Eleonora Bagarotti 4 EVER – JOHN PAUL GEORGE RINGO
Nonostante siano passati oltre quarant'anni dallo scioglimento dei Beatles (risale al 10 aprile 1970 lo storico annuncio di Paul McCartney su una fine, di fatto già avvenuta da almeno un anno), la loro “attualità” non ha mai conosciuto pause: basti pensare al successo ai botteghini cinematografici del recente documentario di Ron Howard, “Eight days a week” o -per restare solo all'ultimo decennio -alle innumerevoli pubblicazioni, film (alcuni notevoli come “Nowhere boy” di Sam Taylor-Wood sull'adolescenza di John Lennon; il musical “Across the universe” di Julie Taymor; il documentario “Us Vs John Lennon” di David Leaf e John Scheinfeld; il profilo su Harrison, “Living in the material world”, realizzato dal grande Martin Scorsese; lo spagnolo “La vita è facile ad occhi chiusi” di David Trueba), uscite postume, (ri)scoperte sui quattro celebri musicisti inglesi. Si potrebbe affermare che la Beatlemania, pur con diverse forme, conviva ancora con noi. Nonostante ciò non tutto è stato ancora detto, scritto o analizzato sui Fab Four e il nuovo libro della giornalista-scrittrice Eleonora Bagarotti è qui a dimostrarlo: l'interesse storico di “4 EVER - JOHN PAUL GEORGE RINGO” (pubblicato dall'ottima Vololibero Edizioni) risiede in particolar modo nella felice ed innovativa scelta dell'autrice di scomporre per la prima volta, e senza una narrazione rigidamente cronologica, le quattro vite ed altrettante carriere soliste (non è solo un racconto “sui Beatles”, ma soprattutto sulla maturità dei quattro componenti “che furono i Beatles”) di John, Paul, George e Ringo.
I quattro capitoli, corrispondenti ognuno ai rispettivi componenti della band di Liverpool, si compongono di paragrafi suddivisi per tematiche. Ad esempio per quanto riguarda John si passa, dopo una fugace incursione nell'infanzia, al ruolo della madre Julia (prematuramente scomparsa) ripetuta fonte d'ispirazione per le canzoni composte dal figlio (l'omonima Julia dal “White Album” e Mother dal primo album solista “John Lennon/Plastic Ono Band” su tutte), al “Rivoluzionario” dei primi anni '70.
A proposito di Paul (del quale la Bagarotti evoca un fatto poco noto al grande pubblico: durante l'attentato terroristico dell'11 settembre 2001 McCartney era in volo proprio nei pressi di New York e vide le torri gemelle crollare dal finestrino dell'aereo) l'attenzione si concentra, forse anche troppo, sulla vita privata e le donne della sua vita (dalla celebre Linda all'attuale compagna, senza dimenticare il ruolo delle figlie e le disastrose conseguenze dal secondo matrimonio di Paul con la modella Heater Mills). Ampio risalto, tuttavia, viene dato anche alla vastissima produzione solista e con gli Wings dell'ex bassista dei Beatles: dal primissimo “McCartney” del 1970 a “New” del 2013, passando dai grandi successi a dischi trascurabili, dai lampi di classe ad incursioni nella musica classica (come il riuscito “Liverpool Oratorio” del 1991).
L'attenzione rivolta alle discografie complete dei quattro è proprio uno dei punti di forza del libro, con tanto di data di pubblicazione, citazioni critiche, scomposizione analitica di tutti i dischi e dei testi principali, musicisti collaboratori come Eric Clapton ed altri (scopriamo che in molti lavori i Beatles “di fatto” si riunivano, magari anche se “solo” 2 o 3 per volta: nel primo album di John hanno suonato Ringo e George e così via. Solo John e Paul non si incrociarono mai). Come già anticipato, l'autrice (foto a destra) dà un'interessante impronta femminile all'intera opera, non solo per aver analizzato il ruolo delle partner e delle mogli dei Fab Four (alle quali si devono parecchi capolavori beatlesiani), ma anche per aver riconsegnato la giusta dignità e dimensione di artista all'osteggiata Yoko Ono, quasi sempre ingiustamente odiata e stupidamente accusata dall'opinione pubblica, spesso razzista, di aver causato la separazione dei Beatles (a tal proposito la Bagarotti cita efficacemente il testo dello straordinario brano del 1974, Woman is the nigger of the world, composto da John ‘per’ e ‘in difesa’ di Yoko).
Le pagine dedicate a George Harrison inducono il lettore a ripensare e rivalutare la figura del chitarrista. Fu lui ad introdurre il sitar e la musica indiana all'interno delle canzoni dei Beatles e di conseguenza ad avvicinarli all'intera popolazione giovanile occidentale degli anni sessanta. Al“terzo Beatle” deve essere riconosciuto lo stesso valore artistico di Lennon e McCartney: a testimonianza di ciò, oltre ad alcune tra le più belle canzoni mai composte, come Something, Here comes the sun e Within you without you, vi è anche il triplo album solista “All things Must Pass” (secondo alcuni il più bel disco solista di un ex Beatle accanto a “Band on the Run” di Paul, “Imagine” e “John Lennon/Plastic Ono Band” di John).
La stessa operazione compiuta per Harrison viene riproposta, e forse amplificata, anche riguardo a Ringo Starr: considerato poco più che un “simpatico collante” che ha tenuti uniti il più possibile -sotto l'ingombrante tetto dei Beatles- tre tra i maggiori geni musicali del '900, è stato in realtà, secondo la Bagarotti, un ottimo batterista se non addirittura un precursore. A perorare questa causa, l'autrice chiama in causa Zak Starkey, figlio di Ringo e attuale batterista degli Who, nel paragrafo eloquentemente intitolato “Il drumming rivoluzionario”: in esso viene evidenziato il ruolo, tutt'altro che di semplice contorno, ricoperto da Ringo in alcuni brani dei Beatles (su tutti la lennoniana Rain contenente, a detta del diretto interessato, la miglior performance in assoluto della sua carriera).
A coronamento di 4 EVER quattro interviste esclusive, realizzate dalla stessa autrice, rispettivamente a Yoko Ono, Paul McCartney, Ringo Starr e George Martin. Il leggendario produttore, scomparso l'8 marzo di quest'anno qualche mese dopo l'intervista concessa ad Eleonora Bagarotti, si è così espresso in merito a quel periodo irripetibile trascorso presso il magico studio 2 di Abbey Road: “La mia vita con i Beatles è stata un party continuo. La loro arte ha creato un'infinita bellezza per tutti e il loro messaggio è eterno. Questo è un bene, per me, per loro e per l'umanità”.
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