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20 Gennaio 2020 , ,

Gianluca Becuzzi The Bunker Years [2006-2014]

2019 - St.An.Da by Silentes
[Uscita: 02/12/2019]

Nelle note del disco, Gianluca Becuzzi spiega che il Bunker è il nome del suo studio e del luogo delle sue creazioni musicali negli anni presi come riferimento nella presente raccolta (2006-2014). Se pure perfettamente comprensibile a tutti coloro anagraficamente vicini all’Autore, la necessità del luogo appartato, del luogo protetto dove poter sprigionare in tutta libertà fantasia, azzardo, gioco sperimentale, ai nostri giorni, questa descrizione idealizzata di luogo appartato potrebbe anche sembrare una provocazione anacronistica. Se ci pensiamo bene siamo diventati nostro malgrado figli dell’isolamento e dell’alienazione. Viviamo nei nostri bunker impauriti dall’alterità e dalla relazionalità. L’altro è un'opzione funzionale che può essere rimossa a piacimento sulla base delle nostre esigenze momentanee e per lo più si rivela utile nella misura in cui compiace e amplifica il nostro ego. Tutti siamo prigionieri nel cunicolo del nostro Io ridondante e ingombrante e paradossalmente quello che dovrebbe essere un riparo, un rifugio, diventa prigione. Una prigione di solitudine, un luogo dove stranamente non si può estrarre la nostra parte pensante e contemplativa ma quella vorace e desiderante. La bramosia da contatto e da condivisione viene poi alterata e ‘influenzata’ da perversi meccanismi di omologazione. Il contrario del pensatoio e del virtuale avamposto di resistenza che ci suggerisce il buon Becuzzi. Tornando però al suo lavoro è possibile respirare tutta la nostalgia di un perduto fatto di immaginazione straripante. Negli otto pezzi proposti si ravvisa la filosofia procedurale maturata negli anni dall’artista. Suggestioni di un gotico industriale sempre molto raffinato e dosato. Progressioni capaci di mantenere equilibri strutturali e armonici  e scatti nervosi in timbriche ieratiche, severe e maestose, mai slabbrate, mai sporcate nella loro diegesi. The Rule Of The Shadows con il suo sapore esoterico misticheggiante e l’incanto percussivo. Il drone propulsivo, metallifero e cingolante finisce sempre per infrangersi in florilegi di caos controllato, in increspature di rimarchevole effetto estetico. Tutto piacevole anche se decisamente poco sorprendente (Drowning In A Sea Of Memories e Maybe One Night In Rome). Per chi già conosce la metodologia becuzziana è assai difficile ravvisare qualche elemento di strappo che lasci emergere inedite traiettorie sperimentali. Anche se si suppone che gli intenti dell’album siano semplicemente una proposta di immersione complice nel piacere dell’abbandono evasivo, nella voglia di lasciarsi confortare da certi gorghi di arabeschi crepuscolari, costruiti con sapiente e guizzante artigianalità. Racconti riassemblati senza nessun intento storiografico. Riuscita è l’atmosfera plumbea e mistagogica di Requiem For J. Baudrillard [And The Post Mortem Age] così come il fibrillante minimalismo noise di Time Space Freq [Short].

Voto: 6.5/10
Romina Baldoni

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