Micah P. Hinson WHEN I SHOOT AT YOU WITH ARROWS, I WILL SHOOT TO DESTROY YOU
[Uscita: 26/10/2018]
Stati Uniti #consigliatodadistorsioni
L’avevamo lasciato poco più di un anno fa, il signor Hinson, con un album (“Micah P. Hinson Presents The Holy Strangers”) che raccontava una storia famigliare, finalmente non autobiografica, e incorniciato da una copertina che ne presentava per la prima volta le fattezze, benché disegnata. Secondo la consueta logica del personaggio, ancora una volta questo ombroso giovane di Memphis, TN, cambia ragione sociale al gruppo che lo accompagna: stavolta sono The Musicians Of The Apocalypse. Si tratta di ventiquattro collaboratori che nel tempo si sono succeduti nelle varie compagini presenti negli undici dischi sin qui pubblicati. Ventiquattro come i musicisti che, di fronte a una statua del Santo a Santiago di Compostela, attendono che San Giacomo dia loro l’attacco: ispirato dalla visione di questa scultura durante un recente soggiorno spagnolo, Micah li ha radunati in uno studio texano e, in sole ventiquattr’ore, ha registrato questa sorta di visione apocalittica suddivisa in sette tracce, alcune delle quali piuttosto lunghe, che ci restituiscono il solito cantautore capace di emozionare nel profondo.
Nonostante il tentativo di alleggerire l’atmosfera con un paio di brani insolitamente “pop” per gli standard del tormentato trentasettenne (i singoli The Sleep Of The Damned, ritmata e sixties oriented, e Small Spaces, quasi bowieana), a prendersi la scena sono le lunghe, dolenti ballate sorrette da interventi strumentali che ne esaltano l’altrimenti precaria musicalità e un paio di brani più scarni (Fuck Your Wisdom, voce quasi inespressiva, chitarra e pochi accordi di un pianoforte desolante, e My Blood Will Call Out To You From The Ground, un titolo che la dice lunga e il fantasma di Townes Van Zandt che aleggia nella forma, voce e chitarra, come si conviene a un disco registrato in Texas). I tre episodi più lunghi sono quelli rappresentati dall’inaugurale I Am Looking For The Truth, Not A Knife In The Back (introdotta dai rumori di fondo dei musicisti che si accordano, proprio come quelli davanti alla statua di San Giacomo), la bellissima title track, capolavoro dell’album, caratterizzata da un accompagnamento melodico in contrasto con l’atmosfera del racconto; infine The Skulls Of Christ, quasi uno strumentale che si regge su loop chitarristici e nel quale, per la verità, le voci ci sarebbero, ma sono un sottofondo confuso di discorsi che si sovrappongono, aumentando di intensità fino a riunirsi nel liberatorio coro conclusivo, memorabile nell’evocazione di una Gloria successiva all’Apocalisse: il Perdono Universale che prelude a una sorta di nuova vita? Parrebbe, in effetti, di essere di fronte ad un punto di svolta in una carriera che sin qui ha riservato grandi soddisfazioni e pare pronta a mantenere la promessa.
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