Asylums KILLER BRAIN WAVES
[Uscita: 29/07/2016]
Inghilterra #consigliatodadistorsioni
Basta l’attacco nerastro e abrasivo del brano d’apertura, Second Class Sex, per credere di trovarsi di fronte agli zombie dei redivivi Eighties Matchbox B-Line Disaster di “The Royal Society”, con tutta l’eleganza carnivora del loro horror punk di serie B. Ma subito i raggi di un sole caldo illuminano l’anfetamina di dodici pezzi da tre minuti, rapidi, serrati e con quel dolciastro gusto tra il revival surf di fine anni ‘80 e il brit pop più scatenato (Sunday Commuters). Sono appena momenti, perché sulla superficie giallastra di birra galleggiano ancora echi de “La notte dei morti viventi” (l’ululato lunare di Monisylabic Saliva), qualche fumetto porno dimenticato sotto il cuscino e perfino un violento colpo di coda che flirta con l’hardcore intellettuale degli Husker Du come avviene nella fulminante The Death Of Television (previsione o affermazione?).
“Killer Brain Waves”, l’esordio del giovane quartetto britannico Asylums, classico combo con doppia chitarra, basso e batteria, preceduto da una lunga trafila di singoli, si muove tra queste coordinate, rimanendo solo a tratti invischiato nell’ombra lunga dei Green Day (Missing Persons e il power pop di Born To Not Belong) e di un college rock alternativo, abbastanza scanzonato per essere colonna sonora di un nuovo serial di MTV, ma senza poi esagerare troppo né dal lato horror, né da quello demenziale.
Lontano da “Animal House” dunque, ma bisogna ammettere che per un gruppo esordiente, dalle pure radici DIY, il risultato è spassoso e ben prodotto, dalle armonie vocali ad un songwriting per nulla rivoluzionario ma sempre fresco e assolutamente a fuoco, che non rinnega la melodia nei chorus ed è sostenuto da una band che gira a 1000, trovando sempre il fuzz giusto senza sbagliare un colpo anche nei ritmi più frenetici. In verità, non li diresti affatto britannici, quanto piuttosto californiani zona Los Angeles, non fosse per quella vena di umorismo nero (che inizia dalla copertina...) e per quel bell’equilibrio percepibile lungo tutti i 35 minuti del disco.
Un equilibrio non immediato tra l’ovvia matrice punk, l’ironia da techno nerd del nuovo millennio ed il rigore esecutivo da navigati rocker alternativi. Una miscela tanto raffinata da far pensar male ai più radicali e viscerali fan del marciume crestato, ma che strizza l’occhio, senza poi troppa ruffianeria, a chi non si accontenta più degli happy ending dei Phantom Planet. Adatto a chi preferisce una sana satira sul consumismo dilagante nei tempi malati dei social piuttosto che un paio di belle facce da selfie.
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