Steve Wynn Make It Right
[Uscita: 30/08/2024]
Un uomo attraversa una strada notturna sulle strisce, è solo, la città è deserta la foto si sfoca a sinistra nel bianco. Quell’uomo è giunto a un momento della sua vita in cui inevitabilmente si rilegge il proprio passato e si riflette su ciò che è stato e su ciò che avrebbe potuto essere, ammesso che davvero avremmo potuto avere delle alternative. La genesi di “Make It Right” è avvenuta in parallelo con "I Wouldn't Say It If It Wasn't True: A Memoir of Life, Music, and the Dream Syndicate", libro di memorie che in Usa è uscito in contemporanea col disco e che da noi vedrà la luce per la meritoria casa editrice Jimenez. Steve Wynn ha ormai superato i 40 anni di attività e se il suo nome è legato ai grandi Dream Syndicate, ritornati in pista dal 2017, è anche vero che ha preso parte a numerosi progetti e collaborazioni oltre che a un’attività solista che dopo una lunga pausa riparte con questo suo ultimo lavoro. Per registrarlo ha chiamato intorno a sé musicisti con in quali ha una lunga amicizia e con i quali ha spesso suonato, dentro ci troviamo Mike Mills dei REM, Vicki Peterson, Chris Schlarb degli Psychic Temple, Emil Nikolaisen dei Serena Maneesh e Linda Pitmon, mentre la produzione è affidata a Eric Ambel. «Tutto quello che ho fatto, l’ho fatto con le intenzioni migliori» canta nella title track, e questi versi possono essere presi come emblema dell’opera, ci si guarda indietro, si riflette sui propri errori, ma si va avanti, perché abbiamo sempre agito con onestà e amore della verità, e questo Wynn può affermarlo con sicurezza e lo confermiamo noi come suoi fan rileggendo una carriera musicale portata avanti con limpida coerenza e grande onestà. Anche in “Make It Right” questo approccio sincero alla musica si respira in ogni nota, le canzoni sono davvero pezzi di vita vissuta e da questa traggono ispirazione e per questo piacciono, riescono a parlare al nostro cuore e anche a commuoverci. Wynn è bravo nel riconsiderare il tempo trascorso a sfuggire alle trappole del compiacimento e a quello di una patetica nostalgia, certo non mancano i momenti cupi, ma c’è sempre la consapevolezza che bisogna trovare la strada per andare avanti, come canta in You’re Halfway There. L’album si apre con la tesa Santa Monica, là dove Wynn è cresciuto, occasione per uno sguardo indietro nel tempo: «Vorrei che ci fosse un modo per rimangiarmi alcune cose che ho detto e usare un po' della saggezza che ho acquisito poi» e si chiude con i quasi sette minuti di rock urbano nevrotico molto Dream Syndicate di Rockfeller Avenue dove risiede attualmente il musicista, ruvide chitarre che sembrano non doversi fermare mai come ha insegnato Neil Young. Nel mezzo otto canzoni che sono un distillato delle esperienze e degli amori musicali di Wynn, dalla title track lenta e riflessiva come la sua nostalgica ed evocativa pedal steel a una What Were You Expecting dallo splendido andamento circolare che ci ha ricordato le ballate di Leonard Cohen e con un assolo di chitarra che sa di tramonto, malinconia, lontananza, dalla cavalcata rock di Making Good on My Promises a una Cherry Avenue, a dipingere pennellate di notturna malinconia in compagnia di Linda Pitmon, e se l’acustica Then Again ci rimanda al Lou Reed più oscuro e Simpler Than The Rain ci ricorda l’amore per Dylan, Madly con i suoi suoni tex mex e un vibrafono che fa gocciolare lacrime di rimpianto per un amore che si è perso («Come un drink rovesciato nella terra una lacrima che bagna la tua maglietta. Solo uno può sentire il dolore Lei lo amava follemente») fa i conti con i numerosi errori che costellano il nostro passato.
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