David Bowie THE NEXT DAY
[Uscita: 11/03/2013]
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Bowie è un meraviglioso e abile costruttore. Nell’arco della sua lunga e prolifica carriera è riuscito a edificare la nicchia, la teca, l’aura della sua intoccabilità e inscalfibilità giocando su un grande intuito (praticamente imbattibile), una teatralità e un’istrionicità capaci di mettere completamente in secondo piano le sue autentiche doti di musicista o un’analisi lucida e ragionata sulla consistenza del suo talento.Tutto sommato credo sia giusto non andare a sondare in questi meandri aggrovigliati e accettare questa sua doppia essenza come parte catalizzante e distintiva del personaggio. Quel personaggio che ci ha regalato lavori meravigliosi e miliari, anticipatori di mode a venire, così come tanti altri meno pregevoli o addirittura imbarazzanti nel loro elementare parodismo.
“The Next Day” si avvale ancora una volta della collaborazione di Tony Visconti (“Heathen” 2002, “Reality” 2003) e come tale riporta in auge il Bowie compromissorio che va a ravanare alla rinfusa nel suo passato, in un saccheggio indisciplinato di generi, per offrirci un amalgama assai ruffiano e scontato, non tanto di una moda che si vuole anticipare, quanto di ciò che si pensa la moda possa raccogliere. Con la grande differenza che anche in questo, il Duca Bianco del glam, non riesce più a guadagnarsi la posizione di primo arrivato. Quattordici brani che ripescano dall’R&B, dal periodo disco music, dall’hard rock sofisticato e soprattutto dalla sua vena pop melodrammatica più compassata e irrigidita. Dai pomposi arrangiamenti elettronici e chitarristici di The Next Day, alla crimsoniana If you can see me che scomoda l’intro di “Red” per farla annegare in atmosfera music hall, tra coretti e marcette iper condite con tanto di campanelli e tastierine. Dancing out the Space è la reiterazione in versione kitsch di una Space Oddity veramente smarrita nelle distanze siderali del buon gusto.
The Stars (Are out Tonight), a mo’ di ballatone rock con tanto di arrangiamento d’archi e clapper auto celebrativo. Il funk demenzial orchestrale di How Does the Grass Grow? Difficile salvare qualcosa in questo calderone nevrotico e sfavillante che mette a punto con tanto masochismo la ricetta dell’eccesso. Potrei dire il blues jazz stile Rodeo Drive di Dirty Boys se non scomodasse un connubio insolito tra Jim Morrison e Scott Walker con tanta evidente banalità o l’easy listening di Heat che tenta di restituirci parte delle atmosfere torbide del periodo berlinese, se solo non suonasse tanto stucchevole nella ricerca suggestiva e non andasse ad inficiarsi in un orribile e illanguidito inserto finale di violino. Bowie è tornato con tanta voglia di stupire e forse ci riesce solo paradossalmente: palesando che è caduto su una terra che non è più quella degli anni ’70 - che amava indossare maschere e nutrirsi di illusioni - ma nella terra del disincanto e dell’aridità che guarda di sottecchi questa pantomima di uno Ziggy Stardust superato e alieno a se stesso.
Voto: 4.5/10 ROMINA BALDONI
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Il nuovo album di David Bowie, “The Next Day”, il suo trentesimo in studio, che esce a ben dieci anni di distanza dal precedente “Reality” (2003), delude alquanto le aspettative, lo dico senza tante circonlocuzioni: forse l’errore è stato proprio l’essersene create troppe di aspettative, inevitabilmente, per l’incessante tam tam dei media, rete in testa, che ha preceduto da mesi l’uscita di “The Next Day”. Intendiamoci, non si tratta di un brutto lavoro, non abbiamo mai avuto dubbi che l’artista sessantaseienne, nonostante la prolungata assenza e le notizie di problemi di salute, fosse ancora in grado di scrivere belle song, o avesse tirato i remi in barca: ma nell’intimo speravamo in un’opera più ‘nuova’, tratti in inganno forse dalle promesse subliminali che il titolo del disco contiene, che tentasse soluzioni compositive e approcci atmosferici diversi almeno rispetto alle precedenti "Reality "e “Heathen” (2002).
