Andrea Campanella PIERO UMILIANI: IN PAROLE E MUSICA
Questo breve ed essenziale volumetto non vuole solo provare a tracciare la biografia e gli episodi più significativi della vita di Piero Umiliani, vuole mettere in risalto e far rivalutare le grandi intuizioni e gli intenti che ne caratterizzarono la passione creativa. Si conosce Piero Umiliani attraverso la grande quantità di composizioni per il cinema, per gli spot pubblicitari e tantissimo altro materiale messo a disposizione della televisione. In qualche modo egli è stato il padre della cocktail generation e della lounge music, di tutti i motivetti più accattivanti che hanno raccontato l’Italia della commedia sexy, del cabaret, dell’evasione leggera e disimpegnata. Ai più è senz’altro sfuggito il fatto che Umiliani era un grande jazzista. Un jazzista di talento e versatilità, un musicista con una formazione classica e rigorosa che, raccogliendo la lezione creativa di Duke Ellington e dei padri del jazz, intraprende una sua via di sperimentazione, prova a guardare avanti, a dare un imprinting italiano al jazz. A quasi tutti sfugge invece l’Umiliani precursore avanguardistico, il manipolatore di suoni, l’uomo che ha indicato nuove prerogative e priorità per il compositore e per l’arrangiatore moderno.
Piero Umiliani nasce a Firenze il 17 luglio 1926. Inpieno periodo autarchico e sotto regime, passa l’adolescenza ad ascoltare di nascosto le trasmissioni jazz trasmesse dalla radio svizzera. Si diploma al Conservatorio in Contrappunto e fuga nel 1952 e già da subito dopo la liberazione, porta avanti la sua attività di pianista con il Quintetto Stella. Incide per Fonit, Durium, RCA Victor e già dal 1956 insieme al genere be-bop prova anche a cimentarsi con una rilettura in chiave dixieland dei classici della tradizione napoletana “Dixieland in Naples” per il Festival di Napoli. Ma la sua incredibile versatilità lo porterà anche a lavorare per la canzone classica e melodica del Festival di Sanremo. La sua ricetta ideale per la musica leggera era quella di usare l’arrangiamento come condimento, cucinare la pietanza usando una salsa, per dirla con le sue parole «piuttosto piccante ma non troppo indigesta». Nel decennio 1957-1966 scrive e arrangia per artisti quali Teddy Reno, Gino Latilla, Nilla Pizzi, Paola Orlandi; compone, tra le altre, le colonne sonore per “I soliti ignoti”, “Smog” e “Accattone” di Pasolini; incide opere come “Tempo Jazz”, “Da Roma a New York”, “Piccola suite americana”. Nel 1956 una sua vecchia composizione Chanel, spedita alla Marks Music di New York, viene addirittura usata dal grande jazzista Oscar Peterson nel suo album “SoftSands”.
Il libro riporta moltissimi aneddoti presi da interviste e dichiarazioni varie, proprio per focalizzare l’attenzione sulla capacità di Umiliani di saper osare, di ricercare sempre modi differenti di assemblare la strumentazione ed arrivare a soluzioni musicali fresche, spiazzanti, vivacissime.Esempi sono l’uso dei soli contrabbasso e batteria per sottolineare la suspence e l’intrigo rocambolesco nella scena dell’individuo che cammina di notte ne I soliti ignoti, le applicazioni anomale della chitarra elettrica o tutto il filone del cosiddetto ‘crime jazz’. Insieme a Armando Trovajoli, Piero Piccioni e al Basso-Valdambrini Octet, darà fama e lustro al jazz mediterraneo con una formula vincente di originalità e avventura sperimentale, unendo brio e controllo. Tra il ’59 e il ’62 collaborerà con Chet Baker (Sentirsi solo, Tensione, Twilight In Los Angeles ne restituiscono a pieno la grande intesa). Fare un elenco di tutta la sua produzione è davvero arduo, basti semplicemente pensare che spaziò dal genere spaghetti western fino al pepulm, dal noir allo spionistico, promosse trasmissioni televisive storiche come “Moderato Swing” e “Fuori d’Orchestra”. Soprattutto attraverso etichette proprie come Omega e Omicron e con la sala d’incisione Sound WorkShop, sarà l’iniziatore della cultura indie e del concetto moderno di creator owned. Ciò gli permetterà ampia libertà in lavori di sonorizzazione del cosiddetto filone library music.
Il docufilm “Svezia Inferno Paradiso” di Luigi Scattini contiene la celeberrima Mah-Nà Mah Nà. Orecchiabilità e genialità, non sense e intuizione, primo vero tormentone della cultura pop: tre note ritmate, su cui Alessandro Alessandroni, con il naso tappato, rifaceva il verso come commento sardonico a tanta banalità, fecero nascere per caso uno dei jingle più famosi del mondo! Il Muppets Show accoglierà dopo il brano, anche se, la storia ce la restituisce sempre come The Muppets’ Song. Fu Umiliani inoltre ad usare nel suo studio un trattamento acustico che gli permetteva registrazioni multi traccia, primo in Italia nell’uso di strumenti innovativi come Moog, Mellotron, Synthi e Synth Putney VCS 3. Prima ancora che passassero nelle mani di musicisti quali Brian Eno, Kraftwerk, Aphex Twin, Pink Floyd e Chemical Brothers. Il ragazzo Piero Umiliani, classe 1926, insieme all’amico Alessandroni, produce con lo pseudonimo Braen's Machine dischi quali “Underground” (1971) e “Temi ritmici e dinamici” (1973) che anticipano l’elettronica, l’afrobeat e il jazz rock progressive. A 73 anni svolge attività concertistica in locali underground tipo il Centro Leoncavallo, il Tunnel di Milano, il Brancaleone a Roma. Muore a Roma il 14 febbraio 2001. La sua genialità, il suo essere avanti sono oggi pienamente riconosciuti e celebrati, vero vanto e orgoglio della nostra tradizione compositiva e musicale. "In parole e musica" è corredato da immagini, testimonianze (Aldo Bassi, Maurizio Franco, Paolo Fresu, Franco D’Andrea, Enrico Pieranunzi) e interventi (Antolello Vannucchi, Rocco Pandiani, Enrico Intra e Dino Piana) in omaggio alla sua figura.
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