Tinariwen ELWAN
[Uscita: 10/02/2017]
Mali #consigliatodadistorsioni
Alzi la mano chi, dopo un paio di dischi di musica africana, non si è mai detto, intimamente: «tutti uguali, alla fin fine». Il nostro ormai scarsissimo livello di attenzione e la nostra tradizione culturale ci rendono poco ricettivi nei confronti di musiche provenienti dalle zone a sud del Mediterraneo, o da altri continenti, col risultato che rischiamo di perderci dischi godibilissimi anche dopo svariati ascolti: un film che abbiamo già visto ai tempi del fenomeno Buena Vista Social Club. I Tinariwen, però, hanno rischiato di corroborare questa impressione. Questi tuareg maliani, abituati a destreggiarsi abilmente tra strumenti musicali e strumenti da guerra, dopo due dischi straordinari quali “Amassakoul” e “Aman Iman: Water Is Life”, erano parsi meno convincenti, pubblicando album leggermente più rilassati, più morbidi, ma anche più accessibili al grande pubblico, a certificare la ricerca di un sound più vicino ai gusti occidentali.
Fortunatamente, “Elwan” rimette tutto a posto sul fronte della qualità, grazie a un rinnovato fervore e forte della partecipazione di personaggi illustri quali Mark Lanegan, Kurt Vile e Matt Sweeney, ospiti che si adattano di buon grado a queste canzoni, figlie di tutti i deserti (Tinariwen è il plurale di Ténéré, letteralmente “terra vuota” o “deserto”), registrate durante il peregrinare tra le aridità californiane di Joshua Tree e le dune che circondano un’oasi marocchina. Poliritmia (l’introduttiva Tiwàyyen), blues rurale, atmosfere arabiche (ma pensa!), una buona dose di psichedelia, il tutto al servizio di brani ora potenti, ora evocativi (Nizzagh Ijbal), altrove semplicemente intriganti per il sapiente utilizzo di innesti differenti sulle proprie basi (Assàwt). Le liriche, naturalmente, raccontano di deserti, battaglie,vite difficili, esilio e rimpianto. Due bei video hanno preceduto l’uscita del disco: Ténéré Tàqqàl, bella clip animata diretta da Axel Digoix (Cattivissimo Me 2, Le Petit Prince) e Sastanàqqàm, che rappresenta il “passaggio di testimone” a giovanissimi musicisti che dieci anni fa, in occasione della prima visita del gruppo sul suolo natio, si erano così innamorati della loro musica da imbracciare le chitarre, imparare lo stile e rappresentare il futuro della musica maliana. Un altro ottimo disco da una terra che ha ancora tanto da darci, se solo ci disponiamo ad ascoltare.
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