Arena DOUBLE VISION
[Uscita: 25/05/2018]
Inghilterra
“Double Vision” è il nono capitolo della storia discografica degli albionici Arena. La formazione, capitanata da Mick Pointer, Clive Nolan - monumenti del neo progressive d'oltremanica - e dal talentuoso chitarrista John Mitchell, sembra nell'ultimo periodo aver giovato degli innesti del promettente Kyle Amos (basso) e soprattutto di Paul Manzi, vocalist della potente timbrica cristallina che sin dal lavoro del 2011 “The Seventh Degree of Separation” si è rivelato un valore aggiunto. Affidata la cover al visionario dipinto del portoghese João Martins (Grendel) "Double Vision" rappresenta a tutti gli effetti la naturale evoluzione del precedente “The Unquiet Sky”; gli Arena tornano a calcare sentieri sonori in cui appaiono maestri nell'amalgamare melodie rock sinfonico-AOR e orditi vigorosi e rimbombanti di stampo heavy.
Sette tracce in scaletta, tutte di discreta fattura, a partire dalla suite The Legend of Elijah Shade, ventidue minuti di articolati e variegati movimenti in cui è custodito un vero e proprio 'curriculum vitae' della band e nel quale riecheggiano le arie dei classici “Pepper's Ghost”, “Contagion” o “Immortal ?” nonché dalle produzioni recenti. Se Mitchell - reduce dagli ottimi riscontri con i progetti paralleli Lonely Robot e Kino - sfoggia la sua proverbiale maestria con la sei corde nell'accelerazione finale dell'epico opener Zhivago Wolf e ancor più nel dilatato solo di Scars, Nolan non è da meno punteggiando con le tastiere le trame in tempi dispari di Paradise of Thieves e lo zigzagante incedere della cavalcata heavy di Red Eyes. Poisoned, da copione, riveste gli abiti dell'immancabile slow-ballad di turno ma è con il tipico crescendo Arena-style che The Mirror Lies si guadagna senza ombra di dubbio la palma di brano migliore dell'album. La storia del prog di seconda generazione passerà ineluttabilmente anche da questa band. E perché no, anche da questa duplice visione.
Correlati →
Commenti →