Anche lo stupendo primo brano che ha preceduto l’uscita del disco, ascoltabile sin dall’8 gennaio 2013, la languidissima e disillusa Where Are We Now?, una sorta di Thursday's Child dal pathos ancor più decadente e malinconico, corredata da un bel video di Tony Oursler che scava nei ricordi berlinesi di Bowie, sembrava preannunciare un’opera dalle atmosfere profonde e sognanti, e invece quasi tutti i brani sono inaspettatamente molto ‘rock’ in senso retrospettivo, caratterizzati da un approccio diretto – si ascolti il potente riff chitarristico che apre e marchia (You Will) Set the World On Fire - ma scontato, perché portano in scena in molti casi un pesante ‘dejà vu’ di episodi contenuti negli album precedenti di Bowie.
L’artista si è circondato di strafidati collaboratori di lunga data, come Earl Slick alla chitarra, Gail Ann Dorsey al basso, e Tony Visconti che coproduce ancora una volta con Bowie, che garantiscono (insieme a Gerry Leonard e David Torn alle chitarre, Sterling Campbell e Zachary Alford alla batteria) in ogni caso una strepitosa e stratificata qualità strumentale, non ci piove. A corroborare la vena più intensa ed elegiaca di "The Next Day", quella che avremmo voluto prevalesse, carica di mesmerico fascino melodico, certamente più significativa della fase esistenziale più che matura che Bowie sta attraversando, ci sono The Stars (Are Out Tonight), che s’impadronisce insolente di uno spicchio di spazio siderale, e la finale angosciata Heat, l’episodio decisamente più sorprendente e amletico del disco, con canto e archi sospesi, inquietanti come nelle ultime due opere di Scott Walker, un artista che invece continua a sperimentare.
Ecco, se Bowie avesse sviscerato in questo album le estasi, i rimpianti crepuscolari, gli interrogativi esistenziali conturbanti del trittico Heat, Where Are We Now? e The Stars (Are Out Tonight) avremmo avuto un lavoro di ben altra caratura artistica ed estetica delle scontatissime Dirty Boys, Dancing Out in Space, If You Can See Me, I'd Rather Be High. Alla vigilia dell’uscita Tony Visconti ha spiegato che per l'album sono stati registrati 29 brani, e che alcuni potrebbero essere contenuti in un prossimo lavoro che Bowie già nei mesi a venire potrebbe cominciare ad abbozzare. Questa esplosione di creatività ci riscalda il cuore, ma nello stesso tempo speriamo vivamente che l’artista si decida ad azzardare molto di più che in "The Next Day": come nella foto di copertina di Jonathan Barnbrook, che sembra voler tagliare coraggiosamente i ponti con il passato, pur se luminosissimo, azzerando anche il celebre 'chiunque può essere famoso' warholiano-bowiano per un giorno, o per un'ora, o per cinque minuti. Perchè nel 2013, terzo millennio, è davvero impossibile essere 'eroi'.
Voto: 6.5/10 PASQUALE WALLY BOFFOLI
Con tutto il rispetto bisogna avere coraggio per dare 4.5 all’ultimo disco di Bowie..o forse bisogna ascoltarlo un po’ di volte!
Gianni (il tuo nome vero?) ti faccio rispondere dalla mia collega, io sono stato più buono …ah ah ah!
Pasquale Wally Boffoli
Ciao Paniz69,
il tuo “bisognava ascoltarlo più volte” mi lascia più perplessa del coraggio necessario a dare 4,5 a questo ultimo disco di Bowie.
