Gianluca Becuzzi-Massimo Olla REDRUM
[Uscita: 04/09/2017]
#consigliatodadistorsioni
Gianluca Becuzzi è un apprezzato sound-artist toscano attivo da oltre tre decadi con pubblicazioni a suo nome o sotto i moniker di Kinetix, Noise Trade Company, Limbo, Grey History, Metaform e Saint Luka. Massimo Olla (nella foto sotto a destra), chitarrista e noise-maker sardo, inventore dello strumento a corde/molle metalliche [d]ronin, si è imposto nell’ultimo lustro come Noisedelik o Hidden Reverse (insieme a Simon Balestrazzi). Le asce conficcate nei muri della foto di copertina e il titolo del disco (che al contrario si legge “MurdeR”) ricordano scene del film horror “Shining” di Stanley Kubrik, ispirato all’omonimo romanzo di Stephen King. Conoscendo l’opera dei due artisti ci si aspetterebbe un lavoro ambient noise, drone o power-electronics, e invece il duo spiazza, presentando cinque originali reinterpretazioni di note “murder ballad”, più un inedito.
Le murder ballad sono un sottogenere della “ballata popolare”, canzoni narrative di matrice popolare che raccontano la storia di un avvenimento, in questo caso il termine “murder” indica un omicidio; il racconto è quasi sempre in forma impersonale, talvolta dialogata, e non contiene commenti alla vicenda, la parte musicale è invece simile alla ballata tradizionale. Nei ’90 la diffusione delle murder ballad tra le nuove generazioni avviene grazie a Nick Cave e Johnny Cash, ma è forse il trittico dark ambient/dark folk del 1998 di Mick Harris & Martyn Bates (Musica Maxima Magnetica/Invisible) dedicato alle murder ballad ad aver ispirato e impressionato i due artisti italiani. “RedruM” è un disco fosco, le sue nenie ossessive raccontano storie agghiaccianti di amore, morte, gelosia, fantasmi e sangue, le alienanti composizioni sonore sono la soundtrack perfetta per questo tipo di racconti. I due artisti riescono ad incarnare, a modo loro, l’idea di “murder ballad”, discostandosi fortemente dalla tradizione folk europea e confezionando un disco “industriale”.
Stridori metallici, droni cupissimi, tribalismi percussivi, chitarre (che compaiono qua e là nelle composizioni) iper-distorte o alla “spaghetti western”, bassi plastici e voci ossessive, ricordano non solo episodi delle rispettive carriere soliste (possiamo ritrovare il Becuzzi di “Deceptionland” del 2015 nella suite dark ambient conclusiva Two Sisters, i Noise Trade Company di “Unfaithful Believers” del 2014 in Pretty Polly, i vecchi Limbo nella cover Thirteen di Glenn Danzig e ovviamente il sound del Noisedelik di “Don’t Play With Fate” del 2015 lungo tutto il disco), ma anche gli Einstürzende Neubauten di "Halber Mensch" del 1985 (nell’inedito opener Black Dahlia) o del periodo 2000-07 (in Love Henry), i Virgin Prunes più tribali e sperimentali (in I Hung My Head, stravagante cover di Sting, di cui resta solo il testo originale), i Current 93 più industrial (in Black Dahlia) e molto altro ancora. Un plauso va ai due artisti nostrani (Gianluca Becuzzi nella foto a sinistra) per essersi rimessi in gioco a questo punto della loro carriera, un rischio che ha dato un risultato ottimo, dimostrando come si possa suonare cose assai diverse senza snaturare il proprio suono e stile distintivo. Se amate l’industrial classico e moderno, questo disco non dovrà mancare nella vostra collezione.
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