Karlheinz Weinberger Rebel Youth
'Karlheinz Weinberger was from Switzerland??! You gotta be kidding me'. In questo modo si apre la prefazione del regista John Waters al libro che raccoglie le foto dei giovani rocker svizzeri di Karlheinz Weinberger, "Rebel Youth", uscito negli Stati Uniti per i tipi di Rizzoli International. E, in effetti, le sue foto hanno pochissimo di elvetico: che cosa c’entrano mai con la Svizzera i rockers, le loro motociclette, i ragazzi col ciuffo da teddy boy, le teddy girls e le loro acconciature vertiginose, insomma tutto l’immaginario da juvenile delinquence anni Cinquanta cui siamo stati abituati dall’iconografia rock’n’roll da Ronnie Dawson ai Cramps e oltre? Difficile pensarlo eppure queste fotografie non arrivano dalla periferia di una qualsiasi metropoli americana, bensì da Zurigo e da altre località svizzere. Foto di gang giovanili, ragazzi sguardo fiero e stiletto in mano, motociclisti in giacca di pelle e stivali, cinturoni enormi con su stampata la faccia di Elvis Presley e di James Dean o un teschio con due tibie incrociate, ragazze dallo sguardo ambiguo e la mise maculata, giacche di pelle o di jeans con su stampati animali feroci di ogni razza (ricordate la giacca che indossa Iggy Pop sul retro copertina di Raw Power? Qualcosa di molto simile...), questo ed altro il materiale umano che dà vita all’immaginario di Weinberger. La prima impressione che si ha nel vedere queste fotografie è il sentore di una certa autenticità che da esse traspare, sono cioè immagini prive di qualsiasi mediazione culturale dovuta all’importazione di una nuova “moda” straniera (il rock’n’roll) nell’ambito svizzero. Questi ribelli senza causa (ma “con stile” per citare ancora John Waters, uno dei primi a riportare alla luce l’opera del fotografo), nichilisti e cattivi, colti perfettamente a loro agio nel loro stato selvaggio, conservano da un lato una certa purezza ed ingenuità (colta dal fotografo con occhio, potremmo dire, pasoliniano, dei “ragazzi di vita” in chiave rock’n’roll), dall’altro danno sfogo ad una consapevolezza del loro essere, al di là di qualsiasi tentativo di costruire una moda.
Le fotografie di Weinberger restituiscono l’immagine di un’altra Europa, assolutamente non costruttiva ma terribilmente interessante nel modo in cui il rock’n’roll penetrò in essa, vista dall’interno da uno dei suoi protagonisti. Questo è il punto fondamentale per capire le foto di Weinberger: non si tratta di documenti che dall’esterno ricostruiscono un ambiente estraneo al fotografo, ma sono la testimonianza di un modo di vivere condiviso, il racconto di un mondo difficile e non accettato socialmente, eppure vissuto con coraggio, di cui anche il fotografo faceva parte. Scrive Guy Trebay nel saggio che accompagna il volume: 'Le immagini di Weinberger dei banditi da lui scovati, frequentati e fotografati a casa, di notte o nei weekend di fronte ad un fondale bianco, assumono elementi inconfondibili di auto-espressione [...] che contribuisce ad esprimere qualcosa di bello e completo'. Al di là del giornalismo, del reportage, e della documentazione sociologica, Weinberger non fa altro che condurci all’interno di un mondo, il suo mondo, di cui condivide con chi guarda le sue fotografie la moda, lo stile, ma soprattutto le difficoltà. Scrive ancora Trebay: 'più si analizzano le immagini, più l’attenzione è tesa verso la non dichiarata relazione tra il fotografo e i soggetti, verso la curiosa scelta di un frustrato impiegato omosessuale dell’epoca di incentrare la sua ricerca fotografica su persone il cui stato di pariah aveva molto in comune col proprio'. Per tutti quelli convinti che la Svizzera significhi soltanto cioccolato, orologi e Heidi, un documento di straordinario interesse.