Quindi è un disco talmente ostico e sfaccettato che deve essere capito? Ragionato? Assimilato? Dal mio modesto punto di vista la proposta è assolutamente inquadrabile in un rock tradizionale e scontatissimo che non richiede un particolare ‘addestramento’d’orecchio. Forse questo poteva valere per dischi come Outside o Heathen, che comunque andavano a sondare su generi e discorsi in qualche modo innovativi o inusuali, ma non in questo caso. Capisco l’amarezza, ma ti assicuro che il disco l’ho ascoltato a sufficienza e che, pur essendo la prima a dolermene, ho espresso quello che secondo me è quanto merita un lavoro così raffazzonato fatto da un artista di grande intuito e lungimiranza come appunto Bowie.
Romina Baldoni
Si si ho visto che tu sei stato piu’ buono..ognuno è libero di dire quello che vuole…ma 4.5 a un disco del genere…provate a farlo Voi!!!Senza polemiche..ciao grazie!
Gianni ciao, guarda che abbiamo deciso di pubblicare una recensione doppia di THE NEXT DAY di David Bowie proprio per dare due chiavi di lettura diverse di questo disco, come facciamo sempre in occasione di dischi particolarmente importanti o scadenze importanti. Naturalmente ogni lettore poi si può riconoscere in una o nell’altra, e comunque, ripeto, a mio modesto parere è sempre importante in ogni caso dare materia di riflessione ‘critica’ a chi legge, angolazioni diverse, magari poi da approfondire, e su cui riflettere. Il tutto all’interno di una dialettica che deve rimanere sempre civile tra chi scrive e chi legge e chi dà dei feedback, perchè solo così magari si può anche crescere un pochettino insieme.
Pasquale Wally Boffoli, Distorsioni editor
Si si ma guarda che a proposito di dialettica mi sono limitato a dire che ci vuole coraggio..non credo di aver offeso nessuno..ripeto.. senza polemiche.. 4.5 a un disco simile a mio parere è sinceramente incredibile,ma giustamente ognuno è libero di esprimere la propria opinione..e a proposito del fatto che a quanto pare(riferito a romina)è un disco di rock tradizionale e scontatissimo sarei curioso di sapere chi secondo lei oggi è tanto avanti da uscire da questi schemi..o comunque un disco secondo lei incredibile che ha ascoltato e non scontato come il disco in questione..ciao grazie
Dopo averlo ascoltato più volte dico che è un disco bello fino a un certo punto. Alcuni brani li trovo davvero eccellenti, altri meno.
Scusate volevo fare una precisazione, prima per un mio lapsus ho citato Heathen invece di Earthling…
Per rispondere invece alla curiosità del nostro lettore potrei citare tantissime band e realtà interessanti del panorama underground, anche nostrano, che propongono cose assolutamente originali e di qualità. Fare l’elenco mi sembra di cattivo gusto in questo contesto ma puoi guardare qualche altro gruppo che ho recensito ed accorgerti che non sono quasi mai così cattiva, anzi. Per tornare invece a Bowie, che io amo smisuratamente e in toto, con tutte le sue innumerevoli glissate di stile, mi sono sentita di esprimere un giudizio tanto critico per un motivo molto semplice: manca ispirazione, manca l’atmosfera di sospensione e d’incanto che ha contraddistinto tante sue cose, manca sperimentazione! C’è pomposità, c’è ridondanza e di fatto (basta interpretare il senso della copertina stessa) si rinnega la sua parte creativa, provocatoria, controcorrente in nome di una miscela di già sentito, sia di cose sue stesse presenti in altri lavori, che di clonazioni varie -da me citate- che non rendono giustizia al suo acume, al suo cromatismo eclettico, alla sua personalità sfaccettata. Forse non è 4,5 ma è 5, forse… ma trattandosi di Bowie il mio è un atto di amore estremo nei confronti di un artista sempre stato fuori dalle righe che tenta invece di mettere d’accordo tutti.
Ovviamente ci sono brani migliori e altri meno..come in tutti i dischi..non sto dicendo che è il miglior disco di bowie…ormai è impossibile… nessuno è piu’ riuscito a proporre cose ai livelli del passato..ma è sicuramente un buon album..arrivare a 66 anni e riuscire a proporre un lavoro del genere non è facile..ci sono arrangiamenti stupendi e cose che solo bowie puo’ fare..a mio parere è un gran bel lavoro..sembra sincero..poi giustamente è solo il mio punto di vista!
Ognuno è libero di dire la sua..mi sono permesso di scrivere solo perche’ un voto cosi’ basso mi sembrava esagerato..la motivazione a quanto pare è la mancanza di innovazione..credo che un album vada valutato nel suo complesso e comunque se ci sono artisti del panorama underground italiano che fanno dischi a questi livelli fammelo sapere..scusate per il disturbo..ciao
Egr. Sig. Wally Boffoli
Il paradosso di questo mio intervento, è che non ho ancora ascoltato THE NEXT DAY. Probabilmente il CD , a Milano, per il semplice fruitore non addetto ai lavori sarà disponibile di straforo solo a partire da domani sabato 9 marzo. Peraltro, mi sono astenuto dal praticare lo streaming ITunes solo per evitare prime impressioni non suffragate dalla pienezza dell’ascolto HI-FI. Ciò detto, riguardo alla sua recensione, e limitandomi ad evidenziarne il portato critico laddove si lamentano lacune sul piano di una riuscita sperimentale e innovativa, osservo quanto segue.
A David Bowie, artista 66 enne, lontano dalle scene da almeno un decennio, dopo aver percorso (decennio compreso) circa un cinquantennio di carriera contrassegnata da costante ricerca di se come artista e personaggio , innovazione e gusto per provocazione iconica, sensibilità e sintesi tra nuove tendenze sonore e imprinting compositivo popolare , insomma da questo signore, VOGLIAMO NEL 2013 NON PRETENDERE CHISSA’ QUALI PRESUNTE SPINTE INNOVATIVE SE RIESCE ANCORA A FORNIRCI CANZONI PER QUALITA’ DEGNE DELLA PROPRIA STORIA? Mi scusi ma io mi “accontenterei “ di queste qualità che, se palesate, mi faranno godere del nuovo album di David Bowie e dei suoi valenti musicisti. Scusi il pizzico di retorica.
PS: ammiro molto le certezze, la cultura, la sicumera auditiva (non ha bisogno di più ascolti) della sua collega che l’ha preceduta nella recensione.
Sig.Marco buonasera, come sta? Innanzitutto voglio ringraziarla per la sobrietà, la compostezza, e nello stesso tempo motivata ‘decisione’ del suo commento espresso con cognizione di causa, che intuitivamente mi sembra (magari sbaglio) provenire da una persona con più di una primavera sulle spalle ed una notevole esperienza auditiva. In secondo luogo condivido al 100 % 100 queste sue parole:
“A David Bowie, artista 66 enne, lontano dalle scene da almeno un decennio, dopo aver percorso (decennio compreso) circa un cinquantennio di carriera contrassegnata da costante ricerca di sé come artista e personaggio, innovazione e gusto per provocazione iconica, sensibilità e sintesi tra nuove tendenze sonore e imprinting compositivo popolare …”.
Poi, se ha letto bene la mia recensione (la seconda) verso la fine la mia delusione/critica non è scaturita tanto dal non aver reperito in THE NEXT DAY chissà quali nuove sperimentazioni o direzioni sonore, quanto l’aver constatato che Bowie, invece di approfondire nel resto del disco quel MERAVIGLIOSO mood crepuscolar malinconico che emana Where Are We Now? – la ballata lenta che credo lei abbia sentito, e che ha preceduto di un paio di mesi o giù di lì la release del nuovo disco – ha preferito riciclare atmosfere e schemi compositivi ampiamente presenti nei suoi lavori precedenti, ‘sedendosi’ artisticamente forse troppo. Io trovo, e l’ho scritto, che la dimensione più onirica di Where Are We Now? (e della finale Heat) rappresenti in modo ottimale lo stato d’animo esistenziale disilluso ed un pò “fatiguè” di un artista di 66 anni che già tanto ha dato, e che si è concesso un periodo di riposo e ricarica artistica di dieci anni. Naturalmente lei mi può seguire sino ad un certo punto perchè il disco non l’ha ancora ascoltato, ed io ho voluto un pò assecondare questo suo paradosso. Quindi, se le fa piacere, potremo tornare a confrontarci magari dopo che lei avrà ascoltato THE NEXT DAY, ed avrà materia pulsante non teorica che potrà confortarla o meno su ciò che aveva supposto a priori. Abbiamo istituito questi commenti in calce alla recensioni proprio per confrontarci dialetticamente con i nostri lettori. Io sono qua, quando vuole, la saluto e le auguro buona serata
wally boffoli
distorsioni editor, uff.stampa, dir.art.
Grazie Marco!!!!
Comunque mi ha fatto piacere dialogare con Voi..mi scuso se ho esagerato ma non volevo offendere nessuno..è solo la passione…senza pretese Vi chiedo di provare a guardare a questo lavoro da un altro punto di vista..non cercando per forza la mancanza di nuove idee ma provando a vedere un uomo di 66 anni che ha la consapevolezza di se stesso e fa quello che sa fare meglio..fa DAVID BOWIE..questo disco è David Bowie ed è molto piu’ convincente di tante cose fatte in passato…riascoltatelo..non è un disco cosi’ semplice..sembra!!!…saluti
Anche a noi ha fatto molto piacere Gianni rapportarci con te, non devi scusarti di nulla, anzi complimenti per la passione e la sensibilità che ti motivano. Vorremmo sempre avere contatti di questo tipo con i nostri lettori. Quando vuoi, noi siamo qua. Un abbraccio forte!
wally boffoli
distorsioni editor
Infatti Gianni, sottoscrivo le parole di Wally, per noi il raffronto è necessario, ci aiuta a capire ad ascoltarvi e a migliorarci, ci aiuta a sentire che feedback tira ed è un incontro con voi vitale direi, si può essere o no d’accordo ed è giusto così, altrimenti ci sarebbe un solo genere ed una sola band a comandarsela ma credo che una cosa in comune ce l’abbiamo tutti qui, ovvero la grande passione per la musica! Non dire più scusate il disturbo che mi offendi, fossero tutti partecipi e motivati come te. Poi se ci conosceremo meglio ti racconterò certe cose che ho combinato io da giovane per difendere i miei idoli, ci faremo senz’altro due risate ehehehehe
Romina Baldoni
Beh..vi ringrazio entrambi..è stato un sincero piacere..opinioni a parte..che poi giustamente a volte sono diverse..mi ha fatto piacere discutere..poi cercate di capire anche me..non è che bowie non so chi sia..fate conto che tra lp,cd,live,bootlegs,45 etc….avro’ piu’ di 300 dischi..per cui insomma qualcosa penso di poter dire anch’io..hahaha..alla prossima e buon lavoro!!!
…e il cd suona da paura..bella produzione..un gran bel lavoro..non mi stupirei se rimanesse tra i dischi importanti di questo 2013!Ciao!
A Romina..con tutto il rispetto..riascoltalo questo disco..non è il Bowie di un tempo d accordo..ma uscissero sempre lavori cosi’!!!
volevo sottoporvi la mia analisi sperando che possa incontrare il vostro interesse http://contezarganenko.blogspot.it/2013/04/the-next-day-il-mondo-in-fiamme-del_2.html
caro Conte Zarganenko appena mi (ci) sarà possibile leggerò la tua lunghissima analisi del disco sul tuo blog e ti farò sapere. Non ci hai però scritto che ne pensi delle nostre due recensioni. Grazie per il tuo contributo.
wally boffoli
distorsioni
Caro Wally, scusa il ritardo, mi sono accorto solo ora del tuo commento;) Come si può evincere dal mio lungo articolo linkato non posso essere d’accordo col giudizio negativo della prima recensione.
Trovo indubbiamente più equilibrata la seconda, concordando sooprattutto sul rilievo relativo ad “Heat”, per me la gemma del disco.
Grazie a voi