Henry Padovani 28 Marzo 2013, Blue Rose Saloon, Bresso
Quando arrivo al Blue Rose Saloon sono circa le 22, poca gente e serata tranquilla. Dopo poco sale sul palco Marco Crupi, chitarrista cantautore monzese accompagnato da altri due musicisti, un tastierista ed un chitarrista, che ci intrattengono per una quarantina di minuti con un cantautorato lieve e senza particolari sussulti, tanto che la gente che sta popolando il locale e che va man mano aumentando, sembra in generale più interessata a bersi una birra e fare quattro chiacchiere piuttosto che prestare troppa attenzione alla proposta musicale in corso. Poco dopo passate le 23 invece sale sul palco Henry Padovani, noto ai più per essere stato il primo chitarrista dei Police ma non solo.
Il cantante e chitarrista corso ci propone un set in solo acustico dove per un’ora circa ci propone canzoni dal suo repertorio mescolate a classici del rock come Long, long, long dei Beatles, Nature Boy di Nat King Cole, Rien de Rien di Edith Piaff, Ne me quittes pas di Jaques Brel passando per i Rolling Stones di Play with fire ed il Nick Cave di Into My Arms. L’atmosfera è spezzata in due, da una parte, nei pressi del palco si respira l’aria di una serata tra amici, toni confidenziali, Henry che parla tutto il tempo in Italiano, saluta amici di vecchia data e ci intrattiene con queste canzoni evergreen riviste però in chiave blues e personale. Nella parte opposta del locale, un altro gruppetto di persone sembra più interessato a bersi la sua solita birra e chiacchierarsela un po’ come in una serata qualsiasi di un pub che pratica musica live più di sottofondo che per un vero ascolto, e questo per me che mi ritrovo un po’ nel mezzo suona a volte fastidioso e stridente con l’atmosfera rilassata che mi si pone davanti.
Il set prosegue e arriva al termine con quello che un po’ tutti si potevano aspettare, una canzone dei Police, Next to you che Henry ci dice, ci propone così come l’ha ascoltata la prima volta, in versione chitarra acustica e mettendola in una chiave country che la rende totalmente inedita e capace di colorarla di atmosfere in cui non la avevamo mai vista. Il set termina così dopo una dozzina di canzoni per poco meno di un ora con Henry che scende di nuovo tra un pubblico non numeroso, ma fatto di amici ed appassionati di musica di qualità e non alla ricerca del fenomeno hypster del momento. Insomma, una di quelle serate dove ci sarebbe stato bene un camino e la voce di Henry a scaldarci il cuore semplicemente senza tanti giri di parole, perché a volte abbiamo bisogno anche di questo per riportarci alle radici di ciò che la musica può rappresentare nella sua essenzialità: Calore ed emozione.
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