Bill Frisell Valentine
[Uscita: 14/08/2020]
Era da "Beautiful Dreamers" del 2010 che l'oramai veterano e acclamatissimo chitarrista Bill Frisell non si presentava con la formazione del trio, e 10 anni sono un periodo lungo, considerata l'ingente e sempre valida produzione discografica del Nostro e considerata anche l'importanza della formula a tre, numero perfetto anche nel jazz, già precedentemente esplorata da Frisell anche con Ron Carter e Paul Motian (2005) e con Dave Holland ed Elvin Jones (2001). Al duo con il contrabbasso di Thomas Morgan dei precedenti "Epistrophy" e "Small Town", entrambi frutto di registrazioni live al Village Vanguard di New York, si unisce in questo nuovo lavoro di studio, "Valentine", secondo album di Frisell inciso per la Blue Note dopo l'ultimo "Harmony", il batterista Rudy Royston. La disposizione a tre conferisce alle interpretazioni di Frisell la migliore collocazione nello spazio che si dilata e lascia lentamente decantare le sue distese armoniche. Da altro versante, lo swing ingrana più fluido nel tempo circoscritto dalla batteria. Il repertorio è sempre quello friselliano, seppure costantemente rinnovato, il folk americano classico ricomposto ex novo nelle note che girano attorno a temi già conosciuti ( What The World Needs Now di Bacharach e l'inno di libertà del traditional We Shall Overcome ), o i brani composti da Frisell che a quel repertorio si ispirano sempre in chiave nostalgica e moderna al tempo stesso, tra cui si riconosce subito quella vecchia splendida Keep Your Eyes Open, che abbiamo già imparato ad amare nell'album capolavoro "Nashville" del 1997. Ascoltando Wagon Wheels, altro brano del repertorio folk tradizionale, sembra poi di ripercorrere a ritroso le rotaie di una sterminata ferrovia che attraversa tutta l'America rurale tra fine '800 e inizi '900, eppure si rimane sempre a guardare davanti nei tempi nostri, fino a spingersi a guardare anche oltre nei moduli di suono a effetto fluorescente che concludono la successiva Aunt Mary. Presente anche in una forma rilassata lo standard classico di Billy Strayhorn, A Flower Is A Lonesome Thing. Infine, la domanda del titolo della penultima traccia, Where Do We Go?, in cui Frisell imbraccia una trasognante chitarra acustica, ci conduce alla risposta della conclusiva We Shall Overcome, scandita da una leggerezza quasi spirituale che forse non a caso in un punto ricorda la progressione armonica di Hallelujah di Leonard Cohen.
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