA 2-3-4 Aprile 2015, Roma, Dal Verme


Thalassa                           I N T R O 

                

Anche quest’anno il Circolo Dal Verme ha rinnovato l’appuntamento per una tra le sue iniziative di maggior successo, il Thalassa Italian Occult Psychedelia Festival. Per tre anni consecutivi si è assistito ad un prodigio quasi per certi versi inaspettato: un riscontro crescente in termini numerici e un partecipe interesse da parte di un pubblico eterogeneo per una sfera musicale catalogabile tra quelle più ostiche e criptiche nelle proprie dinamiche comunicative e rappresentative. Un fiorire qualitativamente rilevante di proposte propriamente pan etniche dai tratti identitari sempre più marcati. Un collegamento sempre più avvincente e suggestivo con l’elemento visivo e visionario di questo genere, comprensivo di tutte le derivazioni hauntology derivanti dalla nostra avanguardia in campo artistico e nella produzione multimediale (si pensi allo sconfinato territorio delle sonorizzazioni ma anche ai nuovi influssi di tipo astratto portati dall’arte contemporanea). Al di là degli interrogativi di tipo antropologico, che portano ad un bisogno sempre più dilagante di contenere la spinta omologante e superficiale della nostra deriva post moderna, l’imporsi di queste nuove attitudini non è forse solo un tentativo quasi psicotico e schizofrenico di andare a ‘disseppellire’ quel qualcosa di recondito che ci aiuti a trovare un senso. Forse sotto c’è nascosto anche un ‘di più’, un nuovo bisogno, qualcosa che ad thalassa pesce 2esempio già il Gruppo di Improvvisazione Nuova Consonanza aveva provato a indagare: l’inquietudine di superare alcuni limiti imposti dal sistema tradizionale della musica dodecafonica e provare ad esplorare nuove fonti sonore, nuove costruzioni armoniche, nuovi orizzonti uditivi. Qualcosa di ambizioso e tremendamente stimolante che è stato motivo di discussioni e ipotesi tra le più articolate e fantasiose tra gli avventori della manifestazione. Qualcosa che seppur destinato a soccombere schiacciato dai suoi stessi limiti ontologici è comunque forma assoluta di fermento e di stimolo che non si può tacere e che è importante che ci sia! Ma lasciando da parte le pur stuzzicanti disquisizioni di teoria, andiamo nella sostanza di questa tre giorni ancora una volta organizzata e ospitata dal Circolo Dal Verme di Toni Cutrone (con la super visione e la consulenza di Antonio Ciarletta e Boring Machines).  Location che se pur non capiente, riesce ad incarnare alla perfezione il fascino e le atmosfere della tematica in esame. Con il suo anfratto sotterraneo -destinato alla refrigerazione delle carni suine- la translitterazione mentale a cella di isolamento sensoriale viene sin troppo facile. Al Thalassa nulla mai può essere schematizzato.

 

 

Prima serata, 2 Aprile:  Back To Mercurio, Umanzuki, ?Alos, Control Unit, HermeticBrotherhood Of Lux-Or

 

Back To MercurioCinque nomi in scaletta per la serata di apertura. Partono puntualissimi i Back To Mercurio, onorati di un palco di esordio di eccellenza per il loro interessante EP “Umani Front” e senz’altro gradita rivelazione per la sottoscritta. Il duo laziale riesce a tirar fuori un suono denso e melmoso che procede per compressione e reiterazione. La batteria è tirata e rigidissima, si esce dal cunicolo di oppressione solo nei brevi intermezzi affidati ad un’elettronica che amplifica il senso di inquietudine e marzialità, riverberando e rendendo latente lo stesso gioco concettuale di cupezza e smarrimento. Proseguono il programma i toscani Umanzuki che coraggiosamente hanno ormai reso netto il taglio stilistico passando da un’avanguardia jazz math core (“Sonic Birds”, 2012) ad un astrattismo alimentato da ‘elaborazioni’ ex post di suoni rubati e campionati. Dall’ambient al minimalismo, dal primitivismo al futuribile, tutto in una serie di stimoli sensoriali a cui risulta difficile non volersi affidare. Due parole di precisazione invece, vanno dedicate alla signorina ?Alos, al secolo Stefania Pedretti, che con il suo ultimo, affascinante “Matrice” (2015) porta avanti con grande coerenza e sapiente approfondimento il suo lavoro di esplorazione dell’archetipo primitivo. Dopo “Era” (2012), fa confluire le svariate Umanzukiinfluenze di genere, ispirate da tutti i suoi progetti collaterali, in un discorso coeso ed affascinante legato all’immaginario della ritualità, al potere evocativo della voce, alla semiotica complessa e intricata che ci collega, in un rapporto di amore-repulsione, alle origini e alla sofferta ricerca di senso da riadattare al post. Discorso complesso quanto suggestivo, in grado di comprendere tutte le sfumature del caso e per forza di cose Alossottoposto ai rischi prevedibili di una difficile assimilazione. Control Unit mettono invece in campo un’apertura a tutto campo verso l’improvvisazione ottenuta dalla commistione tra disarticolazione vocale e distorsione chitarristica. Riportano in auge rimandi alla no wave e all’industrial più cinematico. Non ci stupisce l’interesse di Julian Cope per il bravo duo formato dalla cantante Mirea - che prende il posto di Silvia Kastel - e dall’ottimo Ninni Morgia. Chiusura arrivata ad altezze stratosferiche con la magnifica quanto del tutto sorprendente (sempre a parere di chi scrive) performance dei sardi HermeticBrotherhood Of Lux-Or. Dopo aver conosciuto, sempre nel contesto thalassiano, le pregevoli capacità di Mirko Santoru (MS Miroslaw) nella tessitura rievocativa agganciata al paganesimo e all’esoterismo folkloristico della sua affascinante terra, il discorso con gli Hermetic si estremizza e si carica di un magnetismo viscerale da apice parossistico. La forza e la carnalità del primitivo, l’energia della natura Hermetic Brotherhood of Lux-Orpiù incontaminata, lo spessore di una religiosità quasi saccheggiata ed esorcizzata nello sforzo di coglierne la più recondita rivelazione. Il caos e l’armonia riportati all’unisono dalla psycho antropologia di Mirko e del suo teschio di cavallo, che questa volta emette straziate urla semi umane, tra emissioni sulfuree di droni (Laura Dem) e l’incedere devastante e invasato della chitarra rivelazione di Andrea Ev. Magistrali!

 

 

Seconda serata, 3 Aprile: Maria Violenza, Virtual Forest, Al Doum & The Faryd, Jooklo Duo

 

Le aspettative della serata si portano su registri alti. Apre il cerimoniale Maria Violenza con i suoi arabeschi impregnati di mediterraneo sanguigno e veemenza punk. Piacevole Maria Violenzae gustoso il suo allestimento che costruisce melodie su basi registrate in estemporanea. Non tutto corre perfettamente liscio ma Cristina ha grinta e fa comunque decollare pienamente la sua performance. Decompressione dal trasporto ipnotico quella che ci Virtual Forestoffre Marco Bernacchia che abbandona la chitarra (Above the Tree) e si dà ad un’elettronica fortemente psicologica come Virtual Forest. Sinusoidalità dell’inconscio, riverberi, fluttuazioni di impercettibile spostano l’indagine all’interiore e abbassano le luci per un raccoglimento meditativo. Il medio Oriente satura l’aria con gli aromi dell’incenso, l’harem degli Al Doum & The Faryds ci ospita tra morbidi cuscini e arazzi, dove la psichedelia può sfogarsi in tutto il più fantasioso caleidoscopio di colori. Blues esotici, safari tra le tribù africane di canti e balli sfrenati, ristori all’ombra delle palme in pieno trip lisergico. Il miraggio è pieno di gradevoli sfumature, l’immersione è pressoché totale e il tempo si relativizza. Al Doum & The FarydsNon poco, a giudicare dai dolori della schiena in fase di risalita! Ma la serata concede ancora spazio (breve e conciso) ai Jooklo Duo. Il tortuoso sax di Virginia Genta e la vorticosa batteria di Davide Vanzan tirano dentro la free jazz più creativa e carambolante, con affondi Jooklo Duonoise fusion assolutamente bizzarri e necessari per dare verve ad un occultismo dalle molte sfaccettature, anche sul versante della provocante dissacrazione o dell’ironia più caustica.

 

 

 

Terza serata, 4 Aprile: Acchiappashpirt, Lino Capra Vaccina, Tetuan, The Great Saunites e Attilio Novellino

 

E finalmente giunge il tanto desiderato tempo epifanico dell'ultima giorno. Quello del 'tutto è compiuto', quello che ci proietta nella piena Pasqua di resurrezione dopo la lunga preparazione quaresimale, tanto per rimanere in tema. La fibrillazione è ormai incontenibile. Si cerca di controllare il nervosismo inveendo contro un tempo inclemente, che sembra voler promettere tuoni e saette. Fortunatamente però la pioggia torrenziale Acchiappashpirtdecide di placarsi e concede una tregua al pubblico thalassiano che coraggiosamente affluisce ancora una volta numeroso e, a brevi tratti, durante le pause, si può anche sistemare fuori per la chiacchierata di consuetudine. Del resto i vermi si sa, sotto l'acqua trovano il loro habitat ideale! Ad aprire i battenti che introducono nel ventre dell'invertebrato ci pensano i vicini di casa del Fanfulla, Acchiappashpirt, duo di sonoro poetry project formato dal simpatico Stefano Di Trapani e dalla poetessa di origine albanese Jonida Prifti. Un avvincente gioco di declamazione che fonde la performance letteraria e l'accompagnamento mimico espresso in suono. Risultati di notevole intensità raggiunti con un semplice distorsore, con mirati interventi di timbrica e filtraggio. Jonida recita un pezzo di un suo radiodramma, "Evasione", dal titolo Rivestrane, specificamente riadattato e sonorizzato per il Festival. La sua voce come una risacca che distribuisce sedimenti di eco tra i feedback dall'andamento spastico (ispirati al neo dadaismo delLino Capra Vaccina movimento Fluxus) dalle sottolineature drammatiche e pregnati del congegno a valvole manovrato da Demented Burrocacao Di Trapani. E riaprendo gli occhi arriva l'agognato momento che si aspetta una vita. L'imponente vibrafono sistemato dietro il palco stava già provando a dire che non era tutto solo un sogno. Lino Capra Vaccina aveva voluto concedere proprio al Thalassa l'onore e il privilegio di ravvivare la mai sopita leggenda legata alla sua carismatica figura. Già solo questo sembra miracoloso!  Basilare l'apporto seminale dato al genere psichedelico - progressivo - alternativo dalla sua ricerca sonora nel campo delle percussioni. Membro prima degli Aktuala e poi degno esponente dell'avanguardia colta con il suo album solista Antico Adagio, appena ri-editato in una preziosa versione integrata da inediti per la Die Schachtel. Il maestro letteralmente conduce gli astanti in un viaggio iniziatico dove tutto è sospensione, magia, spiritualità. Un Tetuanmontare emozionale pervasivo in cui il diffondersi delle note cristalline diventa costruzione raffinatissima di una cattedrale di equilibri che si innalza e che lievemente implode su se stessa. La sensazione che predomina è quella di una consistenza inconsistenza, di una lievità palpabilità che continuamente si infrange e si disarticola per ritornare flusso, materia informe da plasmare. Il mago artefice del prodigio alchemico è Lino Capra Vaccina, tripudiato da un pubblico in visibilio che non smette di applaudire. La commozione è tangibile e il maestro ci offre un gradito assaggio di un suo nuovo progetto ancora in fase di elaborazione "Rombi Sonori", con basi pre registrate sviluppate al contrario a fungere da droni di sfondo. L'atmosfera è ormai calda ed il clima di euforia incontenibile è ben salutato dalle ultime due esibizioni che pongono la giusta The Great Saunitesenfasi e il necessario vigore ai toni. I Tetuan spingono sull'acceleratore ritmico con un'esibizione al fulmicotone. Il loro power rock infarcito di noise e crudità psichedelica è granitico e dirompente. Particolarmente in forma il bravo batterista Edoardo Grisogani. La degna conclusione è invece nelle mani di una coppia d'assi rivelatasi più che vincente dopo il bellissimo split "Radicalisme Mecanique" (2014). The Great Saunites e Attilio Novellino ci trascinano giù nel gorgo ottenebrante del loro motorik psycho kraut spruzzato da torbide propulsioni noise industrial. Novellino riesce molto bene nell'intento di enfatizzare il climax oscuro e ansiogeno caricando di folate cosmiche e disturbi sperimentali gli intercalari dei due bellissimi pezzi di "The Ivy" (2013) fino all'innesto entropico della suite finale. 

 

Conclusioni

 

Certamente questi tre giorni regalati in tre anni da questa memorabile manifestazione rimarranno negli annali degli eventi di grossa portata, in grado di dare visibilità alle iniziative periferiche della musica messe in scena da una periferia in cerca di riscatto e di sdoganamento dagli steccati esistenziali. Forse, come già sentenziato da instancabili voci Romina e Felice con Laura Dem e Mirko Santoru degli Hermetic B.O.L.di corridoio, l'edizione in questione è giunta al suo termine o alla sua naturale conclusione. Non potrà comunque finire di essere seminale per tutte le nuove iniziative a venire quella fucina in grado di tenere viva e ardente la fiamma della passione per l'innovazione, per il linguaggio alternativo, per la ricerca sempre curiosa verso nuove forme di espressione e partecipazione. E come membro appartenente alla sfigata periferia est del Pigneto, non posso che dirmi orgogliosa di aver presenziato, di raccontare 'io c'ero' ai giovani di domani, di testimoniare quanto può essere grande e potenzialmente costruttiva una sensibilità affine che unisce le proprie forze per sporgersi oltre. Verranno nuovi panorami e nuovi prospettive si schiuderanno, ma credo sia giusto considerare il Thalassa lo spirito guida a cui ispirarsi e da cui ripartire. 

Romina Baldoni